Guerra, materie prime, aumenti, incentivi assenti: il “caro libro” spinge le famiglie verso l’usato, che piace anche perché rispettoso dell’ambiente. E la didattica è sempre più digitale. L’intervista a Carlotta Sanzogni delle librerie Libraccio
L’inizio della lettera ai cari libri che accompagnano le nostre vite oggi va inteso proprio come “rincaro”. In certi momenti scanditi dall’anno scolastico, fuori dalle librerie, si formano code di studenti e genitori con gli zaini pieni di volumi. Provano a vendere quelli usati che non servono più per poi comprare i prossimi e risparmiare qualcosa. L’aumento dei costi e il ricorso al second hand sono sempre due punti fermi della scuola e della lettura, biblioteche incluse.
I libri infatti non sono esenti dal caro prezzi generale, anzi, lo subiscono mentre l’inflazione sale sulla scia della guerra ucraina e della pandemia. Intanto, nonostante tutto, la didattica si rinnova e i volumi diventano sempre multimediali e dotati di qr code, ma purtroppo gli incentivi latitano. “L’usato è cresciuto del +6% tra il 2022 e il 2023: piace a tutti, anche perché è sostenibile”, spiega Carlotta Sanzogni, responsabile social e PR delle librerie Libraccio, appassionata lettrice.
A proposito di caro libro, quanto è aumentato il costo negli ultimi tempi? Qual è la tendenza?
Il costo dei libri cresce di pari passo con l’inflazione: siamo arrivati a quasi un 8% di incremento. Nell’ultimo anno inoltre c’è stato il tema della guerra, dell’approvvigionamento di carta e dell’aumento del suo costo. La cosa che cerchiamo di fare come Libraccio è essere quanto più di supporto a studenti e famiglie, mettendo in campo la compravendita di testi usati, che è stato il core business dell’azienda dal ’79 quando è nata proprio dai mercatini dell’usato di libri scolastici. Adesso vendiamo anche i nuovi e la letteratura varia.
Alla luce del caro libro, quanto spendono gli italiani e le famiglie per la lettura e la scuola?
È più facile fornire dati sulla scuola, perché alla fine è una spesa “obbligata”: si parla sempre di centinaia di euro, quindi di un qualcosa che incide in maniera importante sui bilanci, soprattutto di alcune famiglie. Si tratta di una spesa tra i 400 e i 500 euro a studente, che però ovviamente ha delle variabili a seconda del corso di studi. Soprattutto noi sappiamo che quando si comincia un nuovo corso di studi, questa spesa aumenta ancora, per esempio in occasione di una quarta ginnasio o una prima media dove si arriva proprio a dover acquistare tutti i testi.
Accanto a questo c’è l’acquisto del corredo scolastico in sé, non ci si ferma ai libri. Noi cerchiamo di mettere in campo una linea di cartoleria a prezzi accessibili perché ci siamo accorti che anche questa è una spesa importante. Alle famiglie viene richiesta cartoleria e cartotecnica perché i ragazzi possano studiare.
Quali sono i numeri o le tendenze relative ai libri usati? Chi li sceglie e perché?
Ci sono stati diversi cambiamenti negli anni. Negli ultimi 12 mesi c’è stato un aumento della richiesta di usato del 6% rispetto ai nostri clienti. Abbiamo misurato in maniera precisa questa crescita perché, nel momento in cui qualcuno arriva in libreria con la lista dei testi, noi chiediamo se li vuole nuovi oppure usati, sempre se ci sono. In effetti questo è un ricordo abbastanza condiviso, trasversalmente.
Misuriamo inoltre in modo un po’ più empirico un cambiamento di atteggiamento nei confronti del libro usato: se prima soprattutto quello di scuola era visto come un oggetto di serie B, qualcosa di rovinato già passato dalle mani di qualcun altro, adesso – forse per la crescente sensibilità rispetto alle tematiche ambientali – invece viene visto diversamente; piace proprio per la sostenibilità, economica ed ecologica. Non si spreca carta e si rimette in circolo un oggetto che potrebbe avere ancora una vita. Così si è allargato alle persone che magari non hanno nemmeno una diretta necessità di utilizzarlo e di fare economia.
