Avviare un business richiede impegno, dedizione e ambizione e, anche se non esiste la ricetta perfetta, ci sono una serie di passaggi obbligati per chi ha intenzione di far diventare una propria idea un’attività innovativa e che punti al successo. E se si parla d’innovazione, allora si parla soprattutto di startup: è proprio questa, infatti, la tipologia di impresa innovativa per eccellenza. Ma quali sono i requisiti per aprirla e gli step per metterla in piedi? Abbiamo realizzato una guida contenente tutti gli ingredienti per avviare una startup vincente, completa anche dei finanziamenti e delle agevolazioni previste per questo genere di attività.

Startup: da dove partire?

Il significato di startup è impresa emergente, quindi se l’intenzione è quella di avviarne una il primo consiglio è quello di puntare su uno dei settori emergenti e ad alta innovazione tecnologica. Oggi, in una società in cui la pandemia di Covid-19 ha impresso una forte accelerazione alla digitalizzazione di imprese e lavoratori e in cui la tecnologia è sempre più a loro supporto, un business vincente è quello che punta a fornire gli strumenti e i servizi più adatti a cavalcare questi cambiamenti, ad intercettare quelli che saranno i trend futuri o ad anticiparli.

Da qui ai prossimi 10 anni, ad esempio, tra i settori che andranno per la maggiore ci sono intelligenza artificiale, cyber security, e-commerce, comunicazione digitale ed ecosostenibilità ambientale. Inoltre, tanti business di successo sono nati grazie ad un’idea brillante di qualcuno che, molto “banalmente”, si è trovato di fronte ad un problema e ha cercato di risolverlo, risolvendolo di conseguenza ad un vasto pubblico.

Un altro passaggio, prioritario ed essenziale, è prendere consapevolezza delle proprie skills: chi vuole avviare un business, infatti, prima di iniziare un’indagine di mercato deve “indagare sé stesso”. Ognuno deve essere ben consapevole delle proprie skills e dei propri limiti e possibilità (anche e soprattutto economiche). Lo stesso tipo di indagine, poi, deve essere fatta sulla propria idea o progetto imprenditoriale ed è necessario essere onesti e concreti.

Solo successivamente è necessario analizzare il mercato di riferimento, i competitor di settore e stilare un business plan: si tratta di un documento che descrive il progetto imprenditoriale e che, proprio per questo, aiuta a chiarire e pianificare la propria idea di business. Al suo interno, infatti, ci sono obiettivi, strategie, vendite, marketing e previsioni finanziarie. In questo senso, il business plan è sia una guida strategica per l’imprenditore che un fondamentale documento da presentare a istituti finanziari o nuovi soci per la richiesta di finanziamenti. Questi ultimi, d’altronde, sono essenziali nella fase di avvio di una startup.

Molto importante è anche scegliere la giusta forma societaria per il proprio business: l’ordinamento italiano ne mette a disposizione un ampio ventaglio e come prima cosa bisogna scegliere tra società a scopo di lucro e senza scopo di lucro; poi, nel caso di più startupper/fondatori, la scelta deve essere fatta tra società di persone e società di capitali. Generalmente, al di là del settore, ci si orienta per la seconda opzione, dato che secondo la normativa la responsabilità dei soci di società di capitali è limitata alla partecipazione al capitale detenuta da ciascun socio. E, tra le società di capitali, le tipologie più utilizzate dagli startupper sono la Srl e la Srl semplificata, per via dei costi di gestione più contenuti.

I requisiti per aprire una startup

Quindi, come aprire una startup in Italia? Innanzitutto bisogna essere in possesso di determinati requisiti. Come anticipato, questi fanno innanzitutto riferimento all’elemento innovativo del business e alla sua componente tecnologica: l’innovazione, comunque, può riguardare sia il bene offerto che il metodo di produzione o di commercializzazione utilizzato. Esistono poi anche dei requisiti formali affinché un’iniziativa imprenditoriale possa essere definita come startup:

  1. l’attività non deve essere costituita da più di 60 mesi (5 anni);
  2. deve avere la sede fiscale in Italia o anche in uno degli Stati membri dell’Unione Europea, (purché vi sia una sede produttiva o una filiale italiana)
  3. dal secondo anno di attività, la produzione annua non deve superare i 5 milioni di euro;
  4. non aver mai distribuito utili;
  5. non deve essere il risultato di una fusione o scissione da un’altra società oppure nascere per cessione d’azienda (o di un suo ramo);
  6. le spese in ricerca e sviluppo devono rappresentare almeno il 15% del costo o del valore della produzione;
  7. la squadra di lavoro deve essere costituita per 1/3 da dottori di ricerca o dottorandi o da laureati da almeno 3 anni che svolgono attività di ricerca (in alternativa i due terzi dei soci o collaboratori devono possedere una laurea magistrale);
  8. l’impresa deve essere titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato o di un software registrato presso la SIAE.

Come aprire una startup in Italia: finanziamenti e agevolazioni

Non solo buone idee e forte convinzione: per aprire una startup sono necessarie delle risorse economiche che permettano ai giovani imprenditori di impostare il proprio business e, successivamente, di garantirgli una sopravvivenza di lungo periodo. Soprattutto nella fase iniziale i finanziamenti si rendono essenziali e sia a livello nazionale che europeo sono diversi gli incentivi e le iniziative al fine di sostenere startupper e giovani imprenditori.

Esistono comunque dei canali maggiormente utilizzati per “racimolare” il capitale iniziale o ottenere finanziamenti per sostenere la propria attività. Ecco i principali:

Crowdfunding

La sua popolarità è particolarmente cresciuta negli ultimi anni e consiste nella raccolta di fondi, per lo più tramite Internet, attraverso piccoli contributi di gruppi molto numerosi che condividono un medesimo interesse o un progetto comune oppure intendono sostenere un’idea innovativa. Per quanto riguarda le start up, il richiedente presenta il progetto di impresa sulla piattaforma: se la campagna ha successo, riceverà la somma richiesta.

