Esiste una ricetta perfetta per una start-up di successo? No, ma ci sono caratteristiche che possono far gola agli investitori. Parola di Lorenzo Castelli e Marcello Tedeschi di Alchimia Spa

Un ponte tra l’Italia e il mercato internazionale. Questa è l’idea alla base di Alchimia Spa, una investment company italiana che opera in tutto il mondo nel settore del Venture Capital.

Grazie al suo team giovane e dinamico, Alchimia investe in società ad elevato potenziale, offrendo capitale e risorse strategiche. Con un portfolio di 18 partecipazioni, al momento è tra le compagnie di maggior rilievo del settore del VC.

Abbiamo intervistato Lorenzo Castelli, Co-Founder e Portfolio Manager, e Marcello Tedeschi, Head of Strategy & Business Development, che ci hanno parlato di Alchimia e del mercato del Venture Capital, fornendoci un punto di vista molto interessante sulla situazione attuale e le sfide che le start-up devono affrontare.

Qual è la storia di Alchimia? Perché avete deciso di puntare su questo progetto?

Alchimia nasce nel 2016 su iniziativa di Paolo Barletta, CEO del Gruppo Barletta, spinto dall’idea di creare un veicolo di investimento attivo nel mercato del venture capital che ragionasse con dinamiche imprenditoriali e un forte approccio hands-on a supporto del portafoglio – racconta Lorenzo Castelli, Co-Founder e Portfolio Manager di Alchimia.

L’idea di Paolo, che aveva già in precedenza investito, in qualità di Business Angels, in casi di successo nel VC, è quella di costruire una società che offra opportunità strategiche alle start-up in crescita, rovesciando il tradizionale approccio del venture capital italiano, operando come una società internazionale con sedi in Italia e come un ponte tra il mercato estero del VC e quello italiano. Con questa idea, si circonda di un team di professionisti e struttura la società con l’obiettivo di raccogliere capitali e ampliare il portafoglio con opportunità italiane ed internazionali.

Insieme ad un terzo co-founder (i.e. Alessio Vinciguerra) abbiamo supportato Paolo Barletta nella creazione di Alchimia e nella costruzione del team, delle competenze, dei processi di analisi e del network, necessari al fine di posizionare il veicolo nel mercato del venture capital a livello internazionale.

Il 2019 è stato un anno fondamentale per Alchimia, la famiglia Bulgari tramite Annabel Holding decide di investire 10 milioni di euro nella società al fine di ampliare il portafoglio e il team. Nel 2020, Alchimia amplia il team d’investimento con l’intento di raddoppiare le società in portafoglio nei prossimi 18/24 mesi. Vengono inserite nel team nuove figure tutte under 35 e con una forte esperienza internazionale nel VC e nell’Investments Banking. Sotto la guida di Paolo Barletta entrano a far parte della squadra Marcello Tedeschi con il ruolo di Head of Strategy & Business Development, Diletta Livi con il ruolo di Investments Manager insieme a quattro nuovi Analyst. Oggi la società conta 18 partecipazioni di cui 15 all’estero tra Israele, US, Dubai ed Europa e 3 in Italia.

 

 

Vi muovete tra il mercato italiano e quello internazionale. Quali sono, a vostro avviso, i punti di forza del mercato italiano? E quali invece i limiti?

L’idea iniziale di Alchimia era quella di posizionarsi come un ponte tra il mercato internazionale del VC e l’Italia e viceversa. Ovvero, eravamo convinti che si potesse creare valore investendo in società italiane che avessero un mercato globale e in società internazionali che avessero bisogno di un partner credibile e ben connesso in Italia. Il tempo ci ha dato conferma che tale approccio era corretto, di fatti molte delle nostre società di portafoglio, grazie al supporto di Alchimia, hanno iniziato a mettere piede in Italia e le società italiane hanno potuto espandersi a livello internazionale in modo concreto.

