Ha da poco spento 100 candeline e continua il suo viaggio nell’innovazione e nella sostenibilità: l’azienda Toscanini si riconferma tra le eccellenze made in Italy. Ecco la nostra intervista a Federica Toscanini.

Senso di famiglia, sostenibilità, innovazione e un occhio sempre rivolto all’artigianalità. Questi sono gli ingredienti che fanno grande Toscanini, azienda che da quattro generazioni produce oggetti di design: portabiti e soluzioni per appendere ed esporre capi di abbigliamento, accessori, scarpe. Abbiamo intervistato Federica Toscanini, Sales & Marketing Director di Toscanini, che ci ha parlato della “sua” azienda green e innovatrice, che porta avanti il valore dell’artigianato italiano ormai da 100 anni.

Per l’azienda quanto è importante rinnovarsi e stare al passo con le novità?

“Chi si ferma è perduto”. Questo è quello che diceva sempre mio padre. Quindi l’importanza del saper trovare nuove oasi felici è vitale per ogni azienda. 

Se guardiamo al passato vediamo quanto le generazioni passate, come quella del mio bisnonno e quella di mio nonno, abbiano affrontato delle situazioni molto gravi e difficili, come le due guerre. Noi di Toscanini siamo anche stati testimoni di una crisi diversa che ha affrontato mio padre: la crisi del porta abiti in legno, a causa dell’avvento della plastica. Mio padre vide in un cambiamento sociale un’opportunità. In quegli anni le famiglie iniziavano a cambiare stile di vita e a ad andare al mare per le vacanze estive, e avevano bisogno di zoccoli. Lui convertì parzialmente la propria produzione e arrivò a produrre 500.000 paia di zoccoli, senza però dismettere la produzione principale dei porta abiti in legno.

Anche questo è un momento cruciale. Questa pandemia e la crisi sono la nostra sfida, ma la crisi che è anche un’opportunità. E mi piace pensare che questa capacità di rinnovarsi dovrà passare attraverso un equilibrio tra una innovazione tecnologica spinta e la componente artigianale, che deve risiedere in ogni nostro prodotto per esprimere al meglio il made in Italy.

Quanto incide la componente tradizionale e familiare sul vostro lavoro?

Questo per noi è un valore quanto mai attuale. La famiglia ci dà quella capacità di avere i piedi per terra e lo sguardo rivolto verso l’alto, per non perdere la capacità di sognare nella consapevolezza e nel rispetto dei nostri dipendenti e collaboratori.

Ci piace anche pensare che ciascun collaboratore si senta parte della grande Famiglia Toscanini. Quindi il senso della famiglia per noi ha un significato abbastanza allargato e coinvolge anche tutti i collaboratori.

Toscanini ha “sguardo internazionale, ma cuore italiano”. Come possono tali fattori procedere di pari passo?

L’azienda ha sempre avuto uno sguardo aperto all’esterno. Se pensiamo che quando abbiamo riaperto gli archivi per scrivere il libro dei 100 anni abbiamo trovato una miriade di biglietti da visita dei fornitori e clienti provenienti da qualsiasi parte d’Italia e del mondo. E se pensiamo che (purtroppo) un cargo dei nostri porta abiti è affondato con l’Andrea Doria, questo ci testimonia come questo sguardo verso l’esterno, che va oltre i confini italiani, è proprio nel DNA dell’azienda.

Anche oggi per noi è impensabile instaurare un rapporto con un cliente senza visitarlo e conoscerlo di persona, per creare quella relazione profonda che poi porta a partnership di lunga durata e a felici collaborazioni che durano nel tempo.

Perché avete scelto di puntare sulla sostenibilità? E come portate avanti il vostro impegno in tal senso?

Possiamo dire che siamo “green since the Seventies“, ovvero verdi sin dagli anni ’70, anni in cui mio padre costruì due silos dove nel corso dell’anno vengono stoccati i materiali di scarto. Abbiamo, poi, una centrale termica che preleva da questi due silos i materiali di scarto e genera calore per il riscaldamento degli ambienti lavorativi durante tutto l’anno.

Ma non è solo questo l’approccio green, se pensiamo che nell’86 è stata rimessa in funzione una centrale idroelettrica che era stata dismessa a causa di un’alluvione. Perché questo? Perché sembrava una follia abbandonare queste opere che generavano energia verde.

Oggi l’azienda è arrivata a recuperare altre vecchie centrali idroelettriche e a impiantarne di nuove. E siamo arrivati a una produzione che supera di 20 volte il fabbisogno produttivo dell’azienda.

La sostenibilità è un impegno eccessivo, specie per aziende piccole e medie?

La sostenibilità  è un capitolo sicuramente dispendioso per l’azienda, perché ha due componenti principali. Da una parte va a convertire gli impianti per generare minori scarti, e dal punto di vista dei materiali non è facile trovare dei fornitori che siano già allineati, perché possono essere di piccole e grandi dimensioni.

Se pensiamo, ad esempio, a tutto quello che è il materiale di imballaggio, il fatto che ci siano grandi aziende che sviluppano i volumi per noi è una facilità perché genera dei comportamenti virtuosi per i quali beneficiamo di una riduzione dei costi, e perché diffondono una cultura che deve ancora maturare nelle aziende.

Quali sono i progetti per il futuro?

Voglio rispondere con due numeri: 74 e 53. Settantaquattro sono i progetti che abbiamo portato a termine l’anno scorso. Cinquantatré sono i progetti che abbiamo sviluppato quest’anno nonostante la pandemia.

Quindi il programma per il futuro è quello di continuare a progettare, ricercare e innovare, per trovare nuove forme e nuove modalità di personalizzazione del prodotto.