Berlusconi ripropone la pensione a 1000 euro, Letta annuncia una “dote” di 10 mila euro ai diciottenni. La campagna elettorale entra nel vivo e ancora una volta parla a tutti tranne che alle generazioni che da quasi due decenni aspettano che la politica si ricordi di loro e delle promesse mai mantenute
L’improvvisa crisi di governo ha catapultato gli italiani in una campagna elettorale agostana di cui, probabilmente, avremmo fatto a meno. Eppure rieccoci qui, con la terza crisi in quattro anni che capita nel mezzo di una congiuntura internazionale che definire sfavorevole è un eufemismo.
Compressi nella morsa di tre emergenze (quella pandemica, mai finita; quella economica, dovuta alla guerra in Ucraina e al conseguente aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia; quella climatica, quest’estate più evidente che mai), gli elettori si preparano ad affrontare le urne più confusi che persuasi, specie per il vago sapore stantio che hanno le promesse elettorali finora messe in campo dai partiti, a destra come a sinistra.
Cominciando dalla coalizione di destra, Silvio Berlusconi cancella con un colpo di spugna gli ultimi 20 anni e ci riporta nel 2001 con una proposta già inserita nel “contratto con gli italiani”: le pensioni minime a 1000 euro, finanziate con le risorse fino a questo momento destinate al Reddito di Cittadinanza (odiatissimo dalle destre e probabile prima vittima in caso di vittoria).
Spostandoci a sinistra non troviamo comunque molte novità: il segretario del PD Enrico Letta ripesca la sua proposta del 2018 di una “dote” ai diciottenni di 10 mila euro, finanziata con una tassa sui patrimoni multimilionari.
Generazioni dimenticate
Insomma, si promettono soldi. Un modo forse un po’ populista di fare campagna elettorale (e dire che dovremmo averci fatto il callo), ma il tempo è poco, il denaro scarseggia ed è comprensibile la necessità di puntare su bacini elettorali sicuri: la destra vuole ammaliare i suoi vecchi elettori, quella maggioranza di anziani e pensionati da sempre porto sicuro soprattutto del vecchio berlusconismo; a sinistra, forse presagendo la catastrofe, si fanno gli occhi dolci ai giovanissimi, tentando di portarli ai seggi e di sconfiggere il partito che da anni continua ad accumulare vittorie, quello dell’astensionismo.
Queste manovre convulse, però, sembrano voler deliberatamente ignorare due intere generazioni che da due decenni pagano il prezzo di crisi economiche e politiche che, dal 2008 in poi, non sembrano essersi mai arrestate. Le stesse generazioni per cui la pensione sarà un miraggio e che dovrà passare una vita a lavorare per versare i contributi; le generazioni che, quando si sono affacciate sul mercato del lavoro o avevano un’età in cui si vorrebbe creare una famiglia o comprare una casa, si sono trovate investite dalla più grave crisi economica dal 1929, che ha trasfigurato il mondo del lavoro, ha ridotto gli stipendi e svalutato il potere d’acquisto di milioni di famiglie.
La Generazione X e i Millennial, i 30-40enni di oggi, si barcamenano da anni tra stage e tirocini non retribuiti, assenza di salario minimo, affitti alle stelle, stipendi tra i più bassi d’Europa, contratti a nero e nessuna tutela o prospettiva per il futuro. Non stupisce quindi che le due proposte sopracitate abbiano generato diverse critiche e feroci polemiche da parte di chi vede soldi promessi a chiunque tranne che ai lavoratori.
Una sfiducia crescente
La sensazione diffusa è quella di non essere rilevanti: e non c’è da stupirsi se la fiducia nella politica è ai minimi storici. Questo si traduce, come si è visto alle politiche del 2018, in un menefreghismo diffuso: la fascia d’età che più ha “snobbato” le urne quattro anni fa è stata quella dei 25-35enni, seconda solo ai 18enni cui ora la sinistra fa la corte.
Manca, com’è evidente, una proposta strutturata per adeguarsi alla trasformazione del mercato del lavoro, profondamente cambiato soprattutto negli ultimi due anni. Un rapporto di Nomisma del 2020 ha evidenziato che il 44% dei 30-40enni italiani ha difficoltà ad affrontare almeno tre voci di spesa (bollette, canone di affitto, rate dei finanziamenti). Il 60% si dichiara privo di fiducia per il futuro e il 70% vive o con coinquilini oppure a casa dei genitori, pur lavorando.
“La notte fonda alla fine del secolo”
Come risponde la politica a questa evidente catastrofe? Al momento, le uniche proposte concrete sono state diversi bonus da cui, comunque, tanti italiani sono stati esclusi (come gli oltre 4 milioni di partite Iva che, alla fine, non hanno ricevuto il bonus una tantum di 200 euro). Ma si tratta di misure che mancano di prospettiva: si inseriscono in un periodo di “emergenza infinita”, come se la classe dirigente non riuscisse a ragionare oltre un orizzonte temporale di pochi mesi. Una crisi che appare più pretestuosa che mai, a pochi mesi dalla naturale scadenza del governo Draghi, alimenta un’idea di instabilità che è stata ben riassunta dal sondaggista Nicola Piepoli: “Ci sarà una diminuzione dell’affluenza, di 2-3 punti. La percentuale di quelli che andranno a votare tenderà a ridursi, non solo contro i partiti politici ma per un fatto naturale di disaffezione, che avviene nei Paesi europei e nel mondo. Siamo al tramonto dell’epoca democratica, un tramonto che per l’Occidente avviene lentamente, fino alla notte fonda alla fine del secolo”.
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