In Europa si stima che meno del 39% delle donne partecipa alla forza lavoro, solo il 27% ricopre posizioni manageriali e poco più del 26% occupa un posto nei Cda delle società quotate. Solamente in Italia, a dicembre 2020, il 98% di chi ha perso il lavoro è donna

Il cambiamento passa anche attraverso l’esempio”. È questo lo slogan scelto dal G20 Empower, l’alleanza internazionale che riunisce i rappresentanti del settore privato e le controparti governative per promuovere la leadership femminile e diminuire il gap di genere.

Quest’anno la presidenza del G20 spetta all’Italia che ha posto, ad agosto, l’obiettivo di promuovere l’avanzamento delle donne in posizioni apicali, specialmente nel settore privato.

I pilastri su cui si è fondato il dibattito tra gli Stati membri sono da un lato, lo sviluppo di un percorso che promuova i talenti e rimuova le barriere che limitano l’avanzamento professionale delle donne, accelerando inclusione, diversità ed equità. Dall’altro, l’educazione e la formazione per ripensare il modello di leadership e attuare programmi che promuovano le competenze necessarie per supportare l’empowerment femminile e la relativa diminuzione del gap di genere.

Le rilevazioni dell’Istat sul gap di genere italiano

In merito a quest’ultimo punto, i numeri forniti dall’Istat al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sono preoccupanti, soprattutto se si considerano gli incarichi dirigenziali.

Secondo la “rilevazione sulla forza lavoro” presentata dall’Istat al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel privato, ci sono settori e impieghi ancora caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media (fissata a 9,3%).

I beneficiari di questa misura sono suddivisi in quattro categorie: cooperative e società di persone con almeno il 60% di donne socie; società di capitale con quote e componenti del Cda per almeno due terzi di donne; imprese individuali la cui titolare è una donna; lavoratrici autonome.

Gap di genere: quali sono i settori dove si riscontra la percentuale maggiore 

L’industria è il settore maggiormente colpito dal gap di genere, dove le lavoratrici donne sono meno della metà rispetto agli uomini. In particolare: nel settore delle costruzioni il tasso di disparità è il più alto, 83,6%, con 761 uomini che lavorano (91,8%) e 68 donne (8,2%). Nell’industria manifatturiera, invece, il gap di genere si abbassa: il tasso di disparità uomo-donna è del 46,9%, con 2.838 lavoratori uomini (73,5%) contro le 1.025 lavoratrici (26,5%).

Gap di genere: quali sono le professioni dove si riscontra la percentuale maggiore

Tra le professioni in cui il gap di genere supera di almeno il 25% la soglia stabilita, arrivando a toccare picchi del 90%, ci sono:

  • Sovraintendenti delle forze dell’ordine (tasso di disparità del 96,2%)
  • Artigiani e operai (tasso di disparità del 95,7%)
  • Professioni tecniche in ambito scientifico (tasso di disparità del 71,4%)

I ruoli di maggiore responsabilità, come amministratore o dirigente, sono ad appannaggio quasi esclusivo degli uomini: Di 105 imprenditori o amministratori di grandi aziende solo 18 sono donne e il tasso di disparità di genere è pari al 65,7%. Stessa cosa vale per i responsabili delle piccole aziende: di 21 amministratori solo 5 sono donne (con un tasso di disparità stimato al 55,7%).

Il gap di genere nelle professioni STEM

Anche nelle discipline STEM il numero delle lavoratrici donne è minore rispetto agli uomini. Un dato che secondo i Paesi membri del G20 deve assottigliarsi e di molto per raggiungere gli obiettivi prefissi.

In questo specifico ambito, è fondamentale attivare programmi pubblici e privati per aumentare e aggiornare continuamente le competenze cosiddette STEM, cambiare la narrazione, i modelli e la cultura correnti, liberandoli da pregiudizi e stereotipi.

Le professioni tecniche in campo scientifico, ingegneristico e della produzione conta solo 143 donne, contro gli 847 uomini, con un tasso di disparità pari al 71,4%. Per quanto riguarda gli ambiti scientifici, come le scienze matematiche, fisiche e chimiche, il tasso di disparità è del 53,4%, contando 163 uomini e 50 donne.

Fondo Impresa Donna: arrivano i primi finanziamenti

Per assottigliare questo divario, il ministro Giancarlo Giorgetti ha firmato il decreto interministeriale che rende operativo il Fondo Impresa Donna allo scopo di rafforzare, come previsto dagli obiettivi del Pnrr, gli investimenti a sostegno dell’imprenditorialità femminile.

Il Fondo ha un finanziamento iniziale di 40 milioni. A questi si aggiungeranno le risorse del Pnrr, 400 milioni, destinate all’imprenditoria femminile.

L’obiettivo della misura è quello di incentivare la partecipazione delle donne al mondo delle imprese, supportando le loro competenze e creatività per l’avvio di nuove attività imprenditoriali e la realizzazione di progetti innovativi, attraverso contributi a fondo perduto e finanziamenti agevolati.

Tutti i numeri del G20

Ad ogni modo, la disparità tra uomo e donna sul posto di lavoro non è un problema esclusivamente Italiano. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nessuno dei Paesi membri del G20 ha ancora raggiunto l’obiettivo della parità.

In Europa si stima che meno del 39% delle donne partecipa alla forza lavoro, solo il 27% ricopre posizioni manageriali e poco più del 26% occupa un posto nei Cda delle società quotate. Una situazione di disparità che si è ulteriormente aggravata con l’arrivo della pandemia: solamente in Italia, a dicembre 2020, il 98% di chi ha perso il lavoro è donna.

Le possibili soluzioni

L’indicazione che viene dal tavolo di lavoro del G20 è di ripensare il modello di leadership – con lo stanziamento di fondi per la creazione di corsi o finanziamenti alle nuove imprese – mettendo al centro soft skills quali il pensiero a lungo termine, saper gestire la crescente complessità che necessita di un approccio agile e multitasking e saper costruire organizzazioni inclusive e collaborative in cui innovazione e performance coesistono con un equilibrio vita-lavoro.

 

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