In Italia, non esiste una legge che garantisca la tutela del posto di lavoro per chi è affetto da tumore. Una realtà che pesa per migliaia di lavoratori che si trovano a combattere non solo contro la malattia, ma anche per mantenere il proprio impiego.

In esclusiva, abbiamo parlato con Elisabetta Iannelli, vicepresidente dell’Associazione Italiana Malati di Cancro (AIMAC), che racconta la difficile realtà dei lavoratori oncologici in Italia: migliaia di persone costrette a lottare non solo contro la malattia, ma anche per salvaguardare il proprio impiego.

Manca una legge chiara che tuteli questi lavoratori e, sebbene una recente sentenza della Corte di Cassazione a maggio 2024 abbia stabilito che il licenziamento di un lavoratore con tumore è illegittimo anche se le assenze superano il periodo di comporto, i diritti restano ancora incerti.

Una sentenza, non una legge

Il caso riguarda un lavoratore che ha dovuto affrontare un lungo percorso legale per ottenere giustizia, nonostante una patologia oncologica cronica che riduce la sua capacità lavorativa fino al 75%. La sentenza, la n. 11731 del 2 maggio 2024, rappresenta una vittoria, ma per molti resta una lotta incerta, senza garanzie. In Italia, migliaia di pazienti oncologici si trovano in difficoltà non solo per affrontare la malattia, ma per le conseguenze sul loro impiego.

Tutele frammentarie e disuguaglianze tra categorie

Manca ancora una normativa completa che difenda i lavoratori oncologici. La legge italiana, infatti, offre tutele limitate, delegate in parte ai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), che regolano il cosiddetto “periodo di comporto” – il massimo di giorni di malattia concessi prima che il lavoratore rischi il licenziamento. Questo sistema crea disparità, poiché ogni CCNL stabilisce tutele diverse in base alla categoria professionale, e solo in pochi casi esclude dal conteggio i giorni dedicati alle cure oncologiche.

L’assenza di dati ufficiali e le testimonianze

Non ci sono dati ufficiali aggiornati sul numero di lavoratori oncologici licenziati. Un’indagine della Federazione Italiana Associazioni Volontariato in Oncologia (FAVO) e del Censis ha rivelato che nei primi dieci anni del 2000 oltre 240 mila persone con una diagnosi di tumore hanno perso il lavoro. Uno studio dell’Università di Torino evidenzia che, a distanza di nove anni dalla diagnosi, il 16% delle donne e il 15% degli uomini con tumore hanno abbandonato il lavoro.

Intervista con Elisabetta Iannelli, vicepresidente AIMAC

Abbiamo parlato con Elisabetta Iannelli, vicepresidente dell’Associazione Italiana Malati di Cancro (AIMAC). “Attualmente, se un lavoratore supera un certo numero di giorni di assenza, sia nel pubblico che nel privato, può essere licenziato. Sebbene la giurisprudenza sembri evolvere verso una maggiore comprensione delle necessità dei malati oncologici, la legge non è cambiata, spiega Iannelli. “Serve una normativa specifica che estenda il periodo di comporto per le malattie gravi, come il cancro, per evitare che le persone si trovino a dover scegliere tra salute e lavoro”.

Lavoro e malattia: il nodo dell’aspettativa

Un lavoratore che si trovi ad affrontare un aggravamento della malattia può richiedere un’aspettativa, ma il datore di lavoro non è obbligato ad accettarla, a meno che non sia espressamente previsto dal contratto collettivo. “Io oggi non consiglierei a un paziente di ignorare i limiti del periodo di comporto”, avverte Iannelli, “perché si rischia un contenzioso. Abbiamo bisogno di una legge che sancisca la possibilità di allungare questo periodo per chi ha patologie gravi”.

La lunga strada verso una legge

Diversi disegni di legge giacciono in Parlamento. AIMAC ha più volte chiesto che il periodo di comporto per i malati di cancro venga esteso, sottolineando l’importanza di una norma che imponga al datore di lavoro di avvisare il dipendente quando è vicino a esaurire il periodo di assenza concesso. “È una questione di buon senso,” aggiunge Iannelli, “per evitare che il lavoratore perda il posto senza preavviso”.

La speranza nei progressi scientifici

Il Premio Nobel per la Medicina del 2024 è stato recentemente assegnato ai biologi Victor Ambros e Gary Ruvkun per le loro scoperte sui microRNA, fondamentali per lo studio dei tumori. “Decenni di ricerche sui microRNA hanno permesso di sviluppare nuovi approcci, come i vaccini a mRNA utilizzati durante la pandemia”, conclude Iannelli, “con potenziali applicazioni anche per il trattamento dei tumori”. Questa scoperta rappresenta una speranza per il futuro, che potrebbe cambiare la storia di molte malattie oncologiche e offrire nuove prospettive anche a chi, oggi, rischia di perdere il lavoro.