La bufera che ha colpito l’universo digitale con il Pandoro-Gate deve fornire a Chiara Ferragni e agli influencer l’occasione per “reinventare la professione”. Il primo passo è stato la regolamentazione dell’Agcom. Anche perché “Il rischio è di essere sostituiti” dall’Intelligenza Artificiale: l’intervista a Tommaso Ricci di Mambo

Con il Pandoro-Gate, sul mondo virtuale di Chiara Ferragni e degli influencer si è abbattuta una sorta di tempesta mediatica perfetta. Indagini, ipotesi di irregolarità e la freddezza dei brand hanno caratterizzato i giorni successivi al 15 dicembre 2023. E’ la data in cui l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato ha annunciato la sanzione di oltre 1 milione di euro alle società riconducibili all’imprenditrice digitale e di 420mila euro a Balocco per pratica commerciale scorretta.

I due mesi che hanno rivoluzionato il cosmo degli influencer

Una campagna promozionale, come noto, ha fatto intendere ai consumatori che acquistando il dessert natalizio “griffato” avrebbero sostenuto l’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50 mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola azienda dolciaria mesi prima. L’iniziativa ha portato alle suddette società oltre 1 milione di euro d’incassi. Poi è arrivata all’imputazione per truffa aggravata da parte della Procura di Milano.

Poco dopo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha approvato nuove linee guida per regolamentare l’attività degli influencer italiani con almeno 1 milione di follower. Ora devono rispettare obblighi relativi alla trasparenza pubblicitaria, alla tutela dei minori, al pluralismo e alla non discriminazione, pena sanzioni.

In questo contesto, in cui tra l’altro l’Intelligenza Artificiale avanza a grandi falcate, Mambo – la prima content factory del Belpaese nata all’interno del Gruppo OneDay – ha realizzato una comunicazione ad hoc. L’obiettivo è sottolineare le differenze tra creator e influencer, due professioni digitali ben distinte pur con qualche area di sovrapposizione.

“Ciò che li accomuna è sicuramente la capacità di produrre contenuti digitali all’interno di piattaforme social e di intrattenimento, il parlare a community molto popolate e l’abilità di contestualizzare all’interno della loro creatività il racconto di un prodotto o di un servizio in collaborazione con un brand. Tuttavia, da un lato c’è l’intento di influenzare, dall’altro di trasmettere un messaggio autentico”, ha spiegato il Managing Director Tommaso Ricci. L’abbiamo intervistato.

Partiamo dal “Pandoro-Gate”. Qual è la vostra analisi sulla comunicazione del prodotto prima dello scandalo e sulla comunicazione di Chiara Ferragni dopo lo scoppio del caso?

Sicuramente la collaborazione tra Balocco e Ferragni è stata comunicata da ambo le parti con “leggerezza”. Penso soprattutto alla poca trasparenza del meccanismo di contributo delle vendite dei pandori alla beneficenza. In questo senso, ben vengano le regolamentazioni in merito alla comunicazione di attività promozionali di questo tipo, con l’obiettivo di definire in modo inequivocabile cosa si deve dire e fare. Fatta questa premessa, trovo decisamente esagerato e sproporzionato il volume di critiche e attacchi direzionati a Chiara Ferragni, che paga lo scotto di essere il bersaglio facile perché umano e simbolo di un concetto molto italiano. Il successo è una colpa da scontare alla prima occasione.

In questa fattispecie, il personal branding ha danneggiato Chiara Ferragni? Come? Quali errori sono stati commessi?

Penso che sia impossibile non commettere degli errori, nella vita tanto quanto nel business. A livello strategico forse qualche anno fa Chiara avrebbe potuto iniziare a lavorare alla “spersonalizzazione” delle sue imprese. Come per esempio sta facendo Estetista Cinica, rendendo più scalabile il suo talento e la sua visione, che sono per me ancora oggi indiscutibili. Oggi si sarebbe trovata in una situazione meno fragile e meno esposta ad attacchi di natura personale.

