In occasione della Maker Faire Rome sono stati presentati i risultati del progetto di coding e robotica No Gender Gap, dedicato in particolare a donne e ragazze
Chi ha detto che coding e robotica sono argomenti da maschi? La Scuola di Robotica, in collaborazione con diversi istituti scolastici e organizzazioni educazionali porta avanti dal 2008 progetti dedicati a promuovere l’interesse di bambine, ragazze e donne nei confronti di attività e professioni tecnoscientifiche. Il progetto Erasmus plus “No Gender Gap” ha realizzato un corso completo di coding e robotica educativa dedicato ai principianti di ogni età e in particolare a donne e ragazze. In occasione della “Maker Faire Rome – The European Edition”, in programma dal 10 al 13 dicembre 2020, sono stati presentati i risultati del progetto “No Gender Gap” e lanciata una nuova campagna nazionale.
Abbiamo intervistato la Vicepresidente della Scuola di Robotica Fiorella Operto.
Perché ancora oggi c’è bisogno di incoraggiare il mondo femminile ad avvicinarsi alle materie scientifiche?
Oggi è necessario più che mai. Secondo il Global Gender Gap Report 2020 del World economic forum (Wef), che misura le differenze di genere in campo sanitario e della salute, della partecipazione e opportunità economiche, dell’istruzione e della partecipazione politica, per colmare il divario di genere nel mondo potrebbero volerci quasi 100 anni: la capacità di colmare le differenze di genere fra uomini e donne a livello mondiale è del 68,6%. E ancora. L’Italia perde sei delle 12 posizioni guadagnate nel 2019 e rimane al 17esimo posto in Europa. Secondo lo studio del Wef, nel nostro Paese è pari a 70,7% (dove 100% indica la parità raggiunta). Su 153 Paesi siamo 76esimi.
In Italia, il livello di rappresentatività delle donne in professioni tecno-scientifiche è ancora bassissimo e diventa infimo se si arriva a livelli manageriali alti, anche in Europa. Dati che si riscontrano anche analizzando il numero di ragazze che si iscrivono a licei scientifici tecnologici, ITIS che sono poi quelli che possono offrire sbocchi professionali dopo il diploma. Solitamente le ragazze sono indirizzate a studi i cui sbocchi occupazionali permettano un lavoro part-time, professioni nella pubblica amministrazione, o nella scuola, in tutte quelle attività e servizi che garantiscono alle donne il tempo necessario per seguire la famiglia, poiché la cura degli anziani e dei bambini, in Italia, ma direi in Europa, è ancora sulle spalle delle donne. Questo implica che l’avanzamento professionale delle donne venga limitato dal minor tempo e impegno che queste potranno poi dedicare al lavoro.
Per me, non si può parlare di una difficoltà delle donne nelle professioni tecno-scientifiche, ma di policy delle nazioni, un problema che è affrontato poco e molto male. In realtà, è necessario tenere conto che nella vita professionale di una donna che ha dei figli ci sarà un periodo di un anno e mezzo, se non di più, che dovrà essere dedicato alla cura dei bambini. La questione è molto importante e strettamente legata alla promozione dei diritti umani fondamentali. Poche nazioni prendono sul serio questo problema, forse in Francia alcuni anni fa, o nei Paesi del Nord Europa, dove le cose sono migliori ma non ancora risolte.
Troppo spesso si pensa che una ragazza non dovrebbe dedicarsi a una professione che le potrebbe impegnare l’intera giornata impedendole di occuparsi della famiglia. Questo è il punto. Le ragazze sono interessate e brave nelle materie scientifiche tanto quanto i ragazzi ma quando le ragazze cominciano a pensare al loro futuro lavorativo, intervengono qui diversi fattori e influenze sociali importanti. Non si tratta di limitazioni legate ad aspetti cognitivi, ma sociali. Un vecchissimo problema.
Quali sono stati i topic del progetto “No Gender Gap”?
No Gender Gap è un progetto Erasmus Plus, di cui Scuola di Robotica è partner, e il cui obiettivo principale è quello di comunicare a donne e ragazze, che non hanno specifiche competenze né di programmazione né di robotica, qualche nozione e conoscenza base di macchine avanzate che ormai tutti dovremmo saper usare. Pensiamo alla lavatrice, al forno, all’auto, ormai tutti gli oggetti che utilizziamo quotidianamente sono molto sofisticati, con sensori, menu a scrolling, controllo da remoto, programmazione, sono termini che dobbiamo conoscere.
Abbiamo cercato di impostare i corsi di No Gender Gap utilizzando Arduino, una scheda non facilissima da usare per un non pratico, montandola su degli apparati molto semplici, e abbiamo poi spiegato in che modo utilizzare Arduino per controllare la temperatura della casa o la luminosità di una stanza, infine abbiamo messo tutti questi esercizi su una MOOC, una piattaforma comune libera e gratuita.
