Far appassionare alla matematica i bambini, i lavoratori di domani, può sembrare una missione impossibile. Eppure Innovamat ci prova e arriva in Italia mentre il mondo del lavoro affronta le sfide rappresentate dal futuro, da ChatGPT e dalla necessità di una formazione di qualità
Per chi si occupa di formazione l’inizio dell’estate è un periodo di fuoco e non tanto per il caldo. Fra il termine delle lezioni e gli esami di fine anno scolastico, queste settimane sono intensissime. “Arrivo, sono al telefono con un preside”, mi dice poco prima dell’intervista Carlo Andrea Bassani. È il country launcher per l’Italia di Innovamat, la startup edtech spagnola che, dopo un round da ben 20 milioni di euro, ora sbarca nel nostro Paese.
La missione è sempre migliorare l’apprendimento della matematica nei bambini, i lavoratori di domani, come avviene già in oltre 1800 scuole nel mondo che si sono affidate a questo servizio. “La formazione nel futuro? Sarà importante. L’intelligenza artificiale è brava ma non sa ancora risolvere da sola le vere congetture matematiche. La sfida è rinnovare la cultura dell’apprendimento”, ci spiega Bassani.
L’ingresso di Innovamat in Italia rappresenta una sfida?
Siamo in Italia perché è uno dei paesi pionieri della didattica e anche della didattica della matematica: pensa al metodo Montessori per citarne solo uno o alla scuola di Reggio Emilia e Modena. Dal punto di vista di Innovamat, il sogno nel cassetto è sempre stato un po’ quello di espandersi sia in un Paese per certi versi culturalmente simile a quello che è la Spagna, con questa tradizione da un punto di vista didattico, sia in un Paese non “hispanohablante”.
Questa è stata un’altra grande sfida perché per Innovamat, che nasce come progetto inizialmente catalano e poi spagnolo, portare tutto quello che propone in un Paese che non parla la sua lingua non è facile. E tra l’altro per il settore delle scuole e dell’educazione: una proposta curricolare come la nostra alla fine si va a instaurare e installare in tutto quello che nel quotidiano è l’apprendimento della matematica nei bambini. Non siamo un progetto ad hoc di potenziamento di matematica, ma diventiamo quasi la filosofia portante di quello che è il progetto per gli insegnanti.
Però, dall’altra parte è stata una sfida che è stata accolta molto favorevolmente perché c’è bisogno di innovazione sotto questo aspetto nella società italiana: di innovazione metodologica, didattica e per quanto riguarda l’utilizzo tecnologico. Innovamat ha una parte tecnologica sicuramente, anche se il cuore del progetto è la sua filosofia didattica. Tra l’altro non è solo sua, ma anche dei grandi istituti internazionali, dall’America a Cambridge: quindi l’idea è portare una matematica competenziale ed esplorativa e far appassionare ad essa i bambini.
Quella forse è la vera sfida. Qualcuno la ama, altri la odiano, per tanti è ostica. Quali sono le difficoltà nell’affrontare la formazione attraverso la matematica?
La difficoltà maggiore è la questione culturale, ma non tanto in Italia. In tutto il mondo. Certo poi ci sono dei Paesi che sono fiori all’occhiello: si parla molto della Finlandia e di Singapore, i più noti. Però la questione è che io stesso, tu stesso ma anche maestri e docenti – dal dopoguerra in poi e fino a circa 11 anni fa, con le nuove indicazioni nazionali che volevano andare più per competenze – abbiamo tutti appreso la matematica e abbiamo fatto la scuola in un modo meccanico.
Era importante memorizzare e saper fare l’algoritmo in colonna, perché chiaramente nessuno di noi aveva un telefono nella tasca, non esisteva ChatGPT e sul mercato del lavoro serviva forse meno credibilità. Poi siamo andati a scuola come docenti e abbiamo insegnato matematica, chiaramente, nel modo in cui l’abbiamo appresa. Certo, ora è già da 10 anni che ci chiedono di fare queste attività. Però comunque questa è la cosa più difficile, perché devi mettere in discussione i tuoi anni di insegnamento. Per carità, molti docenti già lo fanno, però Innovamat li aiuta a essere ancora più consapevoli di questo cambio.
