Nella dicotomia sogno-sicurezza a confronto chi vuole fare della propria passione un lavoro e chi persegue la stabilità

È meglio che la passione diventi un lavoro o cercare stabilità e occuparsi degli hobby nel tempo libero? La verità è che non esiste una risposta corretta e assoluta. Fare della propria passione un lavoro è forse oggi uno degli obiettivi principali di chi si affaccia al mondo del lavoro, causa anche dei social e delle storie raccontate da chi ce l’ha fatta. Con questa dicotomia sogno-sicurezza si dipingono e confrontano due tipologie diverse di persone.

C’è il Sognatore, le cui parole d’ordine sono creatività e libertà. Rischia pur di seguire il cuore per trovare la felicità e trasformare la propria passione in un lavoro.

Poi c’è il Realista, i cui cardini sono stabilità ed equilibrio. Preferisce la stabilità e coltiva le sue passioni nel tempo libero.

Ma come si diventa l’uno o l’altro? Sono tanti i fattori che impattano su questa “scelta-non-scelta”:

– il contesto economico-sociale;
– il supporto dato a chi fa una scelta diversa dal classico “lavoro d’ufficio”;
– le passioni, perché non tutte possono essere trasformate in un lavoro;
– l’età.

Su questo ultimo punto entra in gioco uno scontro generazionale già noto. Da un lato la Gen Z, tendenzialmente orientata a trovare e costruire un lavoro che rispecchi al massimo la persona, pur sacrificando un po’ di stabilità (e spesso criticata per questo), dall’altro i Millennials, tormentati dalla ricerca del “posto fisso” come retaggio generazionale dei loro genitori e al contempo dalla spinta verso le proprie aspirazioni.

Chi ha ragione? Nessuno, la ragione sta nell’equilibrio che ognuno trova tra passione e lavoro. E il tuo qual è?

Grazie a Newton e Giulio Xhaet per la collaborazione nella realizzazione del contenuto.

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