Nei prossimi mesi la multinazionale di Jeff Bezos, Amazon, assumerà oltre 3 mila persone in Italia, investendo 350 milioni di euro. Ma lo sciopero nazionale del marzo scorso non ha risolto i tanti problemi denunciati dai lavoratori, tra cui il ricorso a formule contrattuali di lavoro precario: di recente, infatti, le proteste infuriano a Colleferro
Da un lato le assunzioni e dall’altro le proteste. Il colosso dell’e-commerce, Amazon, sta puntando sull’espansione del personale anche nel nostro Paese, frutto di una strategia globale che guarda ad una leadership mondiale nel commercio elettronico. Nonostante il passo di lato del fondatore, Jeff Bezos, che lasciando il ruolo di CEO si dedicherà alla sua passione per lo spazio, Amazon ha lanciato in Italia una campagna di recruiting che nei prossimi mesi aggiungerà 3 mila addetti con un contratto a tempo indeterminato, per un totale in organico di 12.500 dipendenti.
Opportunità di impiego e apertura di nuovi centri
Sono 50 le sedi italiane coinvolte dalle nuove assunzioni, a cui si aggiungeranno due centri di distribuzione a Novara e Cividate al Piano (BG), un centro di smistamento a Spilamberto (MO), oltre a 11 depositi di smistamento in Piemonte, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Umbria e Marche. Lo sviluppo di Amazon era già stato annunciato all’inizio dell’anno, con un investimento di oltre 350 milioni di euro.
«La crescita del digitale è una opportunità di ripartenza per il Paese e noi vogliamo dare il nostro contributo», afferma Mariangela Marseglia, Country Manager di Amazon.it e Amazon.es. «Investire nella digitalizzazione del Paese significa sostenere opportunità di crescita attraverso la creazione di nuovi posti di lavoro, formazione abilitante per i nostri dipendenti e opportunità di sviluppo per le Piccole e medie imprese italiane che utilizzano i nostri servizi per vendere i loro prodotti in Italia e all’estero».
Diverse le posizioni richieste: dal prelievo, imballaggio e spedizione delle merci fino al marketing, al finance e alla ricerca sulle tecnologie del futuro. La multinazionale, infatti, sta investendo nella ricerca tech attraverso l’European Innovation Lab a Vercelli, progettato per sviluppare e implementare nuove tecnologie per accrescere ulteriormente la sicurezza dei propri dipendenti e migliorarne costantemente l’esperienza lavorativa.
Le proteste dei lavoratori: dal primo sciopero nazionale in Italia ad oggi
Ma se l’anno pandemico ha messo in ginocchio tante attività commerciali, per l’e-commerce, quindi per Amazon, è stato un momento di grande espansione, visto anche che il lockdown globale ha costretto i consumatori a privilegiare gli acquisti online invece di quelli fisici. Ed è stato anche l’anno del primo sciopero italiano.
Lo scorso 22 marzo, infatti, oltre 9 mila addetti al magazzino e 15 mila addetti alle consegne si sono fermati, chiedendo ai consumatori di non acquistare prodotti su Amazon per 24 ore. Una richiesta di aiuto che ha coinvolto diverse sigle sindacali, Filt Cgil, Fit Cisl e Uiltrasporti, e che ha portato sul piatto delle trattative con la dirigenza diverse problematiche: verifica dei carichi di lavoro, contrattazione dei turni, corretto inquadramento professionale del personale, riduzione dell’orario di lavoro dei driver, stabilizzazione dei tempi determinati e dei lavoratori interinali, continuità occupazionale e stop a turnover esasperato.
Insomma, i problemi non mancano e molti tra i dipendenti addetti al magazzino hanno lamentato problemi fisici e patologie insorte a causa dei pesi da sollevare, delle tante ore in piedi o a camminare per i vari reparti con distanze chilometriche quotidiane.
Da parte sua, Amazon ha difeso il corretto impiego dei lavoratori ed il rispetto delle norme vigenti:
“La salute e la sicurezza dei nostri dipendenti sono la nostra priorità…i dipendenti sono formati per poter lavorare in più aree ricoprendo diverse mansioni. In ogni magazzino vengono pienamente rispettate le linee guida ergonomiche previste dalla normativa italiana e vengono utilizzate le norme internazionali di riferimento per valutare la corretta gestione delle attività ripetitive. La possibilità di lavorare sia su processi diretti (prelevamento, impacchettamento, ricevimento, stoccaggio) che su quelli di supporto (movimentazione carrelli e transpallet) consente di trovare il giusto bilanciamento in termini di ripetitività dell’attività lavorativa. Inoltre, continuiamo a investire per rendere più confortevole il luogo di lavoro”.
Contratti e assunzioni: ex lavoratori in rivolta per il precariato
Tra le varie tipologie contrattuali dei lavoratori Amazon, comunque, non ci sono solo quelli assunti direttamente a tempo indeterminato e a tempo determinato, ma anche i lavoratori con contratti di somministrazione e coloro che operano per le società a cui vengono affidate le consegne: i cosiddetti driver, che consegnano fino a 180 pacchi al giorno, con tempi di consegna estremamente rigidi.
In effetti, tra le più recenti proteste degli addetti di Amazon, ci sono quelle relative all’abuso da parte del colosso dei contratti di somministrazione: gli ex lavoratori dei magazzini di Colleferro e Passo Corese – somministrati da Adecco – hanno preparato un esposto alla Procura della Repubblica competente perché indaghi sul possibile reato di somministrazione fraudolenta, perpetrato dall’azienda ai danni di lavoratori svantaggiati utilizzati per pochi mesi come forza lavoro “usa e getta”. Una loro delegazione, peraltro, ha richiesto un incontro con la regione Lazio, nella figura del suo assessore al lavoro, al fine di aprire un tavolo di lavoro serio.
Si tratta di una protesta iniziata già lo scorso 10 maggio, quando proprio a Colleferro i lavoratori Amazon avevano organizzato una manifestazione di fronte al centro di distribuzione di via Palianese Sud; gli addetti, in quel caso, erano poi passati davanti alla sede di Adecco per poi giungere in Piazza Italia sotto al comune, dove hanno “riconsegnato” il loro badge al primo cittadino colleferrino Pierluigi Sanna.
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