Emirati Arabi, Scozia, Spagna, Svezia, Nuova Zelanda e ora anche il Belgio hanno deciso di approvare la settimana lavorativa corta, ottenendo ottimi risultati: lavorare di meno non ha impattato negativamente sulla produttività, che in alcuni casi è addirittura cresciuta. L’Italia tuttavia ancora non è convinta
Una settimana lavorativa di quattro giorni, senza riduzione di stipendio e a parità di ore, è possibile. L’ultima novità arriva dal Belgio, dove il primo ministro Alexander De Croo ha approvato un pacchetto di riforme che comprende anche quella di allungare il fine settimana dei dipendenti da due a tre giorni a patto di prolungare le prestazioni lavorative nel corso di quattro giornate, rispetto alle cinque canoniche.
Ma il Belgio non è l’unico Stato “virtuoso”, altre Nazioni infatti hanno già avuto modo di sperimentare la settimana breve, riscontrando molti benefici per aziende e lavoratori. D’altronde, la produttività non dipende da quanto lavoriamo, ma da cosa facciamo e come lo facciamo. I benefici della settimana corta, inoltre, riguardano anche l’ambiente: meno spostamenti, meno emissioni, meno corrente elettrica o riscaldamento.
I Paesi dove la settimana lavorativa corta è già realtà
Una settimana lavorativa più corta è già una realtà per gli Emirati Arabi Uniti che, dal 1 gennaio 2022, hanno ridotto le giornate di lavoro da 5 a 4 giorni e mezzo. Mentre lo scorso anno, anche Scozia, Spagna, Svezia e Nuova Zelanda, hanno condotto una sperimentazione simile, ottenendo ottimi risultati: lavorare di meno non ha impattato negativamente sulla produttività, che in alcuni casi è addirittura cresciuta.
In questi Paesi si è visto che la riduzione dei giorni di lavoro – a parità di stipendio – hanno impattato positivamente i comportamenti dei dipendenti che, soprattutto in uno scenario post pandemico, sono riusciti a costruirsi un miglior work-life balance. Inoltre, sono diminuiti anche gli episodi di worry burnout: quel senso di spossatezza mentale, angoscia perenne e incertezza che sempre più lavoratori hanno denunciato in pandemia.
Il caso italiano
In Italia quello di una settimana ridotta sembra destinato ad essere ancora un miraggio, soprattutto perché il nostro Paese ritiene valido il concetto “più lavori, più produci”, anche se per farlo bisogna sacrificare la vita privata e il benessere psicologico del lavoratore.
Sempre più spesso si avverte la sensazione di stare nelle file di un esercito di lavoratori frustrati con stipendi bassi e poche prospettive in una mano e nell’altra il cellulare che squilla senza sosta. Ma nessuno se ne accorge, o meglio, quasi nessuno.
Nel nostro Paese ad introdurre questo regime ci ha provato solo la società Carter & Benson: “In questo modo, i nostri dipendenti lavorano senza essere costantemente assillati da controlli esterni, raggiungendo risultati qualitativi migliori. Lavorare oltre il dovuto fa parte di una logica ormai fuori moda”, sono state le parole della società milanese che speriamo possano essere un monito anche per le altre realtà imprenditoriali.
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