Ansia, stress, burnout, solitudine. Sono questi gli effetti negativi – e più frequenti – riscontrati dai lavoratori in smart working, il cui 40% ha sperimentato solo nell’ultimo anno questa modalità per la prima volta. Effetti che stanno mettendo a rischio la salute mentale di migliaia di persone, spesso vittime di una gestione davvero “non smart” delle attività lavorative. Per questo è importante sancire, a livello legislativo, il diritto alla disconnessione. Cos’è e quali sono i passi compiuti finora a livello nazionale ed europeo

Con il perdurare dell’emergenza sanitaria e, di conseguenza, dello smart working – con 5 milioni di persone che continuano a lavorare in questa modalità – un tema assolutamente centrale è il diritto alla disconnessione. Tra progressi tecnologici e la grande accelerazione per quanto riguarda l’utilizzo dei mezzi digitali da parte di lavoratori e imprese, il lavoro agile presenta infatti alcuni svantaggi relativi molto spesso all’incapacità di staccare il cervello dal pc e, quindi, dalle attività lavorative. E alla difficoltà di avere, come causa e conseguenza di questo, degli orari di lavoro ben definiti, dato che materialmente la nostra casa è diventata il nostro ufficio e ciò ci ha esposti di più, rispetto ad un passato in cui ci recavamo quotidianamente nella sede di lavoro, a stress e burnout.

Da quando è iniziata la pandemia – secondo i dati dell’agenzia europea Eurofound – il 38% degli smart workers ha dichiarato di lavorare nel tempo libero, mentre nel caso di chi va in ufficio questa percentuale si abbassa al 5%. Il “lavoro agile” non ben organizzato ha portato all’aumento di casi di esaurimento, con tanti dipendenti che si sono sentiti schiacciati da una eccessiva pressione prima che dalla solitudine dovuta alle restrizioni anti-contagio.

Preservare i propri spazi extra-lavorativi è quindi di fondamentale importanza per la salute mentale e fisica delle persone e uno degli obiettivi di chi, come la politica o le organizzazioni sindacali, si sta battendo a livello nazionale ed europeo per il “right to disconnect”. Di recente è stata votata a maggioranza una risoluzione del Parlamento europeo volta alla creazione di un “diritto alla disconnessione”  e che abbia l’obiettivo di regolamentare in modo chiaro e puntuale questo tema, in modo tale che acquisisca il giusto spazio anche all’interno dei contratti collettivi. Già in 13 tipologie di questi (5 sui 10 rinnovati nel 2021 e 8 sui 22 rinnovati nel 2020), infatti, sono state inserite delle regole ben precise per poter rendere il lavoro agile ancora più agile, in una prospettiva di lungo termine. Parliamo ad esempio dei contratti dei settori dell’industria alimentare, bancario, assicurativo o delle telecomunicazioni.

Sono diversi, d’altronde, i nodi ancora da sciogliere e riguardano tutte quelle tutele di cui il lavoratore ha bisogno: certezze in merito alla sede di lavoro, sostegno per quanto riguarda la strumentazione tecnologica per lo svolgimento delle attività, misure economiche e di welfare, definizione dei limiti dell’impegno orario e, appunto, diritto alla disconnessione.

Cos’è il diritto alla disconnessione?

Per diritto alla disconnessione si intende il diritto per il lavoratore di non essere costantemente reperibile, ossia la libertà di non rispondere alle comunicazioni di lavoro durante il periodo di riposo, senza che questo comprometta la sua situazione lavorativa. Nell’ordinamento italiano, questo diritto è comparso per la prima volta nella legge n.81/2017, che regola il lavoro agile e le sue tutele. Menzionato nell’articolo 19, prevede che il contratto di lavoro debba contenere “delle misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche del lavoro”.

Se però in Francia, Germania e Spagna è espressamente previsto nei contratti il diritto a “non rispondere, in Italia come in altri paesi la trattazione sulla questione è ancora molto scarsa. La stessa legge già citata rimanda alla contrattazione privata tra datore di lavoro e dipendente, eccezion fatta per la categoria degli insegnanti, ma anche in questo specifico caso il diritto alla disconnessione non ha nessun collegamento con il lavoro agile.

Gli obiettivi della risoluzione Ue

I principali obiettivi della risoluzione Ue sono quindi:

– Tutelare il tempo libero dei dipendenti
– Registrare il tempo di lavoro anche da remoto
– Ribadire il diritto ad un compenso adeguato alle condizioni
– Proteggere i lavoratori dalla vittimizzazione dei loro capi

E garantire:

– L’attrezzatura necessaria per lavorare da casa (materiale, connessione, elettricità)
– La volontarietà dello smart working (che non deve essere imposto)
– La comprensione delle ripercussioni psicologiche del lavoro agile