Il 30% del piano europeo per uscire dalla pandemia è incentrato sul business delle ristrutturazioni. Dai sindacati arriva però l’allarme: oltre 9 imprese su 10 sono alla disperata ricerca di tecnici di cantiere, coibentisti, carpentieri metallici e del legno, operai specializzati nella montatura, esperti di risparmio energetico e green
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, lo strumento che destina i fondi concessi all’Italia dall’Unione Europea per uscire dall’emergenza pandemica, ha stanziato 221,5 miliardi complessivi. Di questi, la parte più importante finirà nel progetto Rivoluzione verde e transizione ecologica, con 57 miliardi in dotazione.
Tra gli interventi previsti ci sarebbero: “investimenti e riforme per l’economia circolare e la gestione dei rifiuti, fonti di energia rinnovabile, potenziamento della capacità delle reti elettriche, della loro affidabilità, sicurezza e flessibilità, incentivi per affrontare il rischio idrogeologico, investimenti nelle infrastrutture idriche, politiche dell’idrogeno, incentivi per incrementare l’efficienza energetica di edifici privati e pubblici”.
Progetti ambiziosi dunque. Ma i dati raccolti dal sindacato FILLEA, federazione di categoria della CGIL, racconta uno scenario preoccupante: su un campione di oltre 100 aziende del settore, gli imprenditori pensano di non riuscire a trovare personale qualificato. Infatti, i manager d’azienda vivono “il rischio di non trovare lavoratori specializzati” come seconda preoccupazione, dopo il problema riguardante l’eccessiva burocrazia.
Green building, l’allarme dei sindacati: non si trovano figure specializzate
In precedenza, politiche come l’Ecobonus o il Superbonus 110% hanno spinto tanti italiani verso l’idea di ristrutturare i propri beni immobili. C’è però un problema, anzi due: il primo è quello relativo ai tempi burocratici che – dicono gli addetti ai lavori – stanno complicando la vita alle ditte interessate a tali agevolazioni. Il secondo ha a che fare con la carenza di figure professionali e lavoratori specializzati che sappiano muoversi nell’edilizia green e bio.
Dunque, ancora una volta, a campeggiare è il tema del cosiddetto mismatch, ovvero il divario fra la domanda di lavoratori richiesti dalle aziende e l’offerta che emerge dai percorsi formativi. L’edilizia bio, scrive FILLEA CIGIL, è pronta ad “incrementare il proprio fatturato di almeno il 30/35% tra il 2021 e 2022”, ma addirittura 9 imprenditori su 10 sono convinti che non troveranno il personale adatto ai propri bisogni.
I lavori più richiesti e il problema della formazione
Tecnici di cantiere green, coibentisti, carpentieri metallici e del legno, operai specializzati nella montatura, esperti di risparmio energetico, sono questi i lavori settoriali più richiesti. Infatti, ci sarebbero già oggi tra i 20 e i 30mila posti di lavoro scoperti, numeri che nei prossimi anni saranno destinati ad aumentare.
Secondo il sindacato dei lavoratori delle costruzioni: “Il rischio è quello di non cogliere fino in fondo le potenzialità ambientali e occupazionali connesse al Superbonus e comunque, visto che tale tendenza continuerà anche negli anni successivi indipendentemente dagli incentivi e che potrebbe dare lavoro a decine di migliaia di persone”.
Inoltre, servono – e anche subito – diplomati e laureati che abbiano voglia realizzare progetti ecocompatibili, ma per farlo, occorrerebbe realizzare in parallelo importanti investimenti sulla formazione.
In merito, il segretario generale della FILLEA, Alessandro Genovesi, ha chiesto allora al governo di scommettere sul green building. “Serve un piano straordinario di rilancio delle scuole edili, sia per i giovani che per riconvertire gli operai attualmente al lavoro, un intervento sulla formazione professionale a livello regionale per i nuovi tecnici di cantiere e le altre figure professionali. Serve poi un investimento importante sugli ITS per creare responsabili di cantiere, esperti BIM, quadri che sappiano gestire un cantiere green, che comunque nei prossimi anni rimarrà un ambiente complesso da gestire”.