Lo sport elettronico ha catturato l’attenzione di 6 milioni di italiani, ed il fenomeno è in crescita anche tra gli adulti fino a 55 anni. Dealogando ha intervistato Tommaso Maria Ricci, direttore generale di MCES Italia, multinazionale che integra l’eSport alla pratica sportiva tradizionale
In Italia sta crescendo un fenomeno digitale, che in altri paesi ha già conquistato ampio terreno. Si chiama Esport, abbreviazione di sport elettronico, e indica l’attività di giocare ai videogames a livello competitivo all’interno di tornei ed in ambito professionistico. Si stima che in Italia siano 6 milioni gli appassionati di Esport, e non si tratta solo di giovanissimi, perché si registrano giocatori adulti fino ai 55 anni. MCES è una multinazionale del settore che, dopo aver aperto con successo in altri paesi stranieri, sta scommettendo sul nostro paese con una formula innovativa, sia dal punto di vista del business che dell’intreccio con il tessuto sportivo tradizionale. Dealogando ha parlato del presente e futuro dell’Esport e di quali occasioni offrirà al mercato ed al mondo del lavoro con Tommaso Maria Ricci, direttore generale di MCES Italia.
Mces ha portato in Italia una formula del tutto innovativa: la pratica sportiva tradizionale affiancata a quella digitale dell’esport. Come funziona?
Siamo innovativi perché cerchiamo di lavorare sul territorio e aiutare società e associazioni sportive a crescere e a formare il proprio reparto di Esport. A differenza di altre team italiani, che formano i talenti e li affittano alle società di calcio, noi puntiamo a far creare alle associazioni sportive un settore interno che formi a sua volta dei giocatori. Parliamo quindi di una sorta di academy: ciò permette a queste associazioni, che vivono in un mondo del calcio ancora “antico” e che sta facendo allontanare i ragazzi dai centri sportivi, di migliorare la comunicazione con loro. Il nostro obiettivo è quello di riportarli a frequentarli, utilizzando dei metodi innovativi.
L’Esport sta allargando i suoi confini anche in Italia. Secondo lei siamo solo all’inizio di questa espansione?
La nostra società è già presente negli Stati Uniti, in Francia e Nord Africa e sicuramente siamo in Italia perché abbiamo visto un mercato ancora giovane ed in crescita. Rispetto alla Francia, i budget di investimento dei primi anni sono inferiori, ma sta crescendo l’interesse. Siamo in una fase neonata del mercato, ma prevediamo che entro due anni questo possa essere maturo e dare frutti a livello economico e occupazionale.
Che tipo di professionalità sono richieste?
Dai coach “esportivi” ai mental coach fino ai gestori delle varie sale che saranno aperte sul territorio, ma anche creatori di contenuti online per il pubblico della piattaforma, tutte competenze molto importanti per i giovani. Anche un semplice giocatore può diventare un ottimo programmatore del futuro perché acquisisce delle competenze digitali utili anche nell’ingegneria informatica.
Quali sono gli step che Mces sta portando avanti per diversificare il suo business?
Abbiamo testato varie modalità. Siamo un’Academy, un Team Pro e organizziamo tornei: ne abbiamo organizzato uno fra i più grandi proprio qui in Italia, l’Atleta Legue, con 15mila iscritti. Siamo anche dei consulenti per tutte quelle società che intendono entrare in questo mondo.
Avete realizzato un’Academy per allenare i migliori talenti. Ce ne vuole parlare?
Ne apriremo diverse in tutta Italia, puntiamo ad averne 40 fisiche e 100 online; abbiamo curato la divisione Esport della Romulea, una delle società sportive più antiche di Roma, dove i ragazzi hanno un piano sia Esportivo che sportivo. Chi indosserà la maglia della Romulea per competere nelle gare nazionali ed internazionali, dovrà giocare con computer o Playstation seguito dai nostri coach, ma dovrà anche allenarsi con un preparatore atletico della Romulea, seguire un’alimentazione sana ed avere buoni voti a scuola. L’obiettivo è portare la dimensione degli Esport, che in Italia è ancora un giungla, vicino a quello dello sport, un modello già validato e vincente.
C’è interesse da parte dei club di calcio più importanti ad investire nell’Esport?
Si molti club hanno già investito, come Milan ed Inter che hanno delegato delle società di Esport ad affittare i loro giocatori. Ma ci sono tutti i presupposti affinché le grandi squadre di Serie A aprano la propria sezione internamente, per sviluppare figure che curino il settore senza appoggiarsi all’esterno.