“Innovare significa avere il coraggio di utilizzare dei linguaggi prima che questi diventino normalità: cinque anni fa parlavo di podcasting e mi ridevano dietro tutti e invece il podcast è diventato la nuova frontiera della comunicazione”: Manuela Ronchi, Co-founder insieme a Raffaele Tovazzi di Action Media Ltd, ha raccontato a Dealogando la ricchezza e le opportunità di una forma nuova e sempre più utilizzata di comunicazione: il podcast.

La sua media company italiana con sede a Londra crea contenuti di comunicazione attraverso la ricerca e lo sviluppo costante di nuovi linguaggi e, tra i più efficaci strumenti che Action Media utilizza per i suoi clienti c’è proprio il podcast, in quanto trend comunicativo emergente e media con il più alto tasso di conversione commerciale al mondo. Ad utilizzarlo sono sempre più realtà, che siano aziende o brand di moda, mentre anche le piattaforme di streaming – come le più famose Spotify e Netflix – nell’arco dell’ultimo anno soprattutto hanno cavalcato l’onda di questo fenomeno in ascesa.

Perché comunicare attraverso il podcasting può rappresentare una strategia vincente per un’azienda?

Manuela Ronchi – Co-founder di Action Media Ltd

Con il podcast siamo tornati all’era della voce: l’udito è il primo tra i sensi che sviluppiamo, già quando siamo nella pancia di nostra madre e la trasmissione orale della cultura è venuta prima di quella scritta. Ascoltare è un’attività che ci permette di svolgerne al contempo delle altre e questo, soprattutto al giorno d’oggi, è uno dei principali pregi del podcast. Un altro è il livello di coinvolgimento che riesce a suscitare nell’ascoltatore: questo è un elemento che rende il podcast molto attraente, visto che ormai siamo tutti stanchi di ascoltare qualcosa di pulito e preconfezionato come moltissimi prodotti radiofonici. Il linguaggio del podcasting è spontaneo ed è questo a piacere, a renderlo affascinante se stiamo raccontando una storia o un brand.

In questo periodo in particolare, ma non solo, si è creato un grande distacco comunicativo tra il management e i dipendenti: le persone non possono vedersi e il racconto, la voce, le riavvicina. Abbiamo inventato dei format per aumentare la comunicazione interna all’azienda e che mettesse maggiormente in contatto i piani alti con quelli “bassi”, come ad esempio il “buongiorno dell’Ad”, con l’amministratore delegato che registra un messaggio per i suoi dipendenti, che abbia un intento motivazionale o più operativo. Il podcast può essere un ottimo mezzo anche per la formazione aziendale: un argomento può essere frammentato e le diverse “pillole audio” essere assunte un po’ per volta, il che le rende decisamente più digeribili.

Il podcast è un ottimo strumento, diciamo quello più all’avanguardia, per il brand storytelling.

Assolutamente sì. Nostro cliente, di recente, è stato Cartier e abbiamo creato dei podcast che potessero raccontare sia l’azienda che la storia di ogni singola creazione, in modo tale che i commessi nei negozi potessero a loro volta raccontarla e stuzzicare il coinvolgimento del cliente. Abbiamo suggerito al brand di non lasciarli soli durante il lockdown e di creare Cartier Confidential, una serie di podcast che raccontassero i gioielli per spingere gli amanti del brand a desiderare quel prodotto e a sentirsi coinvolti nella sua storia. Ed è possibile comunicare, con la voce, qualsiasi prodotto: un profumo, una brioche, stimolando i sensi dell’ascoltatore. D’altronde, sono soprattutto le emozioni a guidare le scelte dei consumatori.

Avete realizzato dei podcast anche per Invesco, società che si occupa di investimenti. È difficile comunicare la finanza?

Di certo quando si parla di finanza la terminologia risulta particolarmente ostica al grande pubblico, che finisce per non capirci niente, anche per quanto riguarda l’economia. Abbiamo creato l’Edicola Invesco di podcast, in cui ogni utente può accedere e trovare appunto un’edicola di voci che spiegano i diversi temi, ma soprattutto in che modo determinati eventi – faccio l’esempio della Brexit – possono impattare sulle loro vite e sulle loro presenti e future scelte di investimento. Il risultato è che l’utente sviluppa un sentimento di gratitudine nei confronti di Invesco che lo ha “istruito” in una materia e, riconoscendolo come affidabile, deciderà poi di affidargli un suo portafoglio.

Secondo te quali sono gli orizzonti futuri del podcast?

Sto consigliando a tutti i miei clienti di diventare media di loro stessi: abbiamo sviluppato una app che permette a ciascuna azienda di avere un proprio palinsesto per la diffusione dei contenuti, per raccontarsi e raccontare. Oggi per arrivare al pubblico non c’è bisogno di andare in onda in tv o in radio: penso che il podcast prenderà sempre più piede come uno dei linguaggi più sfruttati da aziende e brand. In generale, penso che nel futuro, accanto al video, verrà sempre più valorizzata la parte “audio”.

E per quanto riguarda gli orizzonti futuri di Action Media?

Adesso il mio obiettivo è utilizzare questo periodo per innovare/sperimentare il più possibile in modo tale da arrivare pronti al momento in cui si ripristinerà la normalità a livello di mercato. Vogliamo essere un punto di riferimento e dettare le tendenze, quindi questo tempo va reso produttivo al massimo e non sprecato. Vorrei che il digitale fosse sempre più d’aiuto alle persone per renderle maggiormente libere di dedicarsi a se stesse e agli altri. Un progetto che ho in mente è aprire una società che si occupi di benefit perché vorrei condividere valore e crearne di nuovo per reinvestirlo in progetti socialmente utili.

Quali consigli daresti a chi vuole avviare un business?

Il primo consiglio è dedicare tempo all’analisi per mettere bene a fuoco l’elemento differenziante che può avere la propria proposta. Oggi qualsiasi mercato è molto inflazionato e, se prima a vincere era chi urlava più forte, adesso è necessario riuscire a catturare l’attenzione. Il secondo è rimanere liberi, senza farsi condizionare dal denaro, perché quello arriva proprio nel momento in cui l’elemento differenziante c’è ed è valido: io dico sempre che la differenza fa la differenza. Il terzo è pensare ad un business finalizzato non solo al guadagno, ma anche alla condivisione di valore.