La passione per lo sport, il calcio e il basket. E poi i sacrifici e le rinunce, fino alla carriera da professionista. La vita di Rosa Cupido, giocatrice della Oxygen Roma Basket, inizia realmente a 5 anni, quando si avvicina allo sport ma la consapevolezza che avrebbe trasformato quella passione in un lavoro arriva dopo: “All’epoca, 26 anni fa, una bambina che voleva giocare a calcio era considerata troppo strana. E le cose non sono migliorate molto: le squadre femminili sono poche, specie al Sud, e una bambina che vuole iniziare a giocare deve farlo con i maschi. E per alcune può essere scoraggiante”.

Rosa, come nasce la tua passione per il basket?

Ho iniziato a praticare sport quando avevo 5 anni ma inizialmente avrei voluto giocare a calcio: sono nata e cresciuta con i miei cugini, tutti maschi, e quindi l’unico gioco ammesso era il calcio. Ma il calcio ai tempi, 26 anni fa, era visto esclusivamente come uno sport maschile, che una bambina volesse giocare a pallone era considerato strano. Avevo un altro cugino che giocava a basket, un giorno ho fatto per caso un allenamento con lui e mi sono appassionata. La mia è stata una passione casuale che è cresciuta negli anni.

Leggo che studi Ingegneria: quali sono le tue aspirazioni future?

Io ho sempre detto che quando non giocherò più non passerò dall’altro lato, all’allenamento, come succede spesso: preferisco stare in campo, perché soffro quando vedo partite in cui non posso giocare. Allenare sarebbe una sofferenza. Giocherò fino a quando potrò. Poi cercherò un lavoro che mi permetta di mettere in pratica quanto studiato.

Rosa Cupido – Roma 4 Novembre 2023
LBF Lega Basket Femminile A1
Campionato di A1 stagione 2023-2024
Oxygen Roma Basket

Il tuo percorso è stato più difficile perché donna?

Per una ragazzina è più difficile: quando ero piccola ho giocato soprattutto con i maschi, perché nella mia città, Napoli, non esisteva una squadra femminile e soprattutto erano pochissime le ragazze che, oltre me, volevano giocare a basket. Quando ho raggiunto una certa età e non potevo più giocare con i maschi, 13-14 anni circa, ho trovato una squadra femminile che era a venti minuti di autostrada da casa mia, quindi ho iniziato a fare sacrifici: il pomeriggio dovevo studiare e poi partire per fare l’allenamento. Le ragazze della squadra venivano da tutta la Campania, facevamo tutte tanti sacrifici anche solo per poter giocare. Non riuscivo a uscire con le mie compagne, perché non ne avevo tempo. Magari se avessi avuto una squadra a Napoli sarebbe stato più facile. Ma non rimpiango nulla, sono comunque contenta di aver fatto questa scelta, pur non avendo mai fatto nemmeno una gita scolastica.

Fenomeni come questo sono maggiormente presenti al Sud, è vero?

Sicuramente il problema delle strutture al Sud è urgente: quando ho iniziato a giocare saltellavamo da una scuola all’altra per trovare un campo dove poterci allenare. Al Sud mancano proprio le strutture, intesi come palazzetti adatti al basket o alla pallavolo: ce ne sono pochissimi, si contano sulle dita di una mano e questo non permette lo sviluppo sportivo di una bambina, ma anche di un bambino, in questo caso il sesso c’entra poco, del Sud rispetto a chi nasce per esempio a Milano o a Bologna.

Ancora oggi è un problema molto sentito: lo vedo quando torno a casa d’estate e per allenarmi vado in un campetto che è veramente in brutte condizioni. Nelle città del Sud lo sport viene sempre alla fine e per le ragazzine è più difficile entrare nelle squadre, perché ce ne sono ancora poche: le cose non sono cambiate molto rispetto a 25 anni fa. Una ragazzina che vuole iniziare a giocare lo deve fare necessariamente con i maschi e può essere scoraggiata.

A livello di tifo e di percezione, pensi che negli ultimi tempi ci sia maggiore attenzione per lo sport femminile o siamo indietro?

Molte persone pensano che lo sport femminile, come il basket o il calcio, sia meno spettacolare di quello maschile, perché non ci sono prove fisiche eclatanti, come schiacciate o salti alti. Ma sinceramente penso che il basket femminile sia tecnicamente superiore rispetto a quello maschile: una bella partita femminile è bella perché la tecnica è altissima. La donna non può fisicamente schiacciare o fare chissà cosa, quindi la sua tecnica deve necessariamente essere più affinata.

Cosa mi dici della tua esperienza a Oxygen?

Mi sto trovando veramente bene, sia come città perché a Roma non manca niente, sia come società che non ci fa mancare niente: sono tutti sempre molto presenti.

Cosa diresti a una bambina o una ragazza che decide di investire nello sport?

Insegui il tuo sogno anche dovendo fare tanti sacrifici. Perché dovrai farne ancora tanti. Non fermarti ai primi ostacoli, di cose complesse arriveranno, anche momenti negativi, ma bisogna essere forti. È possibile coltivare la passione per uno sport e renderlo un lavoro, è difficile ma è possibile. Ma le prime a crederci dobbiamo essere noi.