“Un trend in fortissima ascesa con rendimenti sicuri in periodi medio-brevi”. Gianluca De Simone, founder di Recrowd, parla del boom del crowdfunding immobiliare e della sua piattaforma di investimento

In un momento storico di incertezza economica, l’innovativo sistema del crowdfunding immobiliare si sta rivelando una soluzione apprezzata da diversi investitori. Il procedimento è semplice: soggetti privati investono in un immobile, finanziando un progetto della società immobiliare che lo ha proposto e diventandone quindi creditori senza assumersi il rischio di impresa, ottenendo una remunerazione una volta che l’immobile viene messo a reddito o rivenduto.

Nel 2020 il crowdfuding immobiliare ha raccolto oltre 65 milioni di euro nel nostro paese con 40 mila investitori, contro i soli 2000 del 2017: una tendenza in crescita in cui Recrowd, piattaforma di investimenti digitale fondata nel 2019, intende affermarsi come “disintermediario” tra investitori e società immobiliari. Abbiamo intervistato Gianluca De Simone, founder di Recrowd, per conoscere meglio un universo di cui, siamo certi, nei prossimi anni sentiremo sempre più parlare.

 

Quali sono i trend attuali nel crowdfunding immobiliare?

Gianluca De Simone

Il crowdfunding immobiliare è in fortissima ascesa, principalmente per l’asset che viene finanziato: la popolazione italiana comprende e gradisce maggiormente gli investimenti nell’immobiliare rispetto a quelli, ad esempio, in startup.

Inoltre, l’attività delle piattaforme immobiliari si concentra in gran parte a Milano e in Lombardia, regione in cui il mercato immobiliare sta vivendo un’importante evoluzione, e molti trovano interessanti i ritorni possibili in un orizzonte temporale medio-breve, solitamente dai 12 ai 18 mesi, con exit tra l’8% e il 12%.

 

Chi è l’investitore medio nel crowdfunding immobiliare oggi?

Principalmente investitori e risparmiatori che, prima di questa nuova crisi, disinvestivano parzialmente dalla borsa per ricorrere al crowdfunding immobiliare come investimento più sicuro, una sorta di copertura.

La possibilità di accesso anche con piccole cifre (a partire da 250 euro) ha aperto le porte anche agli investitori retail, che spesso si affacciavano al mondo delle criptovalute e hanno trovato nel crowdfunding immobiliare un modo di investire più sicuro di altri.

 

Quanti investimenti avete ospitato, e qual è la media dell’interesse in questo tipo di progetto, a seconda del tipo di durata?

In tre anni, attraverso Recrowd sono stati finanziati oltre 35 milioni di euro per 90 progetti, 20 mila investitori e un ticket medio di 4 mila euro. Le aziende immobiliari ripetono spesso la modalità del crowdfunding – come se accedessero a un mutuo – per sviluppare e fare leva sul capitale, portando avanti più progetti immobiliari contemporaneamente, cosa che la banca non sempre permette di fare. 

 

Sulla piattaforma vengono mostrati progetti in tutta Italia. Cosa c’è di interessante in questo momento in città oltre Milano? C’è un mercato anche in periferie e nelle zone di provincia?

Ci sono sempre micro-mercati interessanti, che però solitamente non vengono scovati perché ci sono pochi operatori. Tuttavia, con l’accesso al crowdfunding si riescono a sviluppare progetti stimolanti anche a piccole cifre, magari 100 mila euro.
I progetti contribuiscono anche alla riqualificazione del territorio. A Milano sono stati portati avanti progetti di riconversione industriale in residenziale, e lo stesso è avvenuto anche in altre realtà minori, ad esempio Civitanova Marche, dove sono stati riconvertiti edifici in palazzine, sviluppando 5-10 appartamenti che riqualificano in maniera importante il territorio.

 

Come viene trattata la plusvalenza generata a livello fiscale?

