Tanta passione, curiosità e un pizzico di fortuna. Così è nata, quasi per caso, Eugin Distilleria Indipendente, la prima micro-distilleria del Nord Italia
Letto all’inglese, Eugin è semplicemente l’unione tra il nome dell’ideatore del progetto ed il nostro prodotto. Per chi invece lo vuole leggere all’italiana, ma non senza una vena di classicismo, Eugin è il nome che sintetizza perfettamente il nostro obiettivo: distillare dell’ottimo gin.
Quale modo migliore per presentare l’innovativo progetto di Eugenio e Niccolò Belli? Due fratelli che hanno trasformato la curiosità verso l’ars distillandi in un interessante business.
Eugin Distilleria Indipendente unisce inventiva, passione, artigianalità, sostenibilità e componente familiare. Fattori che hanno dato vita alla prima distilleria di gin della Brianza.
Abbiamo intervistato per voi Eugenio, che ci ha parlato della sua azienda e di come anche un’idea del tutto casuale può, con le giuste direttive, diventare un business di successo.
Partiamo dalle presentazioni: chi siete e cosa fate?
Siamo la prima micro-distilleria ad aprire i battenti nel Nord Italia, ormai due anni e qualche giorno fa.
Cosa facciamo: la risposta semplice sarebbe “gin”, quella che meglio rappresenta quello che facciamo è “trasformiamo ingredienti che presi da soli non vanno molto d’accordo tra loro e li facciamo in qualcosa di buono”.
Com’è nata Eugin Distilleria Indipendente?
Eugin nasce, come molto spesso succede, per caso 6 anni fa. Era una classica sera sul divano: ai tempi andavo ancora all’università, e dopo una giornata di lezioni ero lì senza fare nulla di specifico né prestare attenzione a qualcosa in particolare. Finché ad un certo punto alzo la testa e vedo che in TV stavano trasmettendo Il Profumo, in particolare la scena in cui il protagonista, Jean-Baptiste, è a bottega da questo mastro profumiere italiano che gli sta insegnando ad usare un alambicco. Appena ho visto questo macchinario luccicante di rame ho pensato “dev’essere bellissimo lavorare con un alambicco!”.
Per quanto improbabile possa sembrare, è veramente partito tutto da qui: anzi, in realtà l’idea originale era di produrre oli essenziali, ma appena mi sono reso conto della quantità enorme di materiale vegetale che serve per ottenere anche solo pochi millilitri ho dirottato verso la produzione di alcolici. Il primissimo esperimento in questo senso è stata la distillazione di alcune bottiglie di sidro di mele avanzate da un acquisto un po’ eccessivo – per usare un eufemismo – di ritorno da un viaggio in Bretagna: il piano era vedere se mi sarebbe riuscito di distillare qualcosa di vagamente simile al calvados, cosa che con mia enorme sorpresa è successa.
Sull’onda dell’entusiasmo ho iniziato a informarmi su qual è il processo produttivo degli altri distillati in generale, e il gin è quello che mi ha colpito subito, perché mi è sembrato quello che lascia più spazio in assoluto alla creatività. Da qui in poi è stata “solo” questione di capire come trasformare un’idea in qualcosa di concreto, e ci sono voluti nientemeno che due anni.
Perché avete deciso di puntare su questo settore?
Principalmente per passione: non vengo da una famiglia di distillatori né di bevitori – io stesso sono un buon bevitore, ma non un grande bevitore. Semplicemente ho puntato tutte le mie fiches sulla casella della passione, e devo dire sono stato incredibilmente fortunato nello scoprire solo dopo che il gin era ed è tutt’ora il distillato col più forte trend di crescita ormai da diversi anni.
Peraltro il settore delle micro distillerie artigianali quando abbiamo aperto era composto da noi e da altre sole tre aziende più o meno di pari dimensioni o leggermente più grandi, se si esclude l’Alto Adige, dove la situazione è piuttosto diversa. Addirittura l’ufficiale della Dogana che ha seguito la nostra pratica in 30 anni di lavoro non aveva mai visto un alambicco, né di conseguenza gli era mai capitato di avviare una distilleria.
Una realtà “made in Brianza” che strizza l’occhio alle distillerie anglosassoni. Come si bilanciano questi due aspetti nel vostro lavoro?
Noi non siamo brianzoli di nascita, ma di adozione. L’idea di mettere un riconoscimento territoriale anche in etichetta nasce principalmente dal desiderio di esprimere in questo modo la nostra riconoscenza verso un territorio che ha permesso a questo progetto di nascere.
