Nel periodo gennaio-ottobre di quest’anno si registra, rispetto all’analogo periodo del 2020, un aumento delle denunce di infortunio sul posto di lavoro, anche se sono diminuite quelle mortali. Il governo ha già varato un decreto che rafforza poteri e dotazioni dell’Ispettorato nazionale del lavoro

Martedì 30 novembre 2021 il quotidiano La Repubblica ha deciso di aprire la sua prima pagina con un approfondimento che ruota attorno ad un unico – allarmante – dato: 1000 morti sul lavoro in soli 10 mesi.

Roberto, Efrem, Salvatore, Mario, Luisa, Luigi sono solo alcuni nomi delle “vittime da lavoro”, persone che hanno perso la vita lavorando o mentre stavano raggiungendo l’ufficio, il cantiere, la fabbrica dove erano impiegati.

Mimetizzato da quasi due anni di emergenza Covid, il numero di morti sul lavoro è continuato comunque a salire, raggiungendo appunto la soglia di mille casi; più precisamente 1.017 e, considerando che per il bilancio annuale mancano ancora i numeri di novembre e dicembre, nel 2021 si è registrata una media di 3 decessi al giorno, uno ogni 8 ore. E se si considerano gli infortuni non mortali, il ritmo è altrettanto impressionante: uno ogni 50 secondi.

I numeri dell’emergenza

Secondo un report pubblicato negli scorsi giorni dall’Inail (con rilevazioni fino al 31 di ottobre), le regioni con più casi di morte sul lavoro registrati sono la Lombardia, con 125 vittime, il Lazio con 85, l’Emilia-Romagna con 82 casi, mentre in Puglia e in Veneto il numero delle vittime scende a 75. I settori più coinvolti, invece, sono quello delle Costruzioni, con 87 vittime dall’inizio del 2021, Trasporto e magazzini (71), Commercio e meccanico d’auto (54), Amministrazione pubblica e difesa (19), Sanità e assistenza sociale (19).

Ciò premesso, l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro specifica che rispetto al 2021 sono aumentate solo le morti avvenuti in itinere (cioè mentre il dipendente stava andando al lavoro) passati da 176 a 202, mentre quelli in occasione di lavoro sono state 45 in meno (da 860 a 815). Questa diminuzione di incidenti sul posto di lavoro è legata sia alla componente femminile, i cui casi mortali denunciati sono passati da 112 a 95, sia a quella maschile, che è passata da 924 a 922. Mentre sono aumentate le denunce dei lavoratori extracomunitari che passano da 110 a 118.

Dall’analisi per età emergono incrementi per gli under 20 (+4 casi), e per le classi 25-34 anni (+9) e 40-49 anni (+56), mentre sono diminuiti gli incidenti mortali nella fascia 35-39 anni (-6) e over 50 (-82 decessi, da 700 a 618). Stazionaria la classe 20-24 anni, con 32 decessi per entrambi i periodi.

Morti sul lavoro, alcuni cenni storici

La mancata prevenzione riguardo la sicurezza nei luoghi di lavoro, dal dopoguerra in poi, è andata di pari passo con la crescita economica e industriale europea: agli elevati livelli di benessere e qualità della vita raggiunti, corrispondo ancora incidenti o infortuni sul posto di lavoro. I costi per la messa in sicurezza di uno stabile per molti politici e imprenditori hanno rappresentato sempre un ostacolo all’incremento della crescita economica e dell’occupazione. E non sono pochi i casi in cui le persone hanno perso la vita, a causa del deterioramento di macchinari o anche di strade.

Molto ancora deve essere fatto, ma negli ultimi anni il comparto industriale ha introdotto politiche di welfare aziendale, per farsi carico anche del benessere psicofisico dei propri dipendenti: d’altronde, anche la salute mentale è qualcosa da tutelare, tanto quanto la sicurezza per scongiurare infortuni o decessi assolutamente evitabili.

Le mosse del governo

Il premier Mario Draghi, insieme al ministro del Lavoro Andrea Orlando, hanno provato a dare un freno alle morti bianche con il decreto che rafforza poteri e dotazioni dell’Ispettorato nazionale del lavoro e che prevede:

  • sanzioni alle aziende inadempienti
  • stretta sul lavoro nero che, ovviamente, è spesso a monte del fenomeno
  • rafforzamento e ampliamento dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Almeno per il momento, questa misura non è ancora sufficiente: per prima cosa bisogna creare una banca dati unica sulla sicurezza del lavoro che manca a causa di “gelosie” tra le istituzioni: a ciascuna autorità (Ispettorato, Regioni, Asl, Inail, Inps) deve spettare una determinata competenza. Ma ad oggi c’è solo molta confusione.