Abbiamo citato ChatGPT. Concedendoci uno slogan un po’ giornalistico, si può dire che Innovamat propone di sviluppare, contro l’intelligenza artificiale, un’intelligenza matematica?
Mi piace molto. Tra l’altro, come racconta un articolo del nostro blog, abbiamo chiesto a ChatGPT di risolvere dei problemi matematici. L’intelligenza artificiale è bravissima a risolvere i problemi, quelli tipici della nostra tradizione tipo: “Carlo va al mercato e prende 7 mele…” Poi la verità è che quando gli poni congetture matematiche, ossia quelli che in matematica sono davvero chiamati problemi e che hanno più di una soluzione o più di un modo per essere risolti, in cui devi porre tu dei limiti e dei focus, devi fare delle stime, ecco, lì ci siamo accorti che ChatGPT è meno bravo, si confonde. L’intelligenza matematica è più logica e creativa. Spesso si dice che la matematica sia rigida, ma non sono molto d’accordo…
Intanto l’intelligenza artificiale ha fatto irruzione nel dibattito pubblico. E in questo contesto voi fate formazione attraverso la matematica, siete concentrati su questa materia. Secondo la vostra esperienza, nel futuro, serviranno sempre più figure specializzate in problem solving? E perché?
Credo fortemente che nel futuro succederanno due cose: intanto ci sarà una popolazione di bambini che hanno avuto la possibilità di comprendere più in profondità il contenuto matematico e di sviluppare processi di problem solving. Oggi siamo nel 2023: quando questa generazione dovrà immettersi nel mondo del lavoro, probabilmente nel 2045, possedere strumenti approfonditi per la comprensione della matematica e aver lavorato sui processi sarà utile e li renderà più duttili. Questa è la prima prospettiva, più utilitaristica. Poi ce n’è una un po’ più umanistica: credo che avremo dei bambini che a quel punto saranno adulti che si fanno più domande.
Hai parlato anche di cultura della matematica: in Italia forse siamo un po’ indietro sulla concezione della formazione in generale, anche ai fini del lavoro probabilmente. E quindi quanto sarà importante la formazione nel mondo del lavoro nei prossimi anni, considerando tutti gli sviluppi di cui abbiamo parlato, intelligenza artificiale inclusa?
Sarà molto importante, sicuramente. Sarà altrettanto importante però che ci sia una formazione legata a quello che poi è la praticità.
Innovamat è definita come una startup edtech. Come possono unire le forze educazione e tecnologia per produrre qualcosa di buono?
La chiave è in due aspetti. Il primo è la personalizzazione dell’apprendimento. Questa è una cosa che negli anni passati, non avendo la tecnologia, si poteva fare molto meno. Siamo tutti diversi: io, Carlo, sono diverso da te, Francesco, che è diverso da Giuseppe. La scuola, grazie alla tecnologia, può lavorare sulle esigenze specifiche di ciascun bambino. Questo va molto anche a supporto delle difficoltà dei bambini, delle difficoltà da una parte e dello stimolo intellettuale dall’altro. Faccio un esempio molto semplice: se prima, per fare un lavoro, dovevo stampare venti schede diverse, adesso ho una APP che fa queste cose, cioè lo fa in automatico, mettendo i dati a disposizione.
Quali sono i prossimi progetti, gli orizzonti e gli obiettivi di Innovamat?
Per l’Italia il sogno nel cassetto è quello di poter lavorare su tutto il curriculum verticale, dalla scuola dell’infanzia fino alle medie. Attualmente stiamo lavorando solo con la primaria. Credo che l’obiettivo più bello sia quello di poter lavorare in continuità su tutti gli ordini di scuola perché questo darebbe ancora più forza al lavoro che stiamo facendo.