Far dialogare il mondo della cultura con quello dell’innovazione sfruttando la app di messaggistica più utilizzata al mondo, WhatsApp: nasce così WhatsArt, un servizio che permette ai visitatori dei musei di utilizzare il proprio telefono come audioguida. “La transizione digitale deve coinvolgere il mondo della cultura e il mio intento è offrire uno storytelling accattivante ai visitatori, anche ai più giovani”, ci spiega Riccardo Lozzi, CEO e Founder di Lotz – Lots of Ideaz

Immaginate di entrare in un museo, fare la fila per il biglietto e poi farne un’altra per prendere il dispositivo elettronico che sarà la vostra audioguida durante la visita (peraltro già utilizzato da altri, e di questo periodo evitiamo volentieri) : non siete già stressati? Ora immaginate di entrare in un museo e poter utilizzare la più semplice delle app, quella che avete quotidianamente sotto mano e che quindi è senz’altro già presente sul vostro smartphone, come supporto per la vostra audioguida: stiamo parlando di WhatsApp. Anzi, stiamo parlando di WhatsArt, il nuovo servizio che, sfruttando la app di messaggistica più famosa al mondo e grazie allo sviluppo di un software originale, permette ad ogni cellulare di diventare un’audioguida precisa e puntuale, adattabile da qualsiasi museo e luogo della cultura alle proprie esigenze.

Si tratta quindi di un servizio molto flessibile, uno strumento duttile e ready made che consente di offrire a tutti i visitatori la più profonda esperienza di visita, senza dover usare apparecchi
e cuffie toccati da altri, riducendo a zero ogni problema di igiene. WhatsArt è un prodotto della startup Lotz – Lots of Ideaz di Riccardo Lozzi, CEO e Founder, con il quale abbiamo parlato proprio di questo progetto nato per far incontrare la cultura e l’innovazione in un’epoca dove abbiamo profondamente bisogno di entrambe.

 

Come nasce l’idea di WhatsArt?

Riccardo Lozzi, CEO e Founder di Lotz – Lots of Ideaz

L’idea di WhatsArt è nata durante il primo lockdown. Avendo lavorato nell’ambito dei progetti culturali, mi sono soffermato a riflettere su un potenziale sviluppo delle audioguide nei musei e nei luoghi della cultura, pensando a come la pandemia avrebbe influito profondamente sul nostro atteggiamento nell’utilizzare device toccati da altre persone, vedendoli come potenziali vettori di contagio. Al tempo stesso, negli ultimi anni lo smartphone è diventato sempre di più lo strumento prediletto per la maggior parte delle persone. Ho pensato poi a come combinare questi due aspetti con uno storytelling innovativo in grado di suscitare maggiore interesse e coinvolgimento per i visitatori. Da qui è nata l’idea di WhatsArt.

Come funziona l’applicazione e quali sono i suoi vantaggi?

Non si tratta di un’applicazione nel senso tradizionale del termine. Infatti, l’innovatività del servizio si basa sul presupposto di non dover scaricare un’ulteriore app sul proprio smartphone, la quale appesantirebbe la memoria, avrebbe bisogno di una connessione internet performante e comporterebbe uno stress aggiuntivo per la batteria del cellulare. Il sistema funziona direttamente tramite il proprio account WhatsApp. Il funzionamento è molto semplice: si inquadra un QR code che apre una conversazione WhatsApp con il museo. È possibile quindi scegliere la lingua e quale mostra si intende visitare, dopodiché si invia un messaggio con il numero dell’opera e si riceve nella stessa chat una risposta in forma testuale, video o audio.

Grazie allo storytelling sviluppato con la collaborazione di diversi professionisti del settore, i visitatori potranno ricevere ad esempio un messaggio vocale WhatsApp dagli stessi protagonisti dell’arte e della cultura come se fossero amici o parenti, garantendo il massimo livello di coinvolgimento durante la visita.

In un’epoca in cui l’innovazione è diventata un imperativo, con WhatsArt la cultura incontra il digitale. Finora qual è stato il percorso per far conoscere questa iniziativa e portarla nei musei e nei luoghi della cultura?

