«È preoccupante il persistere di una narrazione, spesso inconsapevole, di alcuni settori come “maschili”: penso alla Logistica, all’Industria pesante, o ancora all’IT. Qui il pregiudizio agisce ancora prima che le donne arrivino in azienda, generando un gender gap già nei percorsi di studio, che si ripercuote sulla ricerca e selezione». Carlo Caporale, AD di Wyser Italia, fa il punto sullo “spessore” del soffitto di cristallo in Italia, offrendo uno sguardo ricco di dettagli e sfumature sull’impatto che ancora oggi hanno i pregiudizi di genere sul percorso professionale di tante donne. Ancora troppo poche arrivano ai C-Level e a ricoprire il ruolo di manager

In Italia ancora molte donne faticano a fare carriera a causa di ostacoli che si generano da pregiudizi e bias legati da un lato al ruolo che tradizionalmente la società affida loro, dall’altro a un ormai datato immaginario del leader all’interno della cultura aziendale. Si tratta di stereotipi evidentemente anacronistici ma resistenti, e che spesso costringono le donne a uno sforzo di affermazione che ai colleghi non è richiesto: ribadire di avere diritto a porsi obiettivi di carriera ambiziosi, investire tempo ed energie per eccellere nel lavoro o in qualsiasi attività le gratifichi e le renda soddisfatte e realizzate e convincere le aziende e il capo (o anche la capa) a investire sulla loro crescita perché meritano ruoli di responsabilità.

Sono esattamente questi gli effetti del “soffitto di cristallo”, la barriera invisibile che ha rallentato, e continua a rallentare, il raggiungimento di un’uguaglianza sostanziale all’interno della società; che in nient’altro può e deve tradursi se non nella garanzia di un libero accesso allo stesso orizzonte di possibilità per tutte, come per tutti.

Oggi l’attenzione alla diversity e alle politiche di inclusion nelle aziende è in costante crescita, ma perché queste politiche siano efficaci nell’abbattimento del soffitto di cristallo è necessario rendere visibili gli ostacoli che tengono le donne lontane da promozioni a ruoli manageriali e apicali: una recente indagine di Wyser, brand globale di Gi Group Holding che si occupa di ricerca e selezione di profili di middle e senior management, si pone l’obiettivo di far luce sulle cause e gli effetti di questa barriera tanto invisibile quanto insormontabile, al fine di descrivere il fenomeno che ostacola il raggiungimento del pieno sviluppo personale e professionale delle donne. Ne abbiamo parlato con Carlo Caporale, AD di Wyser Italia.

 

Quello di Wyser è un osservatorio privilegiato per quanto riguarda la parità di genere nel mondo del lavoro. Come vede la condizione delle professioniste italiane in generale e quali sono i più recenti passi avanti che sono stati compiuti per infrangere il soffitto di cristallo?

Carlo Caporale, AD di Wyser Italia

Oserei dire che il nostro punto di osservazione non solo è privilegiato, è anche fortunato. La maggior parte delle aziende con cui lavoriamo ha già una cultura della diversity sviluppata e, soprattutto per profili manageriali e di responsabilità, o comunque per posizioni dall’elevato contributo intellettuale e professionale, non ha alcuna preclusione nei confronti delle candidate, né corsie preferenziali per i colleghi uomini.

I tentativi per contrastare il fenomeno del soffitto di cristallo sono stati diversi, sia a livello aziendale sia normativo, con fortune alterne. Dal punto di vista della ricerca e selezione, ritengo che l’utilizzo di strumenti di assessment sempre più avanzati, che consentono una valutazione oggettiva di competenze e attitudini personali, aiutino le aziende a capire il potenziale delle persone oltre le differenze di genere.

 

Perché secondo lei in tante aziende le donne continuano a essere preda di pregiudizi e discriminazioni? Quali sono le realtà in cui questo succede più di frequente?

Si parla spesso anche di come, soprattutto per le piccole aziende, la maternità sia un costo e questo alimenterebbe la cattiva predisposizione verso i percorsi di carriera delle donne. Non escludo che possa accadere, ma a mio avviso si tratta di una narrativa parziale e che non guarda alle tante aziende, grandi e piccole, dove invece viene data molta attenzione ai processi di gestione delle risorse umane.