Il mercato del VC ha bisogno di collaborazione tra gli attori e di creare un sistema meno frammentato e più solido e credibile, che possa attrarre investitori e start-up internazionali che oggi faticano a penetrare il mercato a causa della mancanza di partner e di co-investitori. È di fondamentale importanza fare education sugli imprenditori, al fine di riuscire tutti a parlare la lingua del VC per capirne le dinamiche e rispettarne i tempi e i criteri.

In Italia c’è ancora molto lavoro da fare nel mondo del Venture Capital, considerato il tessuto di corporate di eccellenza che ci caratterizza, rispetto ad altri paesi (dal fashion al food, dall’ingegneria all’aerospazio) che potrebbero essere un canale di exit o di crescita per molte start-up.

L’Italia è inoltre ricca di idee di rilievo e di importante rilevanza scientifica e tecnologica e per definizione gli italiani sono un popolo di innovatori, il problema è l’execution e la visione di lungo periodo nonché la mancanza di capacità imprenditoriali e manageriali. Ci sono i capitali, ma ci sono ancora poche idee che trovano la loro messa a terra da parte di founders che hanno una vera vena imprenditoriale e capacità manageriali.

Alchimia vanta un portfolio estremamente diversificato. Quali sono i settori su cui avete puntato maggiormente e perché?

Abbiamo un approccio diversificato nella ricerca degli investimentiaggiunge Marcello Tedeschi, Head of Strategy & Business Development di Alchimia. Non abbiamo un verticale preciso ma cerchiamo società che portino una trasformazione di processo o di prodotto all’interno di un settore. Ad oggi abbiamo sicuramente puntato in maniera significativa al healthcare per questioni di resilienza al mercato, al trasporto per le innovazioni necessarie nelle infrastrutture e ai business services che reputiamo siano al centro di una trasformazione sulle metodologie di lavoro e di processo.

Ci sono delle caratteristiche “ideali” che deve avere una start up realmente innovativa?

Non esiste la ricetta perfetta ma certamente esistono alcuni elementi caratterizzanti: componente tecnologica, chiara identificazione della problematica da migliorare o risolvere, ampiezza del mercato e scalabilità del prodotto o della soluzione.

Quali sono, invece, gli elementi vincenti per presentare al meglio una start up?

Dovendo identificare due elementi direi la professionalità del team e la chiarezza nella presentazione. Spiegare in maniera professionale e chiara la problematica, la soluzione, la strategia di approccio al mercato e il modello di business, costruiscono gli elementi fondanti per attirare l’interesse del mercato e degli investitori.

Quanto l’emergenza sanitaria ha cambiato il panorama del venture capital? E quali saranno, secondo voi, i prossimi passi da intraprendere?

La grande disponibilità di liquidità presente oggi sul mercato, unitamente alle performances superiori registrate dalle società con una elevata componente tecnologica e innovativa durante il periodo della pandemia, hanno sicuramente posto un accento sul venture capital sia a livello globale che nel piccolo nel mercato italiano. Queste due componenti, unite alle misure intraprese a livello centrale, hanno accelerato la creazione di fondi di investimento dedicato e aumentato l’attenzione del mondo pubblico sul settore ma non rappresentano che un passo necessario ma non sufficiente per la creazione di ecosistema di livello.

Dal nostro punto di vista – continua Marcello Tedeschimanca la capacità di attirare competenze più che risorse, di promuovere la collaborazione tra soggetti operanti nel mercato e la facilitazione dei rapporti tra le nostri grandi aziende con il mondo delle start up. Da ultimo solamente con investimenti significativi su educazione e ricerca possiamo immaginare un futuro con società nascenti di rilievo e portata internazionale. Forse, volendo identificare una nota positiva della pandemia è stata l’emergere della necessità di competenze mediche, gestionali, di ricerca e di nuove strutture organizzative al passo con i tempi, ma soprattutto – conclude Lorenzo Castelli – la pandemia ha dato un boost alla digitalizzazione in ogni mercato.