A due mesi dall’inizio della vicenda, qual è ora la percezione del personaggio di Chiara Ferragni?

Siamo nella coda lunga della crisi, che probabilmente terminerà con Sanremo che sta polarizzando la conversazione social di questi giorni. Eccetto qualche hater che continuerà a erigersi a giustiziere mascherato per ancora diverso tempo. Ma sicuramente possiamo dire che sta uscendo dalla tempesta e credo abbia a disposizione una grande occasione: quella di reinventare la professione dell’influencer, avrebbe tutte le carte per farlo.

Quello che si fa nell’era digitale e quindi nel mondo virtuale, rimane impalpabile o al contrario resta per sempre?

La velocità con la quale si gonfiano e si sgonfiano questi casi mediatici porta la nostra memoria umana a essere sempre meno allenata a ricordare solo quanto accadeva per esempio un mese fa. Ma, per quanto leggera, ogni evento lascia una traccia “nell’internet”: bisogna però andarla a scovare. Inoltre, l’invito è a provare sempre a concedere all’altro il beneficio del dubbio e, davanti all’evidenza di un errore, provare a trattenere gli istinti da “J’Accuse” e ricordarci che dietro ogni grazie azienda, dietro ogni passo falso, dietro ogni scivolone, ci sono delle persone e che l’odio in rete può portare a conseguenze molto gravi, che non andrebbero mai ignorate.

Qual è il livello della gestione della credibilità da parte degli influencer in Italia? Come si può recuperare dopo un fatto come il Pandoro-Gate?

Io non penso che il sistema influencer debba preoccuparsi troppo della sua reputazione e credibilità, quanto della sua capacità di evolversi e di rimanere rilevante per le nuove generazioni, che sono sempre meno sensibili a stili di vita idealizzati e sempre più interessate al contenuto più che al contenitore. Gli algoritmi delle piattaforme digitali e l’AI hanno dato via a questo processo, ora non si torna più indietro. Il rischio è di essere sostituiti.

Come mai dopo questa vicenda avete sentito il bisogno di realizzare una comunicazione ad hoc per spiegare le differenze tra influencer e creator? Qual è la differenza, quindi?

Perché nella poca alfabetizzazione digitale del grande pubblico è importante educare a quelle che sono già oggi delle professioni vere e proprie, con caratteristiche ben precise. La tendenza a semplificare tutto ciò che è digitale può portare anche il nostro mercato di riferimento a confondere influencer e creator. Hanno sicuramente aree di sovrapposizione – per esempio entrambi sono in grado di aggregare e interagire con un numero importante di persone – ma si differenziano per ciò che producono. Il creator realizza contenuti di intrattenimento, approfondimento o interesse, mettendo in campo la propria immagine e creatività, invece l’influencer racconta in modo più personale la sua vita e il suo personaggio.

Qual è la vostra opinione sulle nuove regole degli influencer imposte da Agcom dopo il Pandoro-Gate? Sono sufficienti? Arrivano un po’ tardi?

Penso che le istituzioni siano ancora generalmente poco preparate rispetto ai meccanismi e tecnicismi che regolano il nostro campo d’azione. La velocità con la quale il nostro mondo cambia necessita di un aggiornamento costante della regolamentazione, non sollecitato da casi come il Pandoro-Gate.

Queste regole possono aiutare a risolvere la questione dell’etica e dell’autenticità legate al mondo digitale?

Sicuramente rappresentano un passo avanti rispetto al passato, ma siamo davvero solo all’inizio. L’avvento dell’AI generativa moltiplicherà il numero delle questioni da disciplinare anche in ambito influencer marketing, dai diritti intellettuali sui contenuti, fino alla trasparenza delle collaborazioni pubblicitarie. Diventa sempre più necessario educare le nuove e vecchie generazioni alle professioni digitali, in modo che si possa creare il miglior contesto possibile per una regolamentazione dinamica e moderna, non tanto schiava degli algoritmi ma indirizzata a un utilizzo più sicuro e consapevole delle piattaforme digitali.