La plusvalenza generata con il crowdfunding non ha una tassazione di riferimento specifica: il lending crowdfunding vive un po’ in un limbo. 

È vicino all’attività di intermediario finanziario, ma non è riconosciuto come tale. I “trattamenti” possibili per la plusvalenza sono diversi: il più comune è quello per le criptovalute, e cioè dichiarare il 26% della plusvalenza e portare quest’ultima in dichiarazione, rientrando quindi nello scaglione IRPEF di riferimento in base al reddito.

 

Quali sono, e quali sono state, le sfide di questo progetto?

Sin dall’inizio la sfida è stata far capire l’affidabilità e allo stesso tempo i rischi connessi a questa nuova modalità di finanziamento/investimento, nonché presentare correttamente un’azienda e un progetto immobiliare, solitamente abbastanza lontani da piattaforme digitali.

È importante anche comunicare le opportunità di questo strumento: poter investire da piccole cifre, poter trovare operazioni immobiliari che senza le giuste conoscenze non si sarebbe in grado di finanziare, spiegando al tempo stesso anche i rischi.

 

Quali sono i rischi connessi a questo tipo di investimenti? 

Un’azienda potrebbe avere bisogno di più tempo per vendere alcune unità immobiliari finanziate di quel progetto, il quale potrebbe quindi restituire i capitali e gli interessi in ritardo di 1 o 2 mesi. Tuttavia, in questo caso la piattaforma interviene inserendo una mora sul pagamento in ritardo degli interessi, che vengono comunque poi riconosciuti agli investitori.

 

Una domanda personale: cosa ti ha spinto a sviluppare Recrowd?

Non ho realizzato Recrowd da solo, si tratta di un’idea condivisa con i miei due soci, Simone Putignano e Massimo Traversi, nata dalla nostra esperienza nell’ambiente digitale/finanziario. 

Unendo le nostre esperienze, abbiamo capito che c’era la possibilità di decentralizzare l’attività bancaria e permettere agli investitori retail, a prestatori e finanziatori di fare quello che faceva – e fa tuttora – la banca: prestare denaro con un tasso. 

 

Quali sono i vostri prossimi obiettivi?

Abbiamo iniziato l’attività nel 2019, subito dopo è cominciata la crisi pandemica e successivamente quella legata alla guerra, non abbiamo mai vissuto una situazione di “tranquillità”.

Però abbiamo avuto testimonianza del fatto che questo strumento permette di aiutare concretamente le imprese del territorio italiano, con investimenti in economia reale. 

Nei mercati finanziari tradizionali c’è una certa distanza dall’oggetto in cui si investe: qui è possibile capire nel dettaglio in quale azienda si sta investendo. Gli obiettivi sono consolidare l’attività in Italia e confrontarsi con dei player europei che stanno iniziando ad allargarsi nel mercato. 

 

Nel 2021 è entrato un veicolo finanziario. Che contributo ha portato?

Esperia Investor, il veicolo di investimenti e terzo maggior azionista del gruppo Gabetti, ha acquisito il 40% della società con l’obiettivo di migliorare ancora di più il prodotto. Tutte le analisi sugli immobili che vengono presentati sono analizzate in accordo con due società del gruppo che si occupano di due diligence per i fondi immobiliari e le banche.

Abbiamo quindi esattamente lo stesso controllo di un partner istituzionale, e raggiungere questo risultato dopo meno di tre anni dall’inizio ci rende molto orgogliosi.

 

Anche tu hai investito nei progetti di Recrowd?

Ho investito fin dal primo progetto che abbiamo realizzato, per un totale di quasi 100 mila euro nel corso di due anni e mezzo – concretamente circa 30 mila euro l’anno che ho rigirato per quasi tre anni. Quindi sì, sono un investitore della piattaforma. Credo molto in quello che faccio, e per me questa rappresenta una valida alternativa agli investimenti tradizionali.

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