La pandemia ha visto cambiare le nostre vite e le nostre abitudini, e anche la routine scolastica degli studenti è stata stravolta con l’introduzione della didattica a distanza. Una realtà che però interessa tutti se pensiamo che la loro formazione è la base su cui poggia il futuro della nostra società. Un’indagine del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli psicologi mostra la sofferenza degli allievi per la mancanza delle lezioni in presenza: dalla ricerca emerge che oltre 6 ragazzi su 10 fra i 14 e i 19 anni tengono “molto” alla didattica in presenza, e il 54% ne soffre “molto” la mancanza.
I giovani associano la scuola a socialità, crescita e confronto, mentre le lezioni a distanza a fatica, stress e noia. La scuola d’altronde non è solo trasmissione di contenuti e informazioni ma un luogo di relazioni e di socialità e ai ragazzi non manca lo spazio fisico, ma lo spazio psicologico fondamentale per il loro percorso di crescita. Per Stefano Vicari, responsabile di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza dell’ospedale Bambino Gesù, gli studenti subiranno l’onda lunga di questa situazione anche oltre l’emergenza.
Tra le sintomatologie riscontrate da ottobre sono aumentati i problemi di sonno, ansia e irritabilità, che in alcuni casi è sfociata in aggressività verso i genitori e sé stessi. La DaD però ha anche dei risvolti positivi e potrebbe essere destinata a restare e ad integrarsi con la didattica in presenza. Abbiamo intervistato la professoressa Arianna Farina e il professor Alessandro Gorla – docenti del Quasar Institute for Advanced Design, scuola di formazione e ricerca che dal 1987 propone corsi triennali post-diploma, master e corsi brevi di specializzazione nei settori del design, dell’architettura, della grafica e dell’animazione 3D – e abbiamo cercato di analizzare gli aspetti positivi e negativi della didattica a distanza.
La DaD, come ogni metodo didattico complesso e articolato, non si improvvisa. I principi legati all’apprendimento digitale seguono le loro regole e la lezione in DaD, così come esami e verifiche, deve avere dinamiche diverse da quella in presenza. Quali sono i cambiamenti indispensabili da fare?
A. F. : La fine improvvisa e imprevista della didattica tradizionale è stata disorientante, difficile e spesso insoddisfacente. Ma già il 9 marzo, immediatamente dopo il primo lockdown nazionale, eravamo pronti con una lecture aperta a tutti i nostri studenti sul tema della comunicazione efficace a cura della Direttrice Didattica Quasar, la Prof.ssa Alessia Vitali. Dopo soli sette giorni dalla chiusura invece abbiamo spostato e riorganizzato l’intero calendario delle attività didattiche online. Ora, dopo alcuni mesi, molte letture, altrettanta pratica e momenti di formazione con le “istruzioni per l’uso” dedicate a docenti e studenti, stiamo familiarizzando con un nuovo tipo di didattica policomunicativa e con una formazione ad ampio spettro, provando a cogliere le infinite potenzialità̀ della DaD.
Ormai è chiara la differenza tra modalità di insegnamento tradizionali e la DaD e per fare della DaD uno strumento valido di formazione, è necessario distinguere nettamente le due sfere. I problemi maggiori nascono proprio dal voler ricalcare i modelli consolidati di didattica in presenza e riproporli nella nuova veste on-line senza alcun tipo di ragionamento critico e metodologico. In questa fase bisognerebbe invece sfruttare tutte le potenzialità e le caratteristiche del digitale e integrarle con i modelli di interazione e di formazione di stampo tradizionale. Vi è inoltre la necessità di istituire nuove forme di dialogo tra docente e discente e diverse modalità di interazione che rendano meno alienante l’attività̀ formativa online.
La sfida coinvolge entrambe le parti: tenere alta la partecipazione in questo inedito processo di apprendimento, attuando tutte le strategie comunicative a disposizione e, ovviamente, dotandosi dell’ausilio dei supporti multimediali, così familiari agli studenti e ai nostri in modo particolare.
