Una buona strategia di Employer Branding è fondamentale perché definisce l’identità dell’azienda come luogo di lavoro capace di attrarre i migliori talenti in circolazione. Inoltre, supportata da una forte brand identity, abbassa il turnover, riduce i costi di marketing e aumenta la produttività.
Ogni anno le più grandi aziende del mondo fanno a gara per accaparrarsi un posto nelle più importanti classifiche dedicate al “Best Employers”, cioè alle migliori e ambite realtà dove lavorare. Perché ci tengono tanto? Perché il futuro di un’azienda di successo dipende anche dalla sua capacità di attrarre i migliori talenti: la presenza in queste classifiche assicura visibilità sul loro costante impegno nel creare una cultura aziendale sana dove ogni persona vorrebbe lavorare.
I candidati, infatti, tenderanno sempre a scegliere l’azienda più “affidabile” e con la reputazione di “best place to work”, miglior ambiente dove lavorare. Di conseguenza, le aziende che godono di un’ottima reputazione hanno maggiori possibilità di assumere i candidati più qualificati, di ridurre i costi di assunzione, del recruiting marketing e in generale di migliorare la produttività.
La reputazione come datore di lavoro, dunque, è tutto per un’azienda, perché non solo permette di reclutare i migliori talenti, ma anche di farli rimanere: non importa quanto sia alto l’offerta di stipendio, se sei un cattivo datore di lavoro nessuno vorrà lavorare per te.
Cosa significa employer branding
Entrato in uso negli anni Novanta, il concetto di employer branding fa riferimento alla capacità di un’azienda di costruirsi una buona reputazione, al fine di attrarre personale di talento – elemento fondamentale per un business di successo.
Per raggiungere questo risultato è necessario che l’azienda investa su una strategia di employer branding con l’obiettivo di valorizzare la propria identità e costruirsi una reputazione come luogo di lavoro ambito e stimato. La strategia di employer branding è strettamente collegata alla brand identity e si basa sulla divulgazione dei valori fondanti della cultura aziendale, anche attraverso le persone che già condividono quegli stessi valori e sono già coinvolti nella mission aziendale.
“L’employer branding è a tutti gli effetti un processo strategico che ha l’obiettivo di creare e diffondere un’immagine aziendale in linea con l’identità e i valori distintivi espressi dall’impresa, con l’intento di attrarre e fidelizzare persone di talento” – spiega a Forbes Monica Magri, HR Director di The Adecco Group Italia.
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4 motivi per implementare una strategia di employer branding sul lavoro
1. Aiuta a trattenere i dipendenti e ad assumerne di nuovi
Un brand forte rende i dipendenti orgogliosi di farne parte. Oggi i candidati navigano sui canali social di un’azienda prima di rispondere a un annuncio di lavoro, per capire se l’immagine del brand e la relativa cultura aziendale è in linea con i propri valori.
2. Riduce i costi
Un brand famoso non ha bisogno di spendere troppo per le selezioni perché i potenziali candidati trovano da soli gli annunci e si candidano in modo spontaneo. I soldi risparmiati possono invece essere spesi per potenziare la brand awareness o per sviluppare un prodotto migliore rispetto a quello dei concorrenti. Inoltre, secondo le statistiche, i candidati sono disposti ad accettare uno stipendio più basso, se l’azienda è famosa e ha recensioni positive.
3. I dipendenti sono i primi ambasciatori
Quando i dipendenti sono contenti e soddisfatti, diventano i primi ambasciatori del marchio e, di conseguenza, aumentano le assunzioni tramite referenza. Più i dipendenti parlano bene dell’azienda per cui lavorano, più è alta la possibilità di attrarre buoni candidati. Questo comportamento è utile anche ai fini del marketing, perché il passaparola rafforza la reputazione del brand e – con effetto domino – aumenta la consapevolezza del marchio e le relative vendite.