Business Angel

Il business angel è un soggetto privato (manager, ex imprenditori, consulenti, professionisti, ecc) che decide di investire in un’impresa, start up, in cambio di capitale di rischio della stessa, diventandone socio.

Bootstrapping

Si riferisce all’uso di capitali propri per l’avvio di una startup, quindi tramite autofinanziamento.

Venture capital

Si tratta di un fondo creato appositamente da società di gestione del risparmio autorizzate ad investire in startup. Le banche, infatti, sono più restie a concedere finanziamenti, soprattutto nella fase di avvio di un business, la più rischiosa, quindi intervengono questi soggetti.

L’investitore venture capitalist entra nel capitale di rischio (con quote o azioni) di quella società e vi rimane sino alla scadenza del finanziamento o in caso di vendita della società ad altra compagnia.

Incubatore ed acceleratore di startup

In questi anni abbiamo assistito ad un loro proliferare: se gli incubatori sono dei “laboratori” dove strutture, servizi e competenze vengono messi a disposizione degli imprenditori al fine di aiutarli a sviluppare le idee di business e trasformarle in realtà sostenibili, gli acceleratori (business accelerator o seed accelerator) sono società che supportano lo sviluppo di altre società, e soprattutto le startup, attraverso programmi che includono servizi professionali e opportunità di finanziamento.

Prestiti bancari e finanziamenti pubblici

A supportare le startup e PMI innovative attraverso concessione di finanziamenti anche le banche, tramite il Fondo di garanzia per le PMI, Competition (competizioni organizzate da banche, fondazioni, aziende multinazionali, incubatori, fondi di investimento) o mutui per giovani imprese.

In ultimo, gli startupper hanno a disposizione anche diverse iniziative a livello pubblico, con soprattutto le Regioni che periodicamente pubblicano dei bandi per sostenere – con prestiti a tasso agevolato o contributi a fondo perduto – le nuove imprese e le start up.

Startup e partita Iva: come risparmiare con il regime forfettario

Chi vuole avviare un’attività è spesso scoraggiato dalle ingenti spese che si troverebbe ad affrontare, tra costi di gestione e tassazione. Esiste, però, per quanto riguarda le partite Iva, il regime forfettario startup: si tratta di un regime particolarmente agevolato, in quanto prevede un’unica aliquota al 5% per i primi cinque anni di attività.

Il regime forfettario, in generale, si rivolge alle piccole partite Iva, quindi a chi non ha un elevato volume d’affari e non supera una determinata soglia – 65mila euro – di ricavi e compensi attraverso le sue attività. Il regime forfettario startup, in particolare, ne è una versione ultra-agevolata poiché consente di abbassare la percentuale di tassazione sul reddito imponibile dal 15 al 5% mantenendo le stesse agevolazioni fiscali e burocratiche previste per il regime forfettario tradizionale (franchigia IVA, esonero dall’uso della e-fattura, contabilità semplificata).

Per poterne usufruire, però, è necessario essere in possesso di determinati requisiti. D’altronde esso nasce per agevolare la formazione di nuove attività d’impresa, arti o professioni e, per evitare abusi da parte di “furbetti”, sono stati introdotti determinati paletti.

Per poter beneficiare del regime forfettario startup:

  • non si deve aver esercitato, nel corso dei tre anni immediatamente precedenti all’apertura della nuova Partita Iva, attività artistica, professionale o d’impresa, neppure in forma familiare o associata
  • la nuova attività non può essere una mera prosecuzione di quella svolta in precedenza (eccezion fatta nel caso di attività di praticantato per quanto riguarda medici e avvocati)
  • limite per i redditi da lavoro dipendente pari a 30.000 euro
  • limite di spesa per i compensi di dipendenti/collaboratori pari a 20.000 euro
  • residenza in Italia, in uno dei Paesi Ue o in uno Stato che ha sancito accordi economici tali da consentire un adeguato scambio di informazioni (purché il 75% del reddito sia prodotto su territorio italiano)

Startup, i costi di avvio

Per quanto riguarda infine i costi di avvio di una startup, oggi è possibile usufruire della modalità online di registrazione, la quale permette di abbattere molte spese burocratiche. Grazie a questa modalità infatti – operativa dal luglio del 2016 – imprenditori innovativi possono costituire la propria startup secondo una modalità interamente digitalizzata, con il supporto tecnico della propria Camera di Commercio o in totale autonomia.

Ad averne usufruito, al 31 dicembre 2020, sono state ben 3.579 startup. Solo l’esenzione dall’atto notarile consente un risparmio medio sui costi d’avvio stimato in circa 2mila euro. Il risparmio, inoltre, è relativo anche ai tempi, che recentemente si sono ulteriormente dimezzati: se infatti in media una startup innovativa costituita online attendeva 41 giorni per ottenere l’iscrizione nella sezione speciale, nell’ultimo anno i tempi di attesa medi si sono ridotti a 27 giorni. È possibile eseguire l’intera procedura online nella sezione dedicata del portale Registro Imprese.

Tornando ai costi “obbligati” di avvio di una startup, questi variano in base alla forma di società scelta per registrare la startup. Se si sceglie di costituire una classica Srl, i costi medi vanno dai 2.155,87 ai 2.887,87 euro, mentre nel caso di una Srls la cifra si abbassa a 685,87 euro (dato che non è necessario l’intervento di un notaio). Le spese, infine, si riducono ulteriormente se la Srls viene registrata come “startup innovativa” (525,87 euro, in media).