Lo ha certificato anche l’Ocse che gli insegnanti italiani hanno salari troppo bassi. Rispetto agli altri Paesi lo stipendio è inferiore del 20 per cento. Ma le ragioni di un mestiere sempre meno attrattivo vengono da lontano. “Dal 2008, con i tagli iniziati con la riforma Gelmini” denunciano dalla Flcgil.
Insegnanti avanti con l’età, poco valorizzati e con salari tra i più bassi tra i Paesi Ocse. Non sorprende se la professione degli insegnanti abbia con il tempo perso attrattiva, secondo uno dei punti salienti che emerge dal rapporto Education at a Glance 2023, l’analisi che fotografa annualmente lo stato dell’istruzione nell’area Ocse. Il quadro italiano è ancora una volta quello di un Paese che trascura il mondo della scuola: “In media in tutta l’area dell’Ocse” si legge nel report, “la spesa per gli istituti di istruzione è aumentata dello 0,4 per cento dal 2019 al 2020 “. In Italia “tale cifra è diminuita dell’1,3 per cento”. Di pari passo viene meno il ricambio generazione della classe docente, che per la maggior parte – il dato è del 61 per cento – è composta da personale over 50. Le giovani generazioni non sembrano insomma scalpitare per diventare insegnanti.
Mancano fondi per i salari e per i nuovi contratti degli insegnanti
“Nel Nadef (la nota di aggiornamento del documento di Economia e finanza, ndr) non ci sono neppure i soldi per il rinnovo del contratto” denuncia a Dealogando Graziamaria Pistorino, segretario nazionale Flc Cgil, che rappresenta, all’interno del principale sindacato italiano, i lavoratori della conoscenza. “Siamo alla fine del triennio 2022-2024 e ancora non sono stati messi da parte i soldi per finanziare i nuovi contratti”. E neppure, va da sé, “ci sono fondi per l’aumento dei salari”, indiziati numero uno del perché il mestiere dell’insegnante non abbia più il fascino di una volta. Secondo le stime Ocse, sono inferiori del 20 per cento rispetto al resto dei Paesi presi in esame.
Insegnanti italiani con i salari più bassi dell’Ocse
Fuori dai nostri confini la busta paga di un professore delle scuole superiori con quindici anni di esperienza è pari a 53mila dollari – la moneta utilizzati per il calcolo nel report Ocse – equivalente a 47mila euro. Da noi l’importo cala a 32mila euro. Sempre secondo l’analisi dell’Ocse tra il 2015 e il 2022 in Italia gli stipendi degli insegnanti della scuola secondaria superiore sono diminuiti del 4 per cento. Eppure, secondo Pistorino, non è il salario l’unica spiegazione del perché la professione del docente abbia meno appeal che in passato.
Non solo i bassi salari il motivo per cui l’insegnamento perde appeal
Se l’insegnamento non è più così ambito, “non può dirsi che sia per il salario degli insegnanti sic et simpliciter”. Innanzi tutto va fatta una differenziazione: “È nel Nord Italia che il mestiere è tra i meno desiderati” spiega. “E questo è evidente non per particolari statistiche, ma perché è lì che si concentrano le posizioni vacanti, che poi sono quasi sempre i meridionali a occupare”. Nel Settentrione “si concentrano le opportunità di lavoro, spesso anche le più retribuite”. Il posto di lavoro “può arrivare anche nel corso degli studi, ancora prima del titolo”. Tutt’altro accade al Sud, “un bacino con un precariato enorme, dove il lavoro manca e si tende a studiare più a lungo e poi emigrare quando si trova un posto di lavoro altrove”.
Al Sud fare l’insegnante è ancora un’ambizione per i giovani
E al Sud “è anche dove un architetto o un ingegnere magari si riconvertono a fare gli insegnanti per non lasciare la propria terra in cerca del lavoro per cui si è studiato”. La vera criticità, sottolinea Pistorino, “è l’impoverimento generale a cui la scuola è stata sottoposta al 2008, ai tempi della riforma Gelmini, a oggi”. Un rosicchiamento continuo di risorse che ha portato “a falcidiare 130mila posti di lavoro per gli insegnanti, tagli che sono ricaduti sugli studenti e le cui conseguenze si vedono poi nei fatti di cronaca o nei numeri sulla dispersione scolastica”.
Il mestiere degli insegnanti svilito per decenni
Non si registra una vera carenza di personale docente. “Perché i tagli sono avvenuti sulla pianta organica della scuola”. Tradotto, dove prima “erano previsti trenta insegnanti, con la compresenza di due ore ciascuno, adesso ce ne sono venticinque”. Niente più laboratori o attività extra quindi, “ma solo ore frontali con lo stesso insegnante, che non portano però allo stesso risultato di prima”, quando i docenti erano di più. Ai danni di quella autorevolezza degli insegnanti di cui si fa un gran parlare. “Ma è poi lo Stato, il nostro datore di lavoro” conclude Pistorino, “a svilire il mestiere definanziandolo.