«Tutte le nostre e i nostri corrieri in bici sono assunti con contratto subordinato e attiviamo corsi di formazione sul codice della strada e le norme di sicurezza da adottare, sulla manutenzione della bici, corsi di italiano per stranieri, ma anche sulle competenze trasversali e relazionali» Teresa De Martin è co-fondatrice di So.De, il social-delivery sostenibile che contrattualizza in modo equo i suoi rider, valorizza prodotti etici e locali e rispetta l’ambiente consegnando in bicicletta o in cargo.
Il mercato della delivery oggi in Italia vale 1,8 miliardi di euro e raggiunge ormai il 71% della popolazione italiana, lo ha riportato The European House-Ambrosetti in occasione del 7° forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage” di Bormio, tenutosi a giugno di quest’anno.
Di recente il ministero del Lavoro spagnolo ha multato Glovo, la società di consegne a domicilio, per 57 milioni di euro perché oltre settemila fattorini che si occupano delle consegne, lavoravano senza essere in regola a Madrid. Quello dei contratti per i platform workers, il 3% dei lavoratori italiani, è un problema che va avanti da tempo. Il tipo di inquadramento di un rider può influire sulla sua sicurezza in strada: se si ha un contratto autonomo, per esempio, e si guadagna in base al numero di consegne, è probabile che per guadagnare di più, il lavoratore autonomo andrà più veloce, a differenza di chi ha un contratto subordinato e non guadagna in base al numero delle consegne, ma in base ai turni fatti.
Dell’importanza di un servizio di delivery che sia sostenibile per le persone e per l’ambiente, ce ne parla Teresa De Martin, Co-fondatrice di So.De.
Come e quando nasce l’idea di dare vita a So.De?
L’idea di So.De nasce quando, durante il primo lockdown, quando l’Associazione Rob De Matt coinvolse oltre 80 volontari per la raccolta di cibo e la distribuzione di pasti caldi alle famiglie bisognose. Queste prime consegne solidali a domicilio, insieme alle condizioni di lavoro dei rider, che durante la pandemia sono diventate sempre più difficili, ci spinsero a immaginare un servizio di consegna di quartiere “diverso”, con un imprinting sociale.
Con questa idea abbiamo vinto il bando Crowdfunding Civico del Comune di Milano. La campagna di raccolta fondi ha coinvolto 550 donatori e donatrici che hanno creduto nel progetto, aiutandoci a superare l’obiettivo di raccolta che ci eravamo prefissati.
Che anno è stato il 2021?
Il 2021 è stato l’anno della sperimentazione: abbiamo lavorato sul modello di sostenibilità del progetto, sui contratti, sulla logistica, abbiamo fatto ricerca rispetto a modelli alternativi esistenti, abbiamo cominciato con le prime assunzioni e le prime consegne. Dato l’interesse delle aziende e dei media, ci siamo resi conto fin da subito di aver intercettato un bisogno reale sul mercato, ovvero quello di consegnare prodotti in modo etico e a basso impatto ambientale.
Oggi l’Impresa ha dieci dipendenti, altrettante cargo colorate e tre hub logistici: in questo modo, riusciamo a coprire la città di Milano e a gestire le consegne dell’ultimo miglio in modo funzionale da nord a sud.
Quali sono i progetti sociali che avete realizzato? Ne avete in mente altri per il futuro?
In questi anni abbiamo attivato diverse collaborazioni con aziende e enti del terzo settore, spaziando dalla consegna degli abiti della Sartoria San Vittore con Cooperativa Alice alla consegna di libri a bambini e bambine delle scuole di Milano con Kriptonite e Giunti, fino alla ciclofficina aperta per i giovani delle periferie di Milano con Itinerari Paralleli.
Più recentemente stiamo collaborando al progetto Solidando, promosso da Associazione IBVA insieme al Comune di Milano, Fondazione Cariplo e grazie al sostegno di Assolombarda e del Politecnico. Solidando è il primo social market di Milano: un vero e proprio supermercato con casse, scaffali e carrelli, dove le famiglie in difficoltà possono fare la spesa gratuitamente, secondo i propri desideri, bisogni e soprattutto con la dignità di veri clienti. Il nostro ruolo è quello di recuperare con le bici cargo i prodotti che i supermercati butterebbero via e portarli presso i social market.
