Lorenzo Tagliavanti, Presidente della Camera di Commercio di Roma, fa il punto sui nuovi bisogni della Capitale: dalle difficoltà dell’economia locale al nuovo volto del turismo, dal bisogno di digitalizzazione per le imprese ai nuovi orizzonti per quanto riguarda la formazione fino alle opportunità per i giovani imprenditori e la ricchezza del sistema startup
Un osservatorio privilegiato, messo al crocevia fra le istituzioni e il mondo economico: è la Camera di Commercio di Roma, guidata da Lorenzo Tagliavanti. Dealogando lo ha intervistato in un confronto a tutto campo che fa il punto sulla ripresa economica, la fuoriuscita dalla crisi post Coronavirus e sulle sfide della formazione e della giovane imprenditoria, senza dimenticare qualche commento sull’attualità politica nazionale. L’auspicio per le prossime elezioni comunali? “Occorre pensare al futuro della città”, spiega Tagliavanti.
Digitalizzazione delle imprese e attenzione alla sostenibilità sono, insieme all’occupazione femminile, i grandi temi da affrontare per il Paese, soprattutto ora che sono in arrivo i fondi del Recovery Fund. Qual è la situazione nel territorio della Capitale e quali sono le iniziative in tal senso?
A Roma, bisogna dirlo, viviamo una sfida nella sfida. Quelli che citate sono temi enormi che impattano sul mondo intero, ma la Capitale vive una peculiarità in più. Dobbiamo recuperare terreno rispetto a una situazione che era di oggettiva difficoltà già nel periodo precedente al Covid.
La crisi finanziaria del 2008-2012 ha colpito duro e a Roma l’economia si è sostanzialmente fermata. Oggi possiamo vivere un paradigma diverso: sulla sostenibilità, per esempio, abbiamo ottime carte da giocare, anche per le condizioni ambientali, per l’abbondanza di parchi e per la più che buona qualità di aria e acqua. Sulla rivoluzione digitale abbiamo avuto difficoltà, ma oggi questa può essere la chiave di volta del rilancio.
Roma è piena di opportunità in questo senso: vantiamo una robusta crescita di startup innovative e abbiamo oltre 40 fra atenei, hub e incubatori. Parlo di realtà importanti come Pi Campus, LVenture della Luiss a Termini, Talent Garden e altri poli interessanti che, fra l’altro, scelgono con decisione di stabilirsi nelle aree più periferiche della nostra metropoli. A Roma abbiamo, inoltre, altre eccellenze come l’elettronica, l’aerospazio e le biotecnologie; su questo a Castel Romano si sta sviluppando un distretto cruciale, dove stiamo provando a produrre il vaccino italiano Reithera, che affettuosamente chiamiamo “a km 0”.
Qual è la fotografia scattata dal vostro Osservatorio in questi ultimi mesi di crisi e difficoltà per le attività commerciali?
Roma ha certamente patito il destino delle altre grandi città e la chiusura ha, infatti, messo in difficoltà gli esercenti per la mancanza di clienti, turisti, lavoratori e dipendenti che affollava i centri storici. Bisogna però dire che in tanti hanno visto in questo l’occasione per reagire. Roma è una città fatta di piccole e piccolissime imprese, il lockdown e la pandemia hanno imposto un salto in avanti sul digitale di almeno 10 anni.
Chi ha scelto le nuove tecnologie per cementare i rapporti con i clienti e i lavoratori si porta oggi dietro un lavoro di cui potrà in futuro giovare: “Se io rimango fermo, manterrò la mia clientela?”, è la domanda che si sono posti in tanti, e hanno fatto bene. Occorreva continuare a dare servizi e a fornire prodotti anche in un momento difficile e chi ha saputo innovare avrà una marcia in più.
Spetta al nuovo esecutivo Draghi l’allocazione delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Come Presidente della Camera di Commercio di Roma, quali sono gli interventi che auspica a livello sia regionale che nazionale?
Partiamo dal nostro territorio. Roma è la Capitale del Paese e dunque parlare di Roma significa porre un tema nazionale. Fra le proposte che ho letto spicca – e certamente è giusto – il problema della mobilità: serve rendere più facile lo spostamento delle persone e delle merci. Ecco che la cosiddetta “cura del ferro” e la chiusura dell’anello ferroviario sono dei punti irrinunciabili.
Quello che vedo mancare al dibattito è invece la valorizzazione del sistema imprenditoriale romano con l’ambizione di ricostruire quello economico. Ciò è possibile se decidiamo di mettere in connessione le potenzialità del tessuto economico e la forza della rete universitaria: penso a un Politecnico per Roma, non necessariamente strutturato in maniera classica ma attraverso accordi di tipo orizzontale, mettendo a sistema quel grande volume di innovazione che gli atenei e le esperienze del mondo startup stanno implementando con grande forza e credibilità.
Ho già accennato al distretto del biotech a Castel Romano e poi la Tiburtina Valley ha i grandi data center e l’aerospazio. Questi due poli, creati dalla Camera di Commercio di Roma, devono essere messi in contatto con il circuito universitario da un lato e con le industrie tradizionali dall’altro. C’è da costruire una grande piattaforma del sapere e del saper fare.