I partner spagnoli hanno svolto dei laboratori anche in residenze per gli anziani e si sono tutti molto divertiti. Dirò di più: il progetto No gender Gap è stato dedicato a donne che vivono condizioni di marginalità, situazioni di violenza, donne uscite dal carcere o che vivono in casa-famiglia; è un progetto dedicato a loro ma poi aperto a tutti.
Il livello di velocità delle applicazioni tecnologiche negli ultimi 20/30 anni è stato impressionante, molto più veloce della capacità di adattamento della scuola e di tutte le strutture educative, che non sempre sono riuscite a star dietro alle novità; le persone mature, che non sono nativi digitali, hanno fatto fatica ad adattarsi a questo cambiamento. Ecco il gap, la scuola d’altronde è per sua natura conservatrice, ma il gap deve essere colmato, risolto da altre strutture. Scuola di Robotica è una no profit che fa questo.
La nuova campagna nazionale lanciata in occasione della Maker Faire Rome sarà dedicata alle famiglie, agli studi tecno-scientifici e alla situazione del mondo del lavoro in Italia. Che ruolo hanno le famiglie nella scelta del percorso di studi dei ragazzi?
Non sempre le famiglie sono al corrente dello stato attuale del mondo del lavoro, non sanno che avere una conoscenza, anche a livello di Istituto Superiore, di Robotica e Programmazione può aiutare nella ricerca del lavoro. Troppo spesso i genitori pensano che per una ragazza sia meglio frequentare una facoltà “adatta a lei” (per lo più umanistiche) solo perché convinti che così potrà trovare una professione al “suo livello”, o che potrà permetterle un orario part time. C’è bisogno di informare le famiglie, questa è l’intenzione della campagna che Scuola di Robotica vuole lanciare nei prossimi mesi in collaborazione con altri enti, è necessario sapere prima di tutto cosa il mondo del lavoro richiede oggi, poi bisogna chiedersi come una ragazza possa combinare i suoi desideri professionali con la realtà del mercato: molte ragazze stanno applicando il digitale e la robotica a settori cui sono portate, creandosi una propria professione.
Infine, è fondamentale che le bambine ricevano le stesse attenzioni educative dei maschi perché, anche se non faranno un lavoro tecnologico scientifico, conoscere la robotica e la programmazione è importante per far parte del complesso di conoscenze che permettono di capire il mainstreaming del mondo. Parlo di un articolo di politica, di un telegiornale, di una notizia internazionale.
Conoscendo la tecnologia digitale, forse ricuciremo a usarla a favore e non contro noi umani.
La robotica è il futuro, dal punto di vista economico, industriale e aziendale è e continuerà ad essere fondamentale. È possibile preparare le nuove generazioni di cittadini a questo attraverso formazione e istruzione?
Pensiamo ai robot umanoidi antropomorfi, in questo periodo di pandemia, dove è massima l’esigenza di assistere anziani è emerso chiaramente che avremmo avuto un disperato bisogno di robot che potessero svolgere funzioni che invece hanno svolto medici e infermieri, così come per intervenire in catastrofi e incidenti.
La verità è che ancora non li abbiamo perché realizzare un robot autonomo, veramente autonomo, non è facile: abbiamo il robot aspirapolvere che però fa solo quello, voglio dire, ne hanno semplificato le funzioni.
Noi oggi avremmo potuto chiedere ai robot di assistere i pazienti di Covid in quarantena e isolati, e ancora non li abbiamo. Ma sarà la società a chiederli, perché è chiaro che andiamo verso società sempre più anziane e con esseri umani sempre più “costosi”. Che cosa significa questo? Che se osserviamo la linea di sviluppo (non so se parlare di “progresso”) della società dalla prima alla quarta rivoluzione industriale, vediamo che a mano a mano i lavori che erano svolti da animali e umani sono passati alle macchine, contestualmente ad un aumento del “costo” della mano d’opera. O, se vogliamo, al “costo” di ognuno di noi: noi riceviamo istruzione, sanità, il periodo di “svezzamento” è sempre più lungo e si arriva a una professione “finita” dopo i 20 anni. Nello stesso tempo si richiede a ogni lavoratore, a ogni professionista un carico di conoscenze e competenze sempre maggiore, lasciando alle macchine lavori ripetitivi.
Ma sarà sempre vero? La sostituzione delle macchine intelligenti, o dell’Intelligenza Artificiale agli umani è rapidissima, diventeremo obsoleti, come alcuni visionari sostengono in una distopia dove gli umani saranno diventati inutili? Non lo so, la storia umana non è lineare, aveva ragione Vico.
Vero è che passare alle macchine tutte le attività pericolose, ripetitive o dannose è giusto perché un umano non deve essere costretto a delle attività fisicamente pesanti o nocive.
La robotica può andare a beneficio di tutti, dell’ambiente e degli esseri umani, però bisogna anche chiedersi, chi controllerà questi robot? Questo è il punto cruciale, ecco perché Scuola di Robotica ha lanciato con Gianmarco Veruggio, nel 2004 la campagna sulla Roboetica, che è oggi un’etica applicata, che viene considerata in tutti i progetti internazionali.