Made in Brianza è una filosofia che si declina in diversi modi: cerchiamo il più possibile di lavorare con aziende del territorio per quanto riguarda i nostri fornitori – cartoni ed etichette per il momento sono rispettivamente di Cassago Brianza e di Monza, ma anche il nostro fornitore di energia elettrica, che è Lifegate, ha la sua sede legale a Erba.
La parte anglosassone invece riguarda in primo luogo la tecnica: nel 95% dei casi i nostri gin sono London Dry nell’accezione più rigorosa del termine. In secondo luogo quello che mi ha sempre affascinato delle distilleria anglosassoni è il fatto che, molto spesso, rilasciano edizioni limitate utilizzando ingredienti locali, o magari in occasione di particolari eventi legati alla comunità in cui sono situate, ed è esattamente quello che cerchiamo di fare anche noi.
Quanto è importante la componente artigianale nel vostro lavoro?
Domanda complessa: “artigianale” non significa automaticamente che un prodotto è migliore rispetto ad uno industriale, ma sicuramente vuol dire che ha una componente che lo rendere diverso da tutti gli altri, una firma per così dire, e in questo senso credo che tutta la nostra linea abbia una componente di artigianalità fondamentale, perché c’è un filo conduttore che lega ogni prodotto a prescindere da quanto diversa possa essere una ricetta da un’altra.
Se la intendiamo nel senso “fatto a mano”, anche in questo caso la componente di artigianalità è ancora una volta fondamentale; credo che ogni bottiglia che esce dal nostro laboratorio passi per le mani mie o di mio fratello – il mio socio – almeno 8 o 9 volte. Anche il reperimento della materia prima è, almeno in parte, artigianale: le erbe degli ingredienti di Eugin Numero 7 sono coltivate da noi, gli agrumi sono comprati freschi, pelati e disidratati direttamente in laboratorio.
Ovviamente è artigianale ogni fase della distillazione: non abbiamo nessun ausilio tecnologico che possa correggere una ricetta al posto nostro, bisogna fisicamente stare per tutto il tempo vicino all’alambicco, controllare le temperature, i tempi.
Piccolo vezzo: le etichette delle edizioni stagionali sono compilate e firmate a mano ad una ad una. Ci sembra un bel modo per garantire che se diciamo che sono edizioni limitate vuol dire che lo sono a tutti gli effetti.
Vi definite “indipendenti”, non solo per la produzione ma anche per la responsabilità ambientale: per voi è un fattore determinante?
Assolutamente sì: oggi per noi è una scelta che viene percepita come un plus dal consumatore solo fino ad un certo punto, ma sono sicuro che nel giro di pochi anni diventerà un obbligo morale se non addirittura di legge per ogni azienda.
Concretamente, quello che abbiamo fatto in quest’ottica è aver cercato di curare ogni aspetto della produzione in cui fosse possibile ridurre l’impatto ambientale: in primo luogo il nostro alcool è ottenuto da grano tenero biologico. Ma soprattutto l’impegno è dal punto di vista energetico: ogni strumento in laboratorio funziona esclusivamente ad energia elettrica certificata da Lifegate Energy come proveniente da fonti rinnovabili italiane. Il progetto nel breve-medio termine è quello di diventare virtualmente autonomi in questo senso attraverso l’installazione di un impianto fotovoltaico con accumulatore, per non sprecare nemmeno un Watt di energia prodotta in modo sostenibile.
Quali sono i progetti di Eugin per il futuro?
Da un lato sicuramente aumentare la diffusione del nostro marchio e dei nostri prodotti: abbiamo adottato una strategia commerciale che prevede per la maggior parte dei casi il contatto diretto coi clienti, appoggiandoci a distributori solo laddove non ci è proprio fisicamente possibile arrivare, o comunque sarebbe molto difficile. Non è sicuramente la strada più agevole o veloce, ma crediamo che sia il modo migliore per comunicare al meglio i nostri prodotti.
Dall’altro lato e soprattutto lavorare ancora sulla ricerca della materia prima: c’è ancora ampio margine per aumentare la parte di ingredienti autoprodotti, alcune delle erbe crescono abbastanza agilmente, è solo questione di organizzare coltivazione e raccolta in tempi migliori di quelli che ci ha offerto questo 2020.
C’è poi un progetto, un po’ ambizioso forse, che partirà nel 2021: non voglio svelare troppo, ma rappresenterà il punto di unione tra possibilità dataci dal nostro alambicco di distillare lotti molto piccoli e unici e la serie quasi illimitata di ingredienti che è possibile utilizzare in un gin e combinabili in base all’estro del nostro Master Distiller.