Roma si prepara a eleggere un nuovo sindaco. Quali sono, a suo vedere, le problematiche più urgenti di questa città che limitano l’attività di impresa?
Ritengo importante che la nuova consiliatura si occupi di dare alla città un volto inedito. Temi come gli asili nido, i trasporti e la pulizia sono importanti, ma di ordinaria amministrazione; a grande domanda è invece di cosa vivranno i romani nei prossimi anni. Finora Roma si è un po’ adagiata sulle rendite: di natura immobiliare, turistica (fra l’altro, non di qualità) e per quanto riguarda la spesa pubblica.
Bisogna passare invece dalla rendita al profitto: 500mila imprese sul territorio e agenti economici romani devono badare sempre più alla crescita della qualità del lavoro e della produzione. Roma non è riuscita ancora a tornare ai livelli del 2008 e questo vuol dire che il nostro impegno non crea abbastanza produttività e valore aggiunto. Torno sul turismo a cui accennavo: lavorare solo sulla quantità non dà granché alla città e in effetti non dà molto nemmeno a chi viene a visitarla. Bisogna migliorare questo output, ad esempio partendo dalla riqualificazione degli edifici.
Gran parte del costruito a Roma ha oltre 60 anni e c’è bisogno di un ripensamento integrale anche dal punto di vista energetico: su questo il bonus 110% è certamente una grande opportunità. È necessario curare la città a partire dalla bellezza e dalla qualità degli edifici pubblici ed è possibile oggi fare grandi progetti e grandi campagne di rigenerazione urbana. Questo renderà Roma ancora più bella e più visitabile.
Giovane imprenditoria, qual è il suo futuro e il ruolo nella trasformazione dell’economia?
Partiamo da un presupposto cruciale: un’economia e una città che non attraggono i giovani sono un’economia e una città senza futuro. Le nuove generazioni devono essere protagoniste della transizione economica verso il digitale e in questo certamente sono avvantaggiate, perché oggi hanno già in partenza maggiori abilità. A Roma abbiamo sempre visto di cattivo occhio gli Istituti Tecnici, che invece offrono delle competenze cruciali in quanto si tratta di scuole accattivanti e professionalizzanti.
Gli ITS hanno una grande funzione qualitativa, ma a oggi non sono adeguatamente valorizzati e su questo occorre lavorare. I sistemi di istruzione superiore, come le università, per contro necessitano di più contatti con il sistema delle imprese e più corsi costruiti assieme ai poli tecnologici. Viviamo in una città in cui i cittadini da sempre aspettano il concorso pubblico, il pezzo di carta, il posto nell’amministrazione; certamente la pubblica amministrazione si deve aggiornare e rigenerare ma a Roma deve fiorire una nuova mentalità.
La Camera di Commercio, nello specifico, quali strumenti mette a disposizione di un giovane imprenditore?
La Camera di Commercio di Roma mette a disposizione tre azioni per dare una mano agli imprenditori giovani e meno giovani: primo, sosteniamo le imprese in un passaggio molto particolare, quello dell’uscita dalla fase Covid in cui ci sarà bisogno di forti strumenti di accesso al credito. Mi aspetto molte aziende con bilanci in difficoltà da risanare e queste realtà devono poter giovare sia del credito bancario che di altri strumenti su cui stiamo ragionando.
La seconda misura è quella dei PID, Punti Impresa Digitale: i piccoli, le microaziende, spesso non hanno le risorse per riprogettarsi in un’ottica digitale e la Camera di Commercio propone dei bandi, dei corsi di formazione e dei voucher per aiutare anche questi operatori a ripensarsi in tale direzione.
Terzo, aiutare i giovani con il bando Start up 2021: agevoliamo chi ha delle idee a presentare il progetto, a favorire il confronto con le associazioni di categoria e con importanti stakeholder. Vediamo questa modalità estremamente utilizzata dai giovani e dalle donne imprenditrici, ma anche dagli imprenditori stranieri che, mi piace ricordare, sono persone arrivate in Italia per fare gli operai e che oggi, in 27mila, fanno parte attiva del tessuto imprenditoriale della città.
La pandemia ha spinto le imprese a guardare con urgenza all’innovazione. A che punto siamo e quali sono i settori che stanno andando più velocemente in questa direzione?
Ci sono settori che hanno dimostrato una buona dinamicità e che costituiscono delle ottime pratiche. C’è chi, nativamente, ha come formula di business il digitale e questi operatori, come dire, vanno da soli. Sorprendente il ruolo che ha assunto poi la filiera agroalimentare, che attrae in questo momento i giovani come non mai. Parliamo di nuove leve che hanno scelto la via della qualità e vogliono dare “cibo per Roma”. Ancora i settori del benessere, dello sport e del fitness, le attività produttive ad alta tecnologia. Cosa rimane in difficoltà? L’attività tradizionale, gli esercenti che un po’ aspettano che il cliente vada da loro. Ma anche su questo ci sono segnali da tenere d’occhio: quante Reti di impresa sono nate nei quartieri? Quante app innovative hanno visto la luce? Roma, nel complesso, si dimostra essere una realtà dinamica da tenere d’occhio.
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