Nella legge di Bilancio 2022 c’è anche la riforma degli ammortizzatori sociali, voluta e pensata dal ministro del Lavoro Andrea Orlando. Tra gli obiettivi c’è quello di rendere universali determinati strumenti di sostegno ai lavoratori al fine di non lasciare fuori nessuna categoria
Collaboratori continuativi, apprendisti, lavoratori a domicilio e marittimi; ma anche microimprese con meno di cinque dipendenti. In Italia nel 2022 arriverà l’ammortizzatore sociale universale per sostenere tutti i lavoratori e tutte le imprese che si troveranno ad affrontare momenti di crisi economica. L’universalità si traduce di fatto nella principale novità contenuta nella riforma degli ammortizzatori sociali alla quale il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, sta lavorando da mesi e che dovrebbe finalmente prendere forma con l’approvazione della legge di Bilancio 2022, dentro la quale è contenuta.
Il testo sulla riforma degli ammortizzatori sociali, contenuto nella legge di Bilancio 2022 e approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 29 ottobre, prevede un tesoretto da 4,6 miliardi di euro per tale riforma, di cui 3 miliardi d’indebitamento. Con la riforma vengono modificati alcuni parametri legati ai sussidi sociali in costanza di rapporto di lavoro e per chi lo ha perso in modo involontario, andando a sostenere anche categorie prima escluse da questi ammortizzatori.
Sussidi anche per i lavoratori a domicilio e per gli apprendisti
Come detto, la riforma prevede la revisione in senso universale della cassa integrazione e ha l’obiettivo di garantire un modello di ammortizzatori sociali più inclusivo e guidato dal principio dell’universalismo differenziato, quindi in grado di assicurare a tutti i lavoratori una protezione adeguata e differenziata in base alle caratteristiche settoriali e alle dimensioni aziendali. Per volontà del ministro dem Orlando, con la riforma viene modificato in primis l’articolo 1 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148 che estende la cassa integrazione anche ai lavoratori a domicilio e agli apprendisti, fino ad oggi esclusi. Una novità molto importante.
Cosa prevede la riforma degli ammortizzatori
Il nuovo ammortizzatore universale si declinerà in tre forme: il Fondo d’integrazione salariale (Fis), la Cassa integrazione ordinaria (CigO) e la Cassa integrazione straordinaria (CigS). A beneficiare di queste modifiche si stima che saranno ben 12,4 milioni di lavoratori e l’unico requisito per avere diritto ai sussidi è un’anzianità contributiva di almeno 30 giorni anziché 90, come previsto oggi. Si alza anche il massimale economico dell’assegno, che passa da 971,71 euro a 1.167,91 euro.
Nel dettaglio, il Fondo d’integrazione salariale (Fis), che è gestito dall’Inps e che finora era riconosciuto soltanto alle aziende con oltre 15 dipendenti, nel 2022 diventerà obbligatorio per tutte le piccole imprese (da 1 a 15 dipendenti) non coperte dalla CigO e dalla Cigs. Cambia il metodo di erogazione di questo fondo, fino ad oggi distribuito con assegno (o ordinario o di solidarietà, a seconda dell’entità della crisi aziendale). Dal primo gennaio 2022 questi assegni saranno sostituiti dall’assegno di integrazione salariale e gli ammortizzatori saranno erogati nel biennio mobile da un massimo di 13 settimane (per le aziende fino a 5 dipendenti) e fino alle 52 settimane (per le imprese sopra i 15 dipendenti). Cambia anche la contribuzione al Fis. Le aliquote, calcolate sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali, salgono dallo 0 allo 0,50% per le aziende fino a 5 dipendenti; dallo 0,45% allo 0,80% da 6 a 15 dipendenti; dallo 0,65% allo 0,80% per le aziende con più di 15 dipendenti; dallo 0,65% allo 0,80% per le aziende con più di 50 dipendenti.