A. G. : Tutti i membri dell’Università erano già avvezzi a metodologie di insegnamento a distanza, ma credo mai in una maniera così massiccia e totalizzante. Ci stiamo ancora tutti interrogando e adattando ai nuovi format didattici, ma non credo siano ancora ben definite le possibilità e potenzialità dello strumento digitale: siamo di fronte ad un cambiamento epocale e i nuovi strumenti si andranno a sovrapporre – e non a sostituire – a quelli tradizionali.
I nostri studenti fanno parte di una generazione che ha permesso loro di immergersi in una grande quantità di input fin da piccoli, ma questo flusso di informazioni va controllato e selezionato e noi dobbiamo aiutarli proprio a far questo, oltre che a sviluppare una visione critica.
Nel contesto della dad è essenziale porre la dovuta attenzione alla sicurezza e alla protezione dei dati personali e alla tutela della privacy di tutti gli attori coinvolti nelle attività. Quali i rischi maggiori e le misure da adottare in tale direzione?
A. G. : Per quello che ci riguarda, le procedure messe in atto dal nostro Ufficio Tecnico garantiscono un buon livello di privacy. Si può accedere alla piattaforma e dunque alle lezioni, alle lecture e alle ulteriori attività formative di Quasar esclusivamente con le credenziali di accesso dell’Istituto. Solo chi è iscritto può ricevere l’account e fruire dell’offerta formativa online, il che tutela la privacy sia degli studenti che dei docenti e degli ospiti esterni.
La didattica a distanza sarà temporanea o avrà vita lunga e si integrerà con quella in presenza?
A. F. : In un primo momento si è trattato di un’emergenza e quel tipo di didattica sostitutiva on-line sta già vedendo la sua fine. Oggi, dopo mesi di sperimentazione e di osservazione, siamo più consapevoli delle potenzialità e dei limiti della DaD: le forme ibride o quelle blended, ormai in uso in molti atenei e soprattutto in istituti come il nostro, stanno dando maggiori risultati in termini di partecipazione attiva e di qualità dell’offerta formativa.
Ciò che resterà sarà quindi una didattica integrata basata sull’implementazione degli strumenti digitali ma anche sul ritorno nei luoghi di aggregazione dedicati. Il tornare in presenza non rappresenta solamente una riconquista di spazi fisici ma anche di quei sentimenti di appartenenza e di comunità fondamentali per gli studenti e per la loro crescita emotiva e professionale. Queste nuove modalità didattiche ci hanno inoltre condotto a sviluppare nuovi settori dedicati all’e-learning, un valore aggiunto che credo e spero resterà e proseguirà anche dopo la fine dell’emergenza.
A. G. : Per come la vedo io la situazione dovuta alla pandemia ha accelerato esponenzialmente un processo di cambiamento già in atto. Personalmente non credo che la DaD sia un fenomeno temporaneo, che continuerà ad esistere anche nel post Covid ma anche che andrà ad integrarsi alla didattica canonica. O almeno è quello che mi auguro, soprattutto perché non conosciamo ancora gli effetti e le ripercussioni a lungo termine che la prolungata immersione digitale e l’isolamento fisico porteranno a livello psicologico e sociale, sia per quanto riguarda studenti che professori.
Sicuramente l’esperienza porterà ad un maggiore adattamento, ma non sono poche le occasioni nelle quali alcuni studenti mi hanno chiesto un colloquio personale al fine di esteriorizzare le loro preoccupazioni e le difficoltà operative e psicologiche che stanno riscontrando. L’incontro fisico e la condivisione di esperienze tra pari età è fondamentale per chiunque, sia che avvenga nelle aule che al di fuori dell’istituto.
La DaD ha insegnato ai ragazzi che di fronte alle difficoltà bisogna reinventarsi, nonostante gli aspetti negativi: cosa di buono ha portato questa nuova realtà?
