La riforma degli istituti tecnici voluta dal ministro Valditara è ai blocchi di partenza. Il nuovo sistema prevede la conclusione degli studi in quattro anni, per poi completare la preparazione con un biennio presso un Its Academy. Una tipologia di istituti già esistente, ma che il Pnrr punta a implementare. 

Alla riforma dell’istruzione tecnica e professionale italiana manca solo l’ufficialità. Il lungo disegno di legge che la definisce, il numero 924, ha come primo step la riduzione della durata delle scuole a indirizzo tecnico professionale, che passerà da cinque a quattro anni. Il testo a fine dicembre ha ricevuto l’ok della commissione Istruzione al Senato. Il prossimo passo sarà il dibattito parlamentare, ma l’approvazione – che dovrebbe arrivare entro febbraio – è pressoché certa. Si chiama infatti ‘riforma Valditara’ ma in realtà sono gli obiettivi del Pnrr a chiedere espressamente di indirizzare il sistema dell’istruzione tecnico professionale italiano verso un abbreviamento della sua durata. A patto però di completarla tramite il sistema degli Its Academy, percorsi biennali post diploma introdotti nel 2007. Una rete di scuole di formazione fortemente collegate con il mondo delle imprese, con ottimi risultati in fatto di occupazione post diploma (si sfiora il 100% in alcuni casi). Già nel suo discorso di insediamento a Palazzo Chigi l’ex primo ministro Mario Draghi aveva parlato degli Its come di “un pilastro del sistema educativo”. Ed è stato proprio il governo Draghi a assegnare loro una ricca quota del Pnrr, ben 1,5 miliardi. Attualmente se ne contano 146 in Italia, con 25.842 iscritti. Ma il governo Draghi di Its Academy ne avrebbe voluti molti di più: 40mila entro il 2026.

Come funziona la riforma

Il disegno di legge adesso al vaglio del Parlamento prevede che tutta l’istruzione tecnico-professionale segua il modello del 4+2, “ovvero si accorci di un anno rispetto alla normale durata per quanto riguarda gli istituti tecnici e professionali di competenza statale” spiega a Dealogando Claudio Menga di FLC Cgil. Non sarà così per le scuole di formazione professionale di competenza regionali, gli Iefp, “che già sono strutturate su percorsi di tre o quattro anni, considerati sufficienti per assolvere all’obbligo di frequenza scolastica, fissato per legge a 16 anni”. Questi percorsi non consentono però a differenza degli altri l’accesso all’esame di maturità, “per cui serve la frequentazione di anni integrativi di scuola” prosegue Menga. “Esistono meccanismi diversi da regione a regione”. Ma anche per questi sarà introdotto un collegamento ‘facilitato’ con gli Its Academy.

Gli Its Academy 

Gli Its Academy saranno il perno del nuovo meccanismo. A questi potranno infatti accedere direttamente, senza esame preliminare come in passato, anche gli studenti in possesso di un diploma professionale conseguito a seguito di un percorso quadriennale, dopo la validazione da parte dell’Istituto per la valutazione del sistema educativo InvalsiGli Its (anche se non obbligatori) diventerebbero così di fatto lo sbocco principale delle scuole tecniche e professionali per garantirsi poi un posto di lavoro. Seguendo una logica per cui i percorsi di istruzione si svolgono sulla base delle richieste provenienti dal mondo del lavoro locale.

Le criticità rilevate

Tra le voci in dissenso c’è quella della Cgil. “Di fatto si va verso un abbassamento del livello di apprendimento scolastico”. Quello che prima “si faceva in cinque anni adesso sarà condensato in quattro” prosegue Menga. E accorciando i tempi “si allineerà la durata degli istituti tecnici e professionali di competenza statale con quella dell’istruzione professionale regionale”. A rimetterci di più saranno i primi, perché per loro giocoforza si ridurranno le ore di insegnamento sui banchi. “C’è un disegno comune: questa riforma va insieme a quella del liceo del Made in Italy e quella dell’inserimento dell’alternanza scuola lavoro già dal biennio”. Il tutto va nella direzione di “improntare la scuola ai bisogni del mondo del lavoro”. Dando centralità “agli Its e facendo di fatti un regalo ai privati che li gestiscono”. Un progetto che ha alla base “una visione della società che è classista: si vuole anticipare il momento in cui per chi ha poca voglia di studiare si va a lavorare, invece di mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza, come vorrebbe la Costituzione”.

Una “riforma ambiziosa”

“Si tratta di una riforma ambiziosa molto attesa dalle scuole e dal mondo produttivo e in cui questo governo crede fortemente” è invece il parere del ministro dell’Istruzione Valditara. “Avremo una filiera della formazione tecnica e professionale di serie A, grazie al potenziamento delle discipline di base e all’incremento di quelle laboratoriali e professionalizzanti”. Per ora comunque la riforma è solo annunciata. Ci sarà l’approvazione definitiva, e poi la sperimentazione, che partirà – solo su base volontaria con adesioni spontanee da parte delle scuole – nell’anno scolastico 2024-2025.

Leggi anche: Il mestiere dell’insegnante perde attrattiva. I salari italiani tra i più bassi Ocse