La moda made in Italy non è solo lusso e anche il fast fashion nostrano si è guadagnato un posto d’onore tra le maison di abbigliamento di successo, soprattutto in questa fase di crisi e cambiamento. Dealogando ha intervistato Berniero Scarpa, Ceo di Nuna Lie, catena di abbigliamento femminile nata in Italia e che oggi conta più di 120 negozi tra Belpaese, Svizzera e Spagna. L’azienda, racconta Scarpa, punta moltissimo su welfare aziendale e innovazione.

La filiera della moda in Italia rappresenta l’8,5% del fatturato, con un giro di affari di oltre 80 miliardi. Il settore, che negli anni ha registrato una costante crescita, non è stato risparmiato dalla crisi dovuta alla diffusione del Coronavirus. Nel 2020 la pandemia ha comportato una flessione del 26% rispetto al 2019, pari a una perdita di oltre 25 miliardi. A evidenziarlo uno studio di Confindustria Moda che, guardando al futuro, immagina una ripartenza a partire dal 2021 con un raggiungimento dei livelli pre-crisi previsto nel corso del 2022.

A dare i primi segnali di ripresa sono stati i vari big del fast fashion globale e i loro punti di forza consistono in velocità di produzione e di reazione ai trend insieme a un’ottima integrazione fra online e offline. L’emergenza sanitaria ci ha costretto a rivoluzionare in fretta le nostre abitudini e così, anche il comparto moda, da sempre specchio della nostra quotidianità, ha dovuto reinventarsi. Nei negozi sono comparse tute e felpe e gli abiti da sera hanno lasciato spazio ai vestiti casual. Ma se questo cambio è risultato difficile, se non impossibile, per le grandi firme del lusso, è stato più facile e naturale, invece, per i brand del fast fashion, che propongono una moda a prezzi modesti e in continua fabbricazione ed evoluzione. Dealogando ha intervistato Berniero Scarpa, Ceo di Nuna Lie, una catena di abbigliamento fast fashion prodotta in Italia, per conoscere da vicino i meccanismi della filiera corta del nostro paese e riflettere sulla condizione di incertezza economica del settore.

 

Una catena di abbigliamento fast fashion prodotta in Italia è una novità per il nostro paese. Come nasce Nuna Lie? Vettori e ispirazioni alla base di questa storia di successo? 

Berniero ScarpaNuna Lie nasce nel 2003 come marchio di accessori e abbigliamento da donna con sede a Monterotondo (Roma). La nostra catena si inserisce in un mercato, quello del fashion retail, inedito nella moda italiana. Il fashion Made in Italy è sempre stato famoso nel mondo per quanto riguarda i grandi marchi del lusso e la nostra innovazione è stata quella di lanciare collezioni e prodotti di qualità a prezzi competitivi. Siamo arrivati ad avere oltre 120 punti vendita monomarca in Italia, siamo presenti anche in Svizzera e Spagna e contiamo di aprire sempre più store in Europa. Gran parte della nostra forza si basa sulla creatività e il rinnovo costante delle collezioni è il nostro valore aggiunto.

La sua industria è molto impegnata sul fronte dell’occupazione femminile: quali le principali politiche di welfare aziendale che avete adottato?

Nuna lie è un’azienda al femminile e infatti più del 90% dei nostri dipendenti è donna. Il nostro piano di welfare prevede incentivi al personale, diversi benefits per il supporto alle famiglie e una continua attenzione alla formazione dei dipendenti attraverso corsi e incontri con consulenti esterni. Un altro aspetto che caratterizza ogni negozio Nuna Lie è l’esperienza di shopping che offriamo alle nostre consumatrici; le commesse, infatti, svolgono un ruolo fondamentale di assistenza alla vendita. Guidano la cliente alla scelta del miglior capo e accessorio, fanno consulenze di stile, studiano le forme del corpo, sono delle professioniste dell’armocromia ed esperte di tendenze. Il nostro personale diventa così un punto di riferimento per coloro che acquistano da noi e la componente umana è uno dei motivi del nostro successo.

 

Che tipo di investimenti nel campo della ricerca e dell’innovazione sono stati fatti e quali contate di fare nei prossimi anni?

Il nostro ufficio merchandising ha collaborato con il Dipartimento di Informatica dell’Università di Verona e abbiamo sostenuto una ricerca per sviluppare un software capace di localizzare i prodotti nello store. In questo modo siamo riusciti a migliorare l’organizzazione logistica e, attraverso l’intelligenza artificiale, abbiamo poi dato vita a un canale omnichannel per le clienti. Con questo metodo il sistema memorizza le preferenze di stile e di acquisto, rendendo l’esperienza di shopping sempre più su misura. Inoltre le clienti che non trovano un capo nello store di fiducia, possono acquistare online e ritirare successivamente in negozio.

 

Il fast fashion viene generalmente, ed erroneamente, considerato inconciliabile con il concetto di sostenibilità: qual è il vostro programma a riguardo e quale la vostra posizione?

La nostra attenzione al tema è massima e, nonostante produciamo più di 900 articoli a stagione, siamo molto attenti ad evitare gli sprechi. La ricerca svolta con il Dipartimento dell’Università di Verona ha permesso di ottimizzare l’organizzazione logistica, smaltendo le rimanenze nelle sedi dedicate all’attività sale. C’è grande impegno volto alla riduzione delle emissioni nocive causate dalla produzione e cerchiamo sempre di utilizzare materiali sostenibili e made in Italy, tranne alcuni che, per motivi logistici, dobbiamo prendere in Cina. C’è poi da dire che Nuna Lie produce in Italia e, se pensiamo a quanto acquistiamo nelle grandi catene di fast fashion internazionali e quanto inquinamento è legato al trasferimento di capi da luoghi lontani verso l’Italia, ci renderemo conto che produrre e vendere nello stesso paese comporta ovviamente meno emissioni.

 

La pandemia da Covid19 ha provocato una crisi in moltissimi settori, tra cui quello della moda: che impatto ha avuto sulla vostra azienda e come vi siete reinventati di fronte al nuovo stile di vita che il lockdown ha comportato?

La crisi ha sicuramente colpito il comparto moda e anche noi abbiamo accusato il momento di difficoltà. Il fatturato di questo periodo, infatti, non è paragonabile a quello degli scorsi anni e le chiusure hanno gravato molto sulla situazione e le persone, non potendo uscire di casa, facevano molti meno acquisti. Abbiamo notato che quando i negozi sono aperti le vendite restano stabili, in quanto la gente ha voglia di comprare abiti ed è anche questo un modo per tornare alla normalità. Soprattutto per le donne lo shopping è qualcosa che va al di là del semplice acquisto, è un’esperienza che amano nella sua essenza e nella sua simbologia. Quello che ci ha penalizzato di più è la mancata vendita di abiti da cerimonia, una voce per noi molto importante che, vista la situazione, ha registrato un brutale stop. Sicuramente poi abbiamo messo in commercio sempre più abbigliamento casual, felpe e intimo, tutte tipologie di capi al momento molto richieste.

A cosa si ispirano i capi della nuova collezione primavera estate 2021?

Alla primavera, ai colori, ai fiori e a tutto ciò che possiamo definire leggerezza, che è qualcosa di cui si ha molto bisogno in questo momento storico. È importante per noi che gli abiti rispecchino questo forte desiderio di tornare alla normalità.