In tempo di pandemia e restrizioni, il Natale dei commercianti è sempre più difficoltoso. Dalla Francia arriva la petizione Natale senza Amazon, per boicottare il colosso del web e sostenere i piccoli negozianti. Ma è davvero la soluzione giusta per salvare la nostra economia?
Ormai non si parla d’altro che del Natale. “Nulla di nuovo” penseranno in molti, visto che manca pochissimo a una delle festività più amate al mondo. Ma quest’anno il dibattito non riguarda quanto spenderemo o quanti panettoni saranno prodotti per i nostri cenoni, ma se e come riusciremo ad affrontare le difficoltà (per lo più economiche) legate alla pandemia. E tra le tante discussioni e proteste, dalla Francia è arrivata anche la petizione Natale senza Amazon, che punta a dirottare gli acquisti dalle piattaforme di e-commerce ai piccoli negozi locali.
Cosa significherebbe per l’economia mondiale trascorrere questo Natale senza Amazon e le altre piattaforme di shopping online? La risposta non è così scontata come sembra, e anche gli addetti ai lavori si trovano in disaccordo su alcuni punti cruciali.
Abbiamo provato ad analizzare la questione, approfondendone alcuni aspetti e chiarendo dei punti che ad oggi apparivano ancora oscuri.
La petizione #NoëlSansAmazon
Partiamo dall’inizio… Nei giorni scorsi in Francia era partita la petizione #NoëlSansAmazon, Natale senza Amazon, in cui i sottoscrittori invitavano a non usare la piattaforma di Jeff Bezos per comprare i regali, privilegiando invece i negozi locali.
I negozi più piccoli stanno, infatti, lottando per competere con la grande distribuzione e i giganti online come Amazon, che hanno il permesso di operare e consegnare merci anche durante il lockdown. Con i negozi chiusi a causa delle restrizioni per il contenimento del contagio da Covid-19, il web ha di fatto il monopolio delle vendite.
Ma la sopravvivenza dei piccoli commercianti non è l’unico punto del documento, nel quale emergono anche preoccupazioni per le conseguenze economiche, occupazionali ed ambientali della presenza commerciale sempre più diffusa di Amazon.
L’azienda, dal canto suo, ha replicato ricordando di aver creato oltre 9mila posti di lavoro nel paese. Ma secondo il documento per ogni posto di lavoro creato da Amazon ne scompaiono almeno 2,6. Inoltre, si legge, Amazon sostiene di aiutare le piccole imprese locali favorendone le vendite ma le aziende francesi presenti sulla piattaforma sono appena il 4,7% del totale e il gruppo preleva una commissione del 15% su ogni vendita.
E infine c’è la solita questione fiscale che non riguarda solo la Francia ma tutti i paesi dove opera il colosso. In sostanza Amazon, come molte altre multinazionali, grazie ad operazioni infragruppo, riesce a spostare gran parte dei suoi profitti nei paesi con tasse bassissime o inesistenti.
A preoccupare i firmatari della petizione, dunque, non sono solo le difficoltà delle piccole e medie imprese su cui pesano le attuali restrizioni, ma soprattutto l’asimmetria fiscale esistente tra negozi fisici e piattaforme di e-commerce.
Intanto il Black Friday in Francia è stato rimandato
Il colosso dello shopping online prova, comunque, a trovare un punto di incontro e posticipa il Black Friday in Francia al prossimo 4 dicembre. La decisione è stata presa per permettere una graduale riapertura delle attività commerciali con le misure previste per far fronte alla pandemia di Covid-19.
È quanto ha dichiarato il direttore generale di Amazon France Frederic Duval alla televisione TF1, assecondando la richiesta del ministro delle Finanze Bruno Le Maire a posticipare il Venerdì Nero (che quest’anno va dal 27 al 29 novembre), per aiutare i negozi che vendono prodotti non essenziali chiusi per il lockdown.
Un Natale senza Amazon è davvero la soluzione?
Ma boicottare Amazon è davvero la soluzione per salvare l’economia e dare spazio alle piccole aziende?
Sulla questione Natale senza Amazon anche gli esperti si sono divisi. Perché, se da un lato la petizione ha messo in risalto problematiche molto importanti, legati allo strapotere dell’azienda di Jeff Bezos, è pur vero che le piattaforme di e-commerce rappresentano un’importante opportunità proprio per quelle piccole imprese che hanno maggiormente risentito delle restrizioni di quest’anno.
Basti pensare che su Amazon sono presenti 14.000 pmi italiane, che da giugno 2019 a maggio 2020 (compreso il periodo del primo lockdown) hanno registrato vendite per una media di oltre 75.000 euro ciascuna ed hanno venduto in media più di 100 prodotti al minuto. È quanto emerge dal Report 2020 sul successo delle piccole e medie Imprese italiane con Amazon.it, che evidenzia il valore aggiunto generato a favore dei partner indipendenti che utilizzano i suoi servizi. Insomma, per molte piccole e medie imprese della nostra penisola Amazon rappresenta lo strumento ideale per ampliare e diversificare il target, affrontando al meglio le sfide attraverso una strategia multicanale.
La soluzione più auspicabile potrebbe, quindi, prevedere una via di mezzo: un supporto ai piccoli negozianti da parte dei colossi del web. Non sorprende, infatti, che per moltissimi negozianti le piattaforme di vendita online rappresentino ancora uno strumento difficile da comprendere e utilizzare. Eppure, basta poco per trasformarli in un’opportunità e in una nuova fonte di guadagno.
È di questo avviso il presidente di NetComm Roberto Liscia, che in un’intervista a Adnkronos ha sottolineato il ruolo rilevante delle piattaforme nel facilitare le vendite dei piccoli operatori e le opportunità che i grandi eventi di shopping online rappresentano anche per le piccole e medie imprese. Non servono restrizioni sull’e-commerce, dunque, ma la messa a disposizione dei negozianti di corsi di formazione per trarne vantaggio.
Nel frattempo in Francia il gigante della grande distribuzione Intermarché ha praticamente sfidato Amazon e messo gratuitamente a disposizione la sua piattaforma di vendite on line alle piccole aziende colpite dalle chiusure dovute al lockdown.
Infine, per far fronte a quella che abbiamo definito asimmetria fiscale tra i negozi e i grandi nomi dell’e-commerce, più che di un boicottaggio di Amazon avremmo bisogno di maggiori controlli da parte delle istituzioni. Insomma, il cambiamento deve provenire dai governi più che dai consumatori, i quali devono essere sì informati ma non colpevolizzati. Il loro intervento può essere significativo, ma la vera soluzione dovrebbe arrivare dall’alto.