È sempre più diffuso il second hand, la compravendita di abiti di seconda mano favorita anche dalla diffusione di applicazioni realizzate ad hoc. Esempi come Vinted o Wallapop hanno permesso a questo fenomeno di espandersi sempre più, ma quali sono le App da conoscere per il riciclo fashion?
Complice anche la generazione Z, il second hand è un fenomeno sempre più social, che piace soprattutto a chi vuole acquistare e vendere abiti di seconda mano per una moda sempre più sostenibile. Non è certo un mistero l’inquinamento causato dal fashion system, tra i più alti al mondo, ma mentre molti brand cercano di approcciarsi ad un lavoro ecosostenibile, i consumatori puntano anche al riciclo di quello che esiste già. E attenzione: il second hand non è necessariamente sinonimo di vintage. Spesso capita che, dopo le pulizie di Primavera oppure seguendo l’esempio di Marie Kondo, dal guardaroba fuoriescano indumenti di cui avevamo dimenticato l’esistenza. Cosa farne?
La risposta sta nelle app che hanno rilanciato il second hand trasformandolo in un fenomeno di tendenza, com’è accaduto con Vinted e Wallapop. Ed è soprattutto grazie al supporto online se, nel 2021, il valore economico di questo settore in Italia è schizzato a 24 miliardi di euro. Secondo l’ottava edizione dell’Osservatorio Second Hand Economy relativa al 2021, in Italia sono quasi 23 milioni le persone che hanno supportato l’economia circolare tramite il second hand. Circa il 66% ha indicato la compravendita di seconda mano come prima scelta, a dimostrazione del fatto che lo shopping può essere anche più consapevole.
Tutto è iniziato con Vestiaire Collective
Ricordate quando il second hand era un fenomeno legato prettamente a boutique d’antiquariato e mercatini dell’usato? Quella realtà ha subito un’evoluzione ed è riuscita a far breccia nei cuori della generazione Z con una versione 2.0 che sembra piacere tantissimo. Ed è questo il segreto alla base del successo raggiunto da realtà imprenditoriali come Vinted, app che hanno rispolverato il fascino dell’usato costruendovi su un impero. Ma tra le prime che hanno favorito questo settore spicca Vestiaire Collective, un’azienda francese nata nel 2009 con sede a Parigi che ha scelto di specializzarsi sulla vendita di prodotti di lusso di seconda mano. A differenza di altre realtà imprenditoriali, quest’azienda non è nata dall’idea di un singolo, ma è stata portata alla luce da un team affiatato composto da sei persone. L’idea era quella di offrire una piattaforma online, ben curata, dove poter vendere e acquistare capi e accessori di lusso di seconda mano, con garanzia di fiducia e sicurezza.
La rivoluzione fashion parte da qui. Il supporto offerto da Vestiaire Collective ha portato la startup a raggiungere conquiste importanti, come uno spazio alla Milano Fashion Week del 2019. In quell’occasione, l’azienda ha allestito un pop-up dove ha proposto una selezione di capi di seconda mano con importante rilevanza nella storia della moda. La chiave del successo è legata all’importanza data alla sostenibilità, un tema che sta particolarmente a cuore agli acquirenti del second hand e ancor di più a Vestiaire Collective, che lotta contro gli sprechi e la sovrapproduzione.
Prima di Vinted, in Italia si parlava di Depop
Acquistare capi e accessori second hand è frutto di una scelta, spesso anche dovuta alla sostenibilità. In Italia, l’app più gettonata per la vendita e l’acquisto di prodotti di seconda mano è sicuramente Vinted, ma non è l’unica. Seguendo il suo esempio, anche Wallapop ha raggiunto la sua fetta di mercato italiano. Il meccanismo, del resto, è molto simile. La merce esposta è rigorosamente di seconda mano, le transazioni sono facili e rapide e, dal punto di vista etico, si tutela di più il pianeta. Seguendo un modello di consumo più sostenibile, Wallapop promuove anche un’economia più efficiente, permettendo di guadagnare sbarazzandosi di ciò che non si usa più. Chi vuole vendere carica autonomamente l’annuncio in piattaforma e guadagna l’intera cifra. L’acquirente invece si fa carico della spedizione.
Eppure, tra le prime app ad aver puntato tutto sul second hand c’è Depop, oggi acquistata da Etsy a dimostrazione del fatto che l’industria dello shopping online è attirata sempre più dal fenomeno del second hand. Depop è nata nel 2011 grazie ad un’idea di Simon Beckerman, un imprenditore italo-britannico che ha coltivato la sua startup in Italia, in provincia di Treviso. In principio, l’idea di Depop era legata alla rivista PIG, per cui si presentava più come un social network dove poter acquistare capi e accessori presenti nella rivista. Una volta raggiunta la giusta popolarità, Depop è diventata una piattaforma del second hand dove poter acquistare capi vintage e condividere consigli di moda.
Le app da conoscere per acquisto e vendita del second hand
Sono diverse le realtà online che consentono con pochi click di acquistare abiti e accessori di seconda mano. Tra le meno conosciute da noi e un po’ di più in contesto internazionale vi è Farfetch, azienda fondata nel 2007 da José Neves per poi essere lanciata sul mercato un anno dopo. Si è presentata come un’e-commerce per boutique di lusso da ogni parte del mondo e, ad oggi, offre una vasta selezione tra brand e negozi di oltre 50 paesi. Anche in questo caso, gli accessori e i capi scelti puntano al luxury.
Amatissima dalle celebrità è TheRealReal, una piattaforma americana – fondata a San Francisco – che offre abbigliamento e accessori di lusso a prezzi interessanti. A differenziarla dalle altre app è il supporto White Gloves, che tradotto significa guanti bianchi, ovvero la figura di un esperto messa a disposizione del venditore che vuole sbarazzarsi di abiti e accessori in proprio possesso. Sarà quindi compito dell’esperto assegnare un valore alla merce.
Il second hand è anche Made in Italy
Eleonora e David invece hanno fondato Green Chic, una startup nata da un’esigenza. Quando sono diventati genitori, hanno realizzato che la vita media di un capo era di circa un mese, se non due. Cosa fare a quel punto? Regalare ad amici oppure conservare per altri bambini, se non finire nella pattumiera. Il loro problema è piuttosto comune e ha un impatto fortemente negativo sul pianeta, motivo per cui è nato Armadioverde, diventato poi Green Chic, un business sostenibile per ridare vita al guardaroba con una fonte di guadagno che non dispiace. Per Eleonora e David il nome è arrivato con semplicità:
“Essere green significa perseguire la sostenibilità, verso il pianeta e le persone. Essere chic per noi significa avere gusto, sentirsi bene con se stessi e con gli altri”.
Un altro e-commerce Made in Italy che punta al riciclo è Maimesso, un nome che non ha bisogno di spiegazioni. L’idea è nata da due amiche appassionate di shopping che hanno scelto di sbarazzarsi del superfluo. Come funziona? Su Maimesso si possono trovare capi nuovi con cartellino annesso oppure come nuovi a prezzi concorrenziali. “Risparmi tu e si risparmia l’ambiente”, recita il brand. E ultima, ma non per importanza, figlia del Made in Italy è Renoon, una nuova realtà digitale che, oltre ad offrire capi vintage e second hand, dispensa informazioni e consigli sulla moda sostenibile costruendo una community dal cuore green.