Punta di diamante del made in Italy e autori del 46% dell’export, i distretti della moda sono una peculiarità tutta italiana che unisce tradizione e innovazione

Il sistema moda italiano è tra le punte di diamante della nostra economia e si presenta con una struttura unica nel suo genere, che non ha eguali al mondo.

Il Made in Italy è nato negli anni Settanta come alternativa all’alta moda romana e all’haute couture parigina, e aveva lo scopo di “unire” l’artigianalità italiana con il pronto moda, un’idea di abbigliamento che era più vicina al grande pubblico e che si prestava a sostenere il susseguirsi sempre più veloce delle stagioni.

Ecco perché nel mondo il made in Italy è intrinsecamente legato al prêt-à-porter. Tradizionalmente Milano è la capitale della moda italiana e fa da sfondo alle sfilate di ready to wear, mentre l’alta moda nostrana – dapprima legata alla città di Roma – si è pian piano spostata a Parigi, anche se alcune presentazioni si svolgono in luoghi scelti dalle singole maison: ci sono Armani e Valentino che solitamente sfilano a Parigi, Dolce e Gabbana presenta le sue collezioni Alta Moda e Alta Sartoria in diverse città del mondo, mentre Fendi si muove tra la sua Roma e la capitale francese.

Per quanto riguarda la produzione, poi, la geografia della moda diventa ancora più articolata e coinvolge l’intera penisola, con una divisione netta di quelli che gli addetti ai lavori chiamano i distretti della moda.

Si parla di distretti per indicare quelle aree geografiche che sono tradizionalmente legate ad un tipo di produzione o lavorazione. Più precisamente un distretto industriale è composto dall’unione di persone, imprese, istituzioni e associazioni che operano su un territorio geograficamente limitato e all’interno del quale si è accumulato un patrimonio condiviso di valori e saperi. Insomma, i distretti della moda contano su variabili di natura produttiva ma anche culturale e istituzionale, che danno vita a economie esterne alle singole aziende ma interne al territorio.

Storicamente, questi distretti sono nati in seguito all’ampliamento del mercato e alla crescita di una domanda sempre più personalizzata, ed erano inizialmente legati alle comunità locali e a lavori artigianali altamente specializzati che si trasmettevano di padre in figlio.

In sintesi, i metodi di produzione standardizzata non riuscivano più a sostenere la domanda del mercato e la filiera produttiva fu riorganizzata con l’introduzione di distretti, le cui imprese presentavano dimensioni ottimali che permettevano una bassa standardizzazione, piccole ma importanti innovazioni e un notevole apporto creativo.

Con il passare del tempo tale divisione in distretti si è consolidata sempre più, tanto da essere riconosciuta e tutelata dalla legislazione italiana. Oggi il peso dei distretti sul totale dell’economia italiana è rilevante: le 215.000 aziende manifatturiere contano 2 milioni di addetti che realizzano il 27,2% del prodotto interno lordo italiano e il 46% delle esportazioni totali.

Infine, è importante ricordare che oltre il 45% dei distretti industriali italiani è legato al settore dell’abbigliamento.  L’osservatorio Nazionale dei distretti italiani individua, infatti, ben 36 distretti della moda, legati al settore abbigliamento e accessori moda: si passa dai tessuti alle calzature, dalla pelle ai ricami, dagli occhiali fino all’oro. L’intera produzione rappresenta il primo step per la creazione di quei prodotti che fanno grande il made in Italy e la nostra moda.

I prodotti dei distretti della moda

Se le Fashion Week sono la punta dell’iceberg, i distretti della moda sono la base nascosta su cui poggia il fashion system italiano. Tutte le regioni italiane, seppur in modi diversi tra loro, sono caratterizzate da una notevole ricchezza produttiva e creativa, che li rende terreno fertile per la tutela dell’artigianato e della tradizione, ma anche per l’innovazione.

Un felice punto di incontro che poi porta ad un tasso di esportazione straordinariamente alto. I distretti industriali della moda sono distribuiti lungo tutta la penisola, dalla Lombardia alla Puglia e ognuno di loro si distingue per una particolare produzione.

Tra i più conosciuti ricordiamo i distretti calzaturieri della Riviera del Brenta e quello di Fermo, quello dell’occhialeria di Belluno (tra i più performanti in tutta Italia), il distretto di pelletteria e calzature di Firenze (strettamente legato ai grandi nomi della moda italiana e internazionale). Pare evidente, dunque, che il sistema moda italiano non solo copre ogni settore della moda, ma lo fa in modo completo, partendo dalle materie prime, e ha radici su tutto il territorio nazionale.

L’export dei distretti italiani

Altra peculiarità dei nostri distretti sta nella loro vocazione all’export, che rappresenta un pilastro importante per l’economia ed è un trend in continua crescita. Nei nostri distretti della moda, infatti, vedono la luce prodotti destinati non solo alle aziende italiane, ma anche a quelle straniere.

I paesi verso cui esportiamo di più sono Svizzera, Francia e Germania, a cui seguono Regno Unito, USA e Spagna. Proprio i nostri cugini d’Oltralpe sono molto affezionati alla produzione made in Italy e le maison francesi contano tra i loro articoli di punta numerosi prodotti realizzati qui in Italia: basti pensare alle borse e agli occhiali Celine o alle celeberrime scarpe Chistian Louboutin.

Invece, il dato relativo alla Svizzera si può spiegare facilmente con la presenza di poli logistici di grandi gruppi della pelletteria e dell’oreficeria, che dall’Italia esportano in Svizzera per poi spedire in tutto il mondo.

L’export italiano della moda, nei primi nove mesi del 2019, ha toccato i 42 miliardi e registrato una crescita del 6% rispetto all’anno precedente. È quanto risulta da una ricerca realizzata da Promos Italia e dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. In particolare sono aumentate le esportazioni di abbigliamento (+7,6%) che superano i 14 miliardi, di borse (+12,8%) con 9,5 miliardi, di calzature (+5,4%) con 8 miliardi circa e di maglieria (+6,3%) con 2,7 miliardi.

Ma entriamo nel dettaglