“Troppo spesso le aziende consumano senza sapere quanto potrebbero consumare meno. Per realizzare una vera transizione ecologica serve snellire le procedure burocratiche e i processi”. Giacomo di Raimondo, amministratore unico di Dream, startup dell’Università La Sapienza di Roma specializzata in energy management, ci spiega come l’Italia può diventare un Paese più efficiente a livello energetico e realizzare concretamente i propositi della “transizione green”

Sostenibilità. Una parola che oggi sentiamo fin troppo spesso, e che però rischia di rimanere “vuota” se i diversi progetti per ridurre le emissioni di Co2 nell’atmosfera, come in generale l’impatto ambientale dei singoli e delle imprese, non iniziano ad essere seriamente implementati. L’Italia si è impegnata a sfruttare il 37% delle risorse del Recovery Fund per raggiungere l’obiettivo della “transizione verde” e i passi da compiere verso questa direzione sono ancora tanti.

Dealogando ha parlato proprio di questo con il Dott. Giacomo Di Raimondo, Amministratore unico di D.R.E.A.M. S.r.l., startup che nasce da un progetto dell’Università La Sapienza di Roma e che opera nel settore dell’ingegneria impiantistica e dell’energy management. L’obiettivo è rendere l’Italia più efficiente a livello energetico, trasferendo le competenze accademiche nel mondo delle imprese e dei servizi di pubblica utilità. Giacomo è inoltre vicepresidente del Movimento Nazionale delle Arti che, tra le altre cose, si propone di promuovere nuovi modelli di business adeguati ai nuovi ecosistemi digitali.

Come nasce DREAM e di che cosa si occupa?

giacomo di raimondo
Giacomo di Raimondo, amministratore unico di D.R.E.A.M.

Dream nasce dall’idea di cinque persone – di cui 4 ingegneri – di sviluppare delle nuove tecnologie e dei nuovi modelli per aiutare le aziende a ridurre il loro consumo energetico e renderle consapevoli del loro impatto ambientale. Le conoscenze scientifiche vengono quindi messe al servizio della collettività: troppo spesso questo aspetto, relativo appunto al consumo energetico, non viene preso abbastanza in considerazione da parte di imprese e grandi realtà. Troppo spesso si consuma senza sapere quanto si potrebbe consumare meno.

Oggi c’è molta attenzione al tema della sostenibilità ambientale – con l’Europa che ci chiede di sviluppare soluzioni alternative per quanto riguarda il consumo di energia e le emissioni di Co2, con trattati e diverse indicazioni a livello globale – ma i diversi slogan e propositi devono tradursi in azioni concrete. La prima di queste azioni concrete è proprio sul piano della formazione e della conoscenza: dobbiamo imparare non solo a consumare meno, ma a consumare meglio, abbandonando i combustibili fossili e sfruttando invece le risorse naturali, del sole e dell’acqua.

Come reagiscono le imprese di fronte alle vostre proposte e soluzioni per ridurre il loro consumo energetico?

Abbiamo un’esperienza ventennale di relazioni con il mondo aziendale e industriale e sicuramente rispetto anche solo a pochi anni fa, c’è molta più attenzione riguardo determinati temi. Oggi, peraltro, ci sono norme e regole molto più stringenti e che vanno rispettate per evitare ingenti sanzioni. Ma il nostro approccio è quello di spiegare alle aziende dove sta la convenienza di lungo periodo nello scegliere le nostre soluzioni: seguire determinati protocolli apporta benefici anche e soprattutto al cliente finale dell’azienda, ed è qui che scegliamo sempre di mettere l’accento.

Attualmente ci sono poi tutta una serie di incentivi (vedi ad esempio l’ecobonus) a sostegno della sostenibilità, quindi qualsiasi realtà è più propensa di ieri a rivedere i propri standard e livelli di consumo energetico. C’è da dire poi che, per quanto riguarda certi tipi di intervento al fine di ridurre le proprie emissioni e il proprio impatto, i risultati si vedono sul lungo periodo, sia in termini fiscali che di risparmio a livello economico. Per questo sono importanti le valutazioni a breve, medio e lungo termine: è lì che la convenienza di investire oggi per spendere meno domani – a beneficio poi di tutta la collettività – appare evidente.

È necessario un cambio di mentalità, nella società e nelle imprese?

Assolutamente sì. In questo, è forte la differenza tra l’Italia e i Paesi sia anglosassoni che del Nord Europa, dove già a scuola si parla molto di sostenibilità e si sensibilizzano le giovani generazioni sulle conseguenze di una mancata attenzione alle tematiche ambientali. 

Voi stessi dite che “La conoscenza porta il progresso e il progresso genera efficienza e risparmi”. Di quanto progresso energetico ha bisogno l’Italia? I fondi in arrivo con il Recovery Plan ci daranno quella mano che ci serve?

Innanzitutto è necessario predisporre – e a questo devono pensare università, enti, associazioni fino anche al governo e alle istituzioni – dei percorsi di formazione e informazione per divulgare principi (non in forma di slogan) e impostare azioni concrete, mettendo in campo delle iniziative che incentivino e semplifichino il ricorso a fonti energetiche alternative e guidino il consumatore verso comportamenti più responsabili. Tutto il processo di transizione ecologica deve essere snello e facilmente accessibile dai diversi attori coinvolti in questo importantissimo cambiamento.

Anche per quanto riguarda il Bonus 110%, ci sono tutta una serie di vincoli, strutturali ed amministrativi, che complicano tutto il processo di realizzazione di progetti e lavori. Un piccolo abuso, ad esempio, non può rappresentare un ostacolo al miglioramento di una struttura, che porta benefici sul lungo periodo a livello di efficienza energetica.

Dream, la vostra startup è un progetto dell’Università la Sapienza. Non ritiene che il mondo accademico dovrebbe intersecarsi di più con l’ecosistema imprenditoriale e delle startup, le quali hanno fin troppo spesso bisogno di un sostegno finanziario ed istituzionale per l’implementazione di progetti che guardino al futuro?

Assolutamente sì. Bisogna svecchiare tutti quei processi interni al mondo della formazione e lavorare per portare l’innovazione all’interno delle imprese: tante realtà, dalla Sapienza al Politecnico di Torino, stanno già implementando una serie di progetti che vanno proprio in questa direzione e sostengono iniziative per sperimentare progetti utili alle aziende. 

Noi accademici abbiamo il dovere di mettere al servizio dei diversi settori produttivi e dei servizi la nostra competenza e conoscenza e di sperimentare nuovi modelli, più digitali e più sostenibili. Bisogna però fare attenzione: le startup devono pensare a mettere sul mercato “prodotti” che il mercato è pronto a fare suoi. Gli incentivi governativi, il marketing e una buona comunicazione svolgono, poi, la restante parte del “lavoro”.

Quali sono i principali passi avanti che dovrebbe compiere il mondo dell’impresa – come quello delle startup – qui in Italia?

Non dobbiamo dimenticarci che l’Italia è tra i primi Paesi europei a produrre energie rinnovabili. Noi abbiamo impianti idroelettrici, fotovoltaici, eolici. Ciò in cui siamo, purtroppo, ancora fanalino di coda, è negli interventi di efficientamento: ci sono molte azioni da intraprendere per ridurre l’impatto, sia ambientale ed economico, dei consumi, anche al fine di renderci un Paese più competitivo.

Sul portale del Movimento di cui lei è vicepresidente – il Movimento Nazionale delle Arti – scrivete che quest’ultimo è formato “da tutte quelle persone che si riconoscono negli ideali, tradizioni e qualità del Paese”. Mi vorrei soffermare sull’ultimo termine: quali qualità hanno e quali mancano alle nuove generazioni?

Noi incentiviamo molto il dialogo tra generazioni, proprio perché siamo convinti che è dallo scambio di valori, percorsi ed esperienze vissute che proviene la vera ricchezza. Oggi i giovani – secondo me – hanno tanta paura di buttarsi, di sperimentare, di “intraprendere” e troppo spesso vanno a cercare altrove, magari all’estero, quello che potrebbero trovare anche restando in Italia: va bene il confronto con altre realtà e contesti, è sempre occasione di crescita, ma dobbiamo lavorare per far restare qui le menti brillanti e sfruttare l’entusiasmo di chi oggi rappresenta il nostro futuro.

I giovani sono coloro che hanno il mano le nostre eccellenze e dobbiamo formarli affinché sappiano valorizzarle al meglio. Non dobbiamo perdere queste risorse e dobbiamo anche tornare ad essere un po’ più idealisti: le idee sono la base dell’estro imprenditoriale e, quindi, motore del nostro sviluppo.