A. F. : Per tutta la comunità Quasar rappresenta una grande occasione di sperimentazione, ricerca e apprendimento: penso allo scambio con i colleghi delle nostre università partner che stanno affrontando con noi e come noi questa sfida, penso agli studenti, ai fuori sede, ai diversamente abili, agli studenti stranieri. Non vogliamo che diventi una limitazione da subire, ma l’occasione per nuove forme di apertura. Ad esempio, nel Workshop annuale di Quasar, che si terrà a febbraio, è stata data la possibilità agli studenti delle università partner all’estero di prendere parte all’evento, che sarà interamente online, e stiamo programmando nuove occasioni di interazione con paesi e territori.
Un altro aspetto interessante riguarda una didattica che riorganizza il rapporto tra voce narrante e supporti multimediali favorendo un uso integrato di diversi linguaggi. Una metodologia che può senz’altro aiutare gli studenti nei momenti – previsti e studiati – di calo di attenzione e che fornisce una nuova chiave di partecipazione attiva alla lezione.
A. G. : Credo che la maggior parte degli studenti attuali si trovi a proprio agio dietro allo schermo. Certo è che non tutti gli studenti hanno le stesse capacità di resilienza, per questo si rende necessario da parte nostra uno sforzo maggiore al fine di capire le loro esigenze e difficoltà. Le dinamiche digitali alle quali sono avvezzi li hanno abituati a saltare da un argomento all’altro in maniera rapida e poco approfondita, tendendo a prestare attenzione verso l’interlocutore per pochissimo tempo. Questo può essere l’aspetto negativo, ma se si riesce ad accrescere la loro coscienza critica al fine di aiutarli e orientarli nel reperimento delle informazioni, le possibilità che la tecnologia ci offre sono davvero importanti.
Se, come detto in precedenza, la DaD non verrà utilizzata come strumento esclusivo ma sarà affiancata alle metodologie tradizionali, potrà davvero arricchire i percorsi didattici. Ad esempio, da quando è stato tutto (o parzialmente) digitalizzato, ho avuto la possibilità di rendere le classi delle “iperaule” connesse con il mondo, invitando a partecipare in remoto ed in tempo reale ospiti esterni e addetti ai lavori di modo da allargare l’esperienza didattica oltre le pareti della scuola e senza predisporre budget e inutili perdite di tempo dovute agli spostamenti.
Per la formazione degli studenti del Quasar, oltre alla base teorica, vengono affiancate una costante attività pratico-progettuale e concrete esperienze di prototipazione in laboratorio. Come siete riusciti a declinare le varie attività in forma digitale?
A. G. : Di sicuro il cambiamento ha riguardato maggiormente quei corsi pratico-laboratoriali nei quali la presenza fisica è considerata fondamentale. Mentre per i corsi teorici può eventualmente bastare un adattamento del materiale da condividere e un riassetto del proprio approccio didattico, in un laboratorio progettuale le cose si fanno più complicate. Nella progettazione di uno spazio o di un prodotto, ad un certo punto si rende necessaria l’entrata in gioco dell’interazione fisica uomo/spazio/oggetto.
Personalmente, per ovviare a questa problematica, ho proposto delle esercitazioni progettuali nelle quali ogni studente potesse sperimentare e produrre anche tra le proprie mura domestiche. In questo momento in cui l’isolamento domestico si è allentato, abbiamo provveduto a organizzare degli incontri su prenotazione presso il laboratorio di fabbricazione digitale di Quasar Institute nei quali, dopo una fase autonoma di definizione e modellazione dei progetti, i nostri studenti, coadiuvati dallo staff del Quasar lab, possono sviluppare e realizzare i prototipi.
Forse potrebbe bastare trovare un buon tutorial per capire come prototipare un oggetto, le informazioni in rete non mancano, ma in presenza l’esperienza diventa immersiva, unica e personale e per questo la si ricorderà per sempre; un video generico, seppur utile ad imparare i processi, rimarrà un’esperienza digitale tra le migliaia vissute e perciò destinata a non sedimentarsi nella memoria.