4. Migliora il coinvolgimento dei dipendenti
I dipendenti che lavorano in azienda con un marchio forte sono generalmente più entusiasti e motivati. Avere dipendenti motivati è molto importante per un datore di lavoro perché sono più produttivi e una maggiore produttività significa più crescita per un’azienda. Di conseguenza, un’azienda finanziariamente stabile è più attraente perché trasmette e garantisce sicurezza nel lavoro.
Cosa succede quando un’azienda non cura l’employer branding
Non è un segreto che se un’azienda è famosa per essere un luogo di lavoro terribile, i risultati in termini reputazionali lo saranno altrettanto, il che è dannoso sia per il business che per la capacità di attrarre talenti.
Nella classifica dei peggiori posti di lavoro redatta dal magazine MoneyWise sulla base dei dati di Glassdoor (sito internet nel quale impiegati ed ex impiegati di un’azienda anonimamente recensiscono le aziende e i loro superiori) nel 2020, per esempio emerge che:
- Nonostante Union Pacific offra stipendi competitivi, è la peggiore azienda valutata su Glassdoor, con meno di due stelle. Solo il 12% dei dipendenti la consiglierebbe a un amico e solo la metà approva l’attuale CEO Lance Fritz. Lo squilibrio tra lavoro e vita privata sembra essere uno dei problemi principali, ma molti dipendenti denunciano anche una mancanza di sicurezza sul lavoro.
- Al 14° posto si posiziona Suncor Energy USA: solo il 4% dei dipendenti consiglierebbe questa filiale della società energetica canadese, che opera anche in alcuni Paesi negli Stati Uniti. Nonostante stipendio e benefici siano buoni, si denuncia “cattiva gestione, scarsa pianificazione, un ambiente pericoloso, poco equilibrio tra lavoro e vita privata e scarse opportunità di crescita.
- Al 16° posto in classifica si posiziona Intertek, multinazionale britannica di test e certificazione di prodotti con sedi in tutto il mondo. I lavoratori sostengono che si possono trovare opportunità migliori altrove perché gli stipendi sono al di sotto del prezzo di mercato.
Employer branding: esempi di strategie di successo
Ma che cosa si aspettano le persone da un “giusto” ambiente di lavoro? Lo svela il report Employer Brand Research 2020, redatto da Randstad su 185.000 persone in 33 Paesi, che ha misurato il livello di attrattività percepita di oltre 6.000 aziende a livello globale.
Dai risultati emerge che il 52% del campione ha sottolineato l’importanza di un buon work-life balance, seguito da un’ambiente positivo che permetta di sentirsi a proprio agio (51%), e dall’offerta di retribuzioni aggiuntive e benefit (47%). Rilevanti anche gli investimenti in sicurezza (46%) e le opportunità di crescita professionale (36%).
Ma quali sono le aziende italiane dove si lavora meglio?
Ogni anno la piattaforma digitale Statista realizza un’indagine sui Best Employers, cioè le migliori e più ambite realtà – a livello di aziende – dove lavorare. Si tratta di un’elaborazione compiuta a seguito della raccolta di 650mila interviste ai lavoratori di 20 settori di attività, la quale ha permesso di stilare una graduatoria globale di 400 posizioni.
Per quanto riguarda l’Italia, nella top ten delle migliori aziende al primo posto c’è Heineken, che offre un piano di welfare particolarmente innovativo ai suoi duemila dipendenti. Ottime posizioni anche per la catena di occhialeria Salmoiraghi & Viganò, per l’università Milano Bicocca e per il pugliese Gruppo Magna che opera nel settore automobilistico e che in classifica ha battuto sia Ferrari che Lamborghini.
Per quanto riguarda l’universo del fashion le aziende più ambite dai lavoratori risultano essere brand del lusso come Renzo Rosso, Giorgio Armani, Miuccia Prada e Dolce & Gabbana, mentre svettano tra le prime 10 posizioni della classifica generale anche il tour operator cuneese Alpitour e la statunitense che opera nel farmaceutico Pfizer.
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