Crediamo nelle potenzialità della bicicletta come un mezzo sostenibile che possa rendere la nostra città un luogo più vivibile e accogliente. Abbiamo anche ospitato diversi laboratori di ciclomeccanica e ne abbiamo in programma altri per promuovere una mobilità a basso impatto ambientale. Immaginiamo dunque i nostri hub non solo come snodo logistico, ma come spazi di comunità e di promozione di uno stile di vita rispettoso delle persone e dell’ambiente.
Sul sito si legge che attivate “percorsi di inclusione lavorativa per persone con storie di emarginazione o fragilità”, in cosa consistono? Volete raccontare qualche esperienza a riguardo?
Attiviamo percorsi di inclusione sociale e percorsi personalizzati di inserimento lavorativo per disoccupati e persone con storie di fragilità (come rifugiati, richiedenti asilo, persone con disabilità) che costituiscono una parte fondamentale dell’organico del progetto (almeno il 30%).
Tutte le nostre e i nostri corrieri in bici sono assunti con contratto subordinato e attiviamo corsi di formazione sul codice della strada e le norme di sicurezza da adottare, sulla manutenzione della bici, corsi di italiano per stranieri, ma anche sulle competenze trasversali e relazionali.
Il nostro obiettivo è aiutare le persone ad acquisire nuove competenze spendibili nel mondo del lavoro e rafforzare quelle già esistenti, così che possano esprimere il proprio potenziale e sentirsi valorizzate.
Tra le più grandi soddisfazioni c’è quella di vedere persone provenienti da percorsi di forte marginalità sentirsi parte di un gruppo di lavoro, imparare velocemente l’italiano per poter comunicare con i colleghi/colleghe durante i momenti di riposo e apprendere l’utilizzo di strumenti tecnologici, oltre a condividere alcune passioni extralavorative.
Quali sono le difficoltà più grandi che avete incontrato?
La sfida più grande è stata immaginare e portare avanti qualcosa che non c’era, un modello nuovo: fare innovazione significa anche questo, provare a decostruire i modelli esistenti e a costruirne di nuovi.
È essenziale comprendere le leggi e operare nel rispetto delle normative, ma altrettanto importante è sapersi muovere all’interno di queste introducendo elementi innovativi. Siamo in un percorso di apprendimento e formazione costante.
Cosa significa per voi “consumo consapevole” e quanto pensate sia importante il commercio di prossimità?
Il cambiamento parte anche da noi e ogni scelta pesa. È parte del cambiamento riuscire a orientare i propri acquisti considerando non solo il prezzo, ma soprattutto gli effetti sociali e di impatto ambientale di tutta la filiera, dal primo all’ultimo miglio.
Il commercio di prossimità permette a piccoli artigiani e imprese di poter continuare a crescere ed esistere, oltre a ciò, permette di creare e rafforzare il tessuto sociale dei quartieri e della città. In Italia diventa inoltre necessario, visto l’alto numero di piccole e medie imprese, in qualche modo favorire il commercio di prossimità salvaguarda anche il nostro patrimonio culturale e la ricchezza di saperi artigiani del Paese.
Perché avete scelto Milano come città in cui offrire i vostri servizi? Avete intenzione di allargarvi ad altre città?
A Milano ci siamo un po’ tutti ritrovati: chi si era trasferito per studio, chi per lavoro e chi ci è nato. È una città che consente di crescere, offre tante opportunità ed è un terreno fertile per poter sviluppare le proprie idee. Speriamo nel futuro di promuovere il modello So.De in altre città. Ci sono anche molte realtà in Europa che condividono i nostri valori e con cui sarebbe bello stringere collaborazioni in futuro.
Con quali realtà collaborate?
Collaboriamo con aziende che scelgono di consegnare i propri prodotti in modo etico e sostenibile, dalle medie e grandi realtà commerciali come IKEA e Artemest, passando per le piccole botteghe di prossimità, associazioni e negozi di quartiere come Terre di Mezzo, Cooperativa Alice, Carpe Diem, Ernesto Shop, IBVA, Mare culturale urbano, Opella, RitaRita, Schenck, Solferini Milano, Zeropercento, Scamamu, Fatto da Yo!, Fondazione Diritti Umani e Care Cappelli.
Con le associazioni del territorio collaboriamo nell’organizzare laboratori e workshop per la cittadinanza che promuovano una mobilità sostenibile. Abbiamo anche sponsor tecnici che hanno voluto credere nel progetto e ci hanno donato equipaggiamento, divise e dispositivi utili per attraversare la città in sicurezza, tra questi: Rossignoli, Banale, Bragoon, Fatto da Yo! E Rob de Matt.