Più preoccupante, a mio avviso, è il persistere di una narrazione, spesso inconsapevole, di alcuni settori come “maschili”. Penso alla Logistica, all’Industria pesante, o ancora all’IT. Qui il pregiudizio agisce ancora prima che le donne arrivino in azienda, generando un gender gap già nei percorsi di studio, che si ripercuote sulla ricerca e selezione: talvolta riscontriamo qualche difficoltà nel reperire idonei profili professionali di donne da inserire in shortlist perché effettivamente mancano sul mercato. Proprio per questo, all’interno del nostro Gruppo abbiamo aderito al progetto Women4, ideato per sostenere e promuovere la carriera delle donne in settori che sono prevalentemente appannaggio maschile, come logistica, mechanics e ICT.

In generale, pregiudizi e discriminazioni (di genere, ma non solo) sono indicatori di contesti dove la cultura aziendale e i modelli di leadership non si sono ancora evoluti. Si tratta però di aziende non in salute: un’azienda sana tende a valorizzare le persone e le competenze, perché le vede come un asset e una risorsa.

 

Diversi studi continuano a dimostrare l’importanza della componente femminile nei CdA aziendali, e in generale nei ruoli manageriali e apicali: l’attenzione alla diversity in tutti i livelli, infatti, garantirebbe migliori prestazioni all’azienda, rendendola più competitiva. Che ne pensa?

Che la maggior rappresentanza femminile nei CdA o comunque in ruoli apicali abbia effetti positivi sulla produttività di un’azienda è acclarato. Non solo: aderire ai valori di diversity e inclusion rende l’azienda più attrattiva agli occhi di nuovi candidati e candidate, un bel vantaggio nell’attuale contesto di mercato, in cui la competizione per attrarre talenti e competenze è serrata.

È importante che la rappresentanza femminile non resti una questione formale, di “quote”, ma si traduca in qualcosa di concreto. Sono diverse le aziende che al proprio interno prevedono programmi di scambio di esperienze tra colleghe: avere dei role model, comunicare per fare rete e supportarsi è uno strumento di crescita da salutare con favore.

 

Dove origina principalmente, secondo lei, il soffitto di cristallo?

Come per tutti i fenomeni complessi le cause sono molteplici e spesso concorrenti. La percezione che raccogliamo ogni anno dalla nostra community di manager attraverso indagini dedicate indica come cause prevalenti del “soffitto di cristallo” il pregiudizio, di vario tipo: dalla presunta “idoneità” delle donne a svolgere compiti di cura, delle persone o della casa, alla sempre presunta minor capacità di assumere ruoli di responsabilità e potere.

 

Se il numero di donne manager cresce, e così il gender gap va ad assottigliarsi, perché il salary gap non va di pari passo?

Alcuni studi anche recenti hanno evidenziato come cresca il numero di donne manager, ma non nelle posizioni con potere decisionale – ed è proprio qui che è più manifesto l’effetto del “soffitto di cristallo”. Potrebbe essere questa una delle ragioni della persistenza del salary gap.

Inoltre, le dinamiche retributive cambiano lentamente, più lentamente di quanto non faccia il contesto culturale e sociale. La differenza retributiva di partenza diventa una scomoda eredità che si protrae nel tempo e lungo l’arco di carriera.

 

Il governo ha di recente messo in campo una serie di misure a sostegno delle madri lavoratrici, come bonus ed esoneri contributivi. Quali altre azioni, secondo lei, sono necessarie per permettere a ciascuna di lavorare, fare carriera e raggiungere quell’uguaglianza sostanziale che spesso resta lettera morta?

Per tutte le persone poter conciliare al meglio la vita familiare con quella professionale consente di lavorare con più serenità, ottimizzare la gestione del tempo e quindi mantenere alti livelli di produttività. Per chi lavora e ha dei figli piccoli, ad esempio, la possibilità di accedere ad un nido, magari nello stesso quartiere in cui abita o in cui ha sede l’azienda in cui lavora fa la differenza. Il vero tema è comprendere che questa necessità di conciliazione è tanto delle donne, quanto degli uomini.

E bisogna fare attenzione a non sovrapporre il tema della genitorialità con quello del soffitto di cristallo, che riguarda tutte le donne, non solo quelle che hanno figli. Bisogna soprattutto agire a livello di cultura aziendale e di processi. Per questo trovo interessante la possibilità per le organizzazioni, recentemente introdotta, di conseguire una Certificazione di parità di genere: si tratta di stabilire una serie di KPI quali-quantitativi in ottica di inclusione e equità e di azioni da intraprendere per raggiungerli e mantenerli, rendendo così sostanziale l’uguaglianza.

 

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