Quali sono i maggiori incentivi istituzionali per l’acquisto di libri e per la scuola? Sono efficaci contro il caro libro?
Allora diciamo che ci sono ma sono ancora limitati. La famosa APP18 prima competeva a tutti i ragazzi nell’anno del compimento 18 anni, adesso è stata ridimensionata in base al reddito. Ci sono poi delle doti scuola che supportano le famiglie nell’acquisto dei libri, però sono regionali: ci sono in Piemonte, Lombardia e Lazio. Quindi le iniziative non sono a livello nazionale e questo è un tema da affrontare di sicuro: l’istruzione dovrebbe essere accessibile a tutti, ma comunque richiede un investimento da parte delle famiglie.
Caro libro a parte, a che punto siamo in Italia con i testi multimediali e con i qr code da inquadrare con il telefono? Le scuole e gli studenti li usano? Funzionano?
Di sicuro c’è stato un incremento nella presenza della tecnologia. Dopo i CD vissuti dalle generazioni precedenti, oggi ci sono appunto i qr code che rendono accessibili velocemente gli approfondimenti agli studenti che li inquadrano con una fotocamera qualsiasi e riescono ad atterrare su pagine web ad hoc. Certo è che adesso molti dei ragazzi sono abituati a utilizzare lavagne elettroniche e tablet, a studiare anche a casa su supporti diversi. Hanno dovuto fronteggiare la pandemia e quindi incrementare il loro utilizzo di mezzi digitali per lo studio anche proprio a livello di didattica.
Ma forse quello che ancora dev’essere integrato è l’affrontare il tema tecnologico in classe, quindi essere educati a utilizzare questi strumenti e a farne un uso sicuro, per esempio a conoscerne i pericoli e a valutare la veridicità di una fonte. Forse quelle che per noi erano le ricerche un tempo, adesso hanno anche questo tema sul tavolo. Inoltre i ragazzi dovrebbero trovarsi ad affrontare certe tematiche, ma soprattutto dovrebbero essere formati in questo senso gli stessi professori che molto spesso non sono abituati dall’inizio della loro carriera all’utilizzo di queste modalità didattiche.
La Svezia sta pensando di usare meno tecnologia e più libri nelle scuole. È vero che l’eccessiva digitalizzazione dell’insegnamento rischia di abbassare i livelli di alfabetizzazione?
Penso che ci sia un dibattito aperto sulla questione: sono affermazioni che presentano un fondamento scientifico e dei dati. Quindi bisogna interrogarsi su questo. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità ha dato indicazioni in tal senso invitando a genitori ed educatori a non somministrare le tecnologie per un tempo troppo prolungato ai ragazzi e ai bambini. Quindi evidentemente c’è un tema di utilizzo responsabile di queste tecnologie che però ovviamente ormai non possono essere escluse dalla nostra quotidianità, ne fanno parte al 100%. Nelle nostre survey fatte poco tempo fa, alla quale hanno risposto 400 persone, abbiamo stranamente misurato una preferenza per lo studio sui supporti cartacei. Forse è per il rapporto materiale col testo e il fatto di poter scrivere gli appunti, forse perché la lettura su un supporto cartaceo è più agevole, in un certo senso, e permette di memorizzare i contenuti.
Probabilmente bisognerebbe capire come integrare queste due parti, di modo che possano essere una l’approfondimento dell’altra e anche una il potenziamento dell’altra, nel senso che se io utilizzo la tecnologia per approfondire un testo cartaceo in un attimo posso avere informazioni aggiuntive da un piccolo spunto. È un dibattito sicuramente aperto, in questo momento aspettiamo le evidenze scientifiche per capire che direzione prendere. Noi di sicuro vediamo che il cartaceo rimane ad ora lo strumento preferito dagli studenti.