Grazie all’originalità del sistema è stato possibile proporre WhatsArt ai musei e ai luoghi della cultura come un’arma vincente per poter accedere a bandi e finanziamenti pubblici che premiano sempre di più l’innovazione digitale. Per far comprendere al meglio quali fossero le potenzialità del servizio abbiamo da subito delineato una strategia di comunicazione basata sulla freschezza del linguaggio, elaborando quindi un sito web accattivante e un’infografica animata per spiegare in maniera visiva ed esauriente il funzionamento di WhatsArt.

Inoltre, per testarla sul campo, abbiamo deciso di offrirla gratuitamente in occasione della mostra DIS/INTEGRATION organizzata dall’Università La Sapienza di Roma in collaborazione con la comunità di Sant’Egidio, ricevendo l’apprezzamento degli organizzatori e del pubblico.

whatsart

Come ha risposto il settore? A volte, soprattutto certi contesti, fanno più difficoltà di altri ad innovarsi.

La più grande soddisfazione finora è la reazione delle persone a cui ho mostrato WhatsArt. Nessuno è rimasto indifferente rispetto a questa soluzione e molti addetti ai lavori hanno apprezzato particolarmente l’idea quando l’hanno provata sul proprio smartphone. Di recente ho assistito a una visita da parte di una classe liceale alla Biblioteca Lancisiana di Roma, dove siamo presenti, e, in quell’occasione, una studentessa mentre provava per la prima volta WhatsArt ha esclamato “che figata!”.

Un commento spontaneo che ho visto come ulteriore conferma di essere sulla strada giusta. Infatti, uno degli obiettivi alla base di WhatsArt è proprio quello di rendere accattivante il mondo della cultura in particolare a un pubblico più giovane. Fortunatamente la transizione digitale sta toccando anche il settore culturale e penso sinceramente sia un bene sia per le strutture che per i fruitori. Al tempo stesso questo permette anche alle startup innovative, come la mia, di mettere le proprie capacità e il proprio entusiasmo a servizio del patrimonio italiano e dimostrare che con la cultura non solo “si mangia” ma si possono sviluppare nuove idee in grado di portare valore aggiunto a tutto il sistema Paese.

Lots of Ideaz è una startup che hai messo in piedi in piena pandemia. Quali sono state le principali difficoltà che hai incontrato nella realizzazione di questo progetto?

Devo ammettere che mi aspettavo molte più difficoltà per realizzare questo progetto e avviare la startup. Anzi sono molto felice di raccontare la mia esperienza affermando che è stato sviluppato da parte della pubblica amministrazione un sistema in grado di rispondere e chiarire in maniera rapida ed esauriente i miei dubbi soprattutto dal punto di vista amministrativo. A questo devo aggiungere che le agevolazioni, insieme ai fondi europei gestiti dalle regioni e quelli che arriveranno dal PNRR, offrono nuove possibilità per chi intende avviare una propria startup.

Sono gli anni delle Grandi Dimissioni: soprattutto Millennials e Generazione Z stanno lasciando posti di lavoro stabili per andare alla ricerca di maggiori soddisfazioni professionali e personali. In tanti si sono licenziati proprio per dedicarsi a propri progetti e attività. Cosa consiglieresti a chi vuole avviare un proprio business?

Credo che sia i Millenial, generazione a cui appartengo, che la Generazione Z stiano dimostrando un notevole coraggio da questo punto di vista. Le Grandi Dimissioni possono rivelarsi un fenomeno che cambierà diversi paradigmi lavorativi in maniera definitiva e, secondo me, in senso positivo. D’altronde si dice spesso che una crisi può portare anche a nuove opportunità. Secondo la mia esperienza la parola chiave che si deve avere bene in mente prima di avviare un proprio business è “collaborazione”. Gli aspetti da curare sono quindi circondarsi di un team di persone motivate e competenti in grado di offrire nuovi spunti e stimoli, anche a costo di dover rinunciare ad alcune convinzioni di partenza. A questo aggiungo che la collaborazione deve essere sviluppata anche a livello aziendale mettendo in comune i diversi know-how sviluppati da differenti imprese per poter offrire un servizio complementare e più variegato. Solo così sarà possibile raggiungere insieme obiettivi comuni in grado di avvantaggiare tutti i soggetti coinvolti.

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