Come cambia la cassa integrazione straordinaria
Mentre la cassa integrazione ordinaria non subirà modifiche, quella straordinaria da gennaio sarà invece estesa a tutte le imprese sopra i 15 dipendenti, mentre oggi è dai 15 in su solo per l’industria e dai 50 in su per il settore del commercio. Le aziende tra 15 e 50 dipendenti che aderiscono al Fis quindi, oltre alla nuova aliquota Fis pari allo 0,80%, dovranno versare anche un altro 0,90% di CigS (di cui lo 0,30% a carico del lavoratore), per un totale di 1,70%. La durata di questi fondi sarà al massimo di 24 mesi nel quinquennio mobile. Sono previsti anche altri 12 mesi per sostenere le transizioni occupazionali. Solo per il biennio 2022-2023 sono previste anche altre 52 settimane per le imprese del settore industriale al fine di favorire la riorganizzazione aziendale e per particolari situazioni di difficoltà economica.
La riforma degli ammortizzatori promossa da Orlando, infine, sposta in avanti anche il meccanismo di décalage per i due sussidi di disoccupazione, Naspi e Discoll (collaboratori). L’assegno di disoccupazione cala del 3% dal sesto mese in poi, anziché dal quarto come invece accade oggi. Per gli over 55 partirà dall’ottavo mese.
Il braccio di ferro con i sindacati
Come si può intuire da questi tecnicismi, la riforma andrà ad impattare sul portafoglio dei lavoratori. A denunciare la situazione è il sindacato UIL Servizio Lavoro, Coesione e Territorio che un mese fa ha redatto uno studio sulla riforma, simulandone gli effetti in concreto. Tale revisione, applicata così com’è, comporterebbe aumenti medi complessivi di 73 euro annui per le aziende da 6 a 15 dipendenti (più 76,8%) e di 221 euro annui per le aziende da 16 a 50 dipendenti (più 161,5%). Nello specifico, in un’azienda da 6 a 15 dipendenti l’aumento è così suddiviso: 47,80 euro medi a carico dell’aziende (più 75,3%) e di 25,20 euro a carico del lavoratore (più 80%). Mentre in un’azienda da 16 a 50 dipendenti l’aumento è così suddiviso: 147 euro a carico dell’azienda (più 162,8%) e 73,50 euro a carico del lavoratore (più 159,1%). “Pur condividendo la necessità di una revisione del sistema degli ammortizzatori sociali – commenta la segretaria confederale Uil, Ivana Veronese – non possiamo, però, accettare che ci sia un aggravio sulle buste paga di lavoratrici e lavoratori. L’aumento delle aliquote deve essere ben calibrato e utile a tenere in equilibrio il sistema senza, però, fare cassa”. Tuttavia, a seguito di una lunga battaglia durata mesi, Orlando è riuscito a far abbassare l’ascia di guerra ai sindacati, accontentando parte delle loro richieste e convincendoli che, in questa fase storica, scioperare non serva.
Ammortizzatori sociali, la preoccupazione delle associazioni di categoria
La riforma degli ammortizzatori inoltre estende anche ai piccoli esercenti fino a cinque addetti la contribuzione dovuta ed aumenta quella già versata dalle PMI. Per Confesercenti l’aggravio per contribuire a questi sussidi è di quasi 500 milioni, di cui 200 a carico delle imprese fino a 15 dipendenti, con un aumento medio per dipendente di 90 euro all’anno. L’associazione – insieme alle altre che si occupano della tutela delle attività, del commercio e delle imprese, da Confcommercio a Federdistribuzione e Alleanza cooperative – sono critiche nei confronti della riforma perché, di fatto, dal prossimo gennaio dovranno pagare contributi aggiuntivi. Le associazioni dunque rivendicano la necessità di “un periodo transitorio congruo per l’entrata a regime dei nuovi strumenti, accompagnato da idonee misure di riduzione strutturale del costo del lavoro”, e hanno chiesto al governo un incontro “urgentissimo” per discuterne.
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