Nei prossimi anni le aziende vincenti saranno quelle empatiche: cosa sono reskilling e upskilling e perché sono così importanti per i dipendenti e per i datori di lavoro.

Secondo lo studio Global Talent Trends 2021 di Mercer (condotto su oltre 7.300 senior executive, direttori del personale e dipendenti di 44 Paesi) in Italia quasi la metà (47%) delle aziende nel 2020 ha intensificato gli sforzi per la cura e il benessere dei propri dipendenti, soprattutto nella fase più critica della pandemia di Covid-19 (quindi, durante il lockdown).

In che modo? Adottando (o, sempre più spesso, pensando di adottare) iniziative e percorsi di upskilling e reskilling dei lavoratori, che hanno subito la forte accelerazione digitale innescata proprio dalla pandemia con la conseguente richiesta da parte dei datori di nuove competenze. Competenze che diventano sempre più specialistiche per aziende che hanno bisogno di tenere d’occhio il loro livello di competitività.

E come rimanere competitivi se non puntando alla qualità del proprio capitale umano? O cercando di abbattere i propri costi curando i propri talenti? Vediamo cosa sono reskilling e upskilling e perché rappresentano un vantaggio sia per l’azienda che per i suoi dipendenti.

Reskilling e upskilling: cosa sono?

Il reskilling prevede lo sviluppo di abilità che possano permettere al dipendente di ricoprire un ruolo diverso. Si tratta di un percorso di riqualificazione della persona e delle competenze.

I programmi di upskilling hanno invece l’obiettivo di far sviluppare al lavoratore dipendente nuove competenze nello stesso campo di lavoro.

Programmi e iniziative di questo tipo portano diversi vantaggi sia all’azienda che al dipendente. Quali?

I vantaggi di reskilling e upskilling

Due i principali vantaggi: da una parte i dipendenti crescono all’interno dell’azienda e possono ricoprire nuovi ruoli. L’investimento del datore di lavoro in questo modo viene massimizzato. Dall’altra i dipendenti rimangono sempre aggiornati sulle nuove competenze. L’azienda ci guadagna in competitività.

Il bisogno di assumere nuovi dipendenti si riduce e si riducono molti costi per l’azienda. Investire sul capitale umano già presente è vantaggioso per il datore, perché si fidelizzano i dipendenti e diminuisce il turnover. Perdere un talento è tanto costoso per le aziende quanto assumerne uno.

Per questo motivo, secondo i risultati della ricerca di Mercer, le aziende italiane ritengono prioritario per i prossimi anni:

  • avviare progetti di upskilling e reskilling dei lavoratori (48%)
  • trasformare e reinventare il concetto di flessibilità (39%)
  • fortificare formazione e promozione dei talenti (58%)
  • sviluppare una mappatura delle competenze (32%)

 

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