Precari, malpagati e costretti a vivere ancora con i genitori. È il quadro allarmante sulla situazione di precarietà lavorativa dei giovani italiani che continua ad emergere anche nel 2021 da ricerche e sondaggi su occupazione e condizioni di vita.

Nonostante qualche segnale positivo gli under 35 (secondo il Ministero per lo Sviluppo Economico rappresentano lo zoccolo duro dei fondatori di startup innovative) si trovano ad affrontare un mondo del lavoro per loro sempre più ingarbugliato e difficile da comprendere.

Per comprendere l’entità del problema, tra basse retribuzioni e impieghi discontinui, vale la pena evidenziare i dati diffusi a maggio scorso da un rapporto realizzato dal Consiglio Nazionale dei Giovani con il supporto di EU.R.E.S. Ricerche Economiche e Sociali.

Secondo l’indagine, condotta intervistando un campione di 960 ragazzi di età compresa tra i 18 e i 34 anni, a cinque anni dalla conclusione degli studi i giovani hanno maturato mediamente un’esperienza lavorativa di tre anni e mezzo, restando per un anno e mezzo senza impiego alcuno.

 

Precarietà lavorativa: tanti contratti a termine, poca stabilità

La stabilità, più che essere una regola o una legittima aspirazione, sembra un privilegio riservato a pochi. Dal report emerge che solo il 37,2% degli intervistati può vantare un lavoro stabile, mentre il 26% è un precario con contratto a termine, il 23,7% disoccupato e il restante 13,1% uno studente-lavoratore.

La gravità del problema della discontinuità lavorativa è evidente se si osserva il dato di coloro che sono rimasti senza impiego per gran parte del tempo a disposizione. A 5 anni dalla fine degli studi il 33,3% dei giovani ha affermato di essere stato disoccupato per oltre il 40% del tempo, mentre solo il 40,2% dei ragazzi ha dichiarato di aver lavorato per almeno l’80% del tempo.

I numeri sono preoccupanti anche se si osserva il problema dal punto di vista delle retribuzioni annue. Il rapporto di EU.R.E.S. sostiene che il 23,9% degli intervistati ha compensi inferiori a 5mila euro l’anno, il 35% retribuzioni comprese tra i 5mila e i 10mila euro, e il 33,7% tra i 10mila e i 20mila euro. Solo il 7,4% dei giovani under 35 dichiara di superare i 20mila euro, una cifra pari a 1.650 euro al mese.

 

Una situazione precaria: under 35 a casa con i genitori

La casa condivisa con i genitori è un’ovvia conseguenza della precarietà lavorativa. Dalla ricerca emerge che vive con mamma e papà il 50,3% degli under 35 intervistati e solo il 37,9% vive da solo o condivide la casa con il partner. Naturalmente la formazione di una famiglia è più agevole per chi ha un impiego stabile. Tra chi può vantare un lavoro fisso il 56,3% ha creato un nuovo nucleo familiare. La percentuale scende al 33,5% tra coloro che hanno un lavoro discontinuo.

Lavorare da precari significa anche accettare accordi al ribasso con il proprio datore di lavoro. Oltre la metà del campione, precisamente il 54,6%, ha affermato di aver accettato almeno una volta un impiego in nero, senza regolarizzazione, e più di 6 ragazzi su 10, il 61,5%, hanno dichiarato di aver accettato un lavoro sottopagato.

Quasi 4 su 10, precisamente il 37,5%, ha detto di aver ottenuto compensi più bassi rispetto a quelli concordati, e il 32,5% di non essere stato pagato affatto per l’attività svolta. Non sono mancate molestie o vessazioni. In questo caso il dato è del 12,8% tra gli uomini e del 14,5% tra le donne.

 

Lavoro precario: per i giovani la pensione è un miraggio

Infine, il miraggio della pensione. Precarietà lavorativa per i giovani significa anche versare pochi contributi. Per 8 intervistati su 10 le parole adatte per parlare di assegno pensionistico sono “paura”, “rassegnazione” e “rabbia”. Tre termini che non lasciano presagire niente di buono.

Quasi 3 intervistati su 4, il 74%, crede che l’importo della propria pensione non gli consentirà di vivere dignitosamente. Si rileva infine una forte disinformazione in materia previdenziale.

Più della metà degli intervistati, infatti, non conosce i meccanismi per il calcolo pensionistico e quasi 7 under 35 su 10 non conoscono in questo momento la propria situazione contributiva o come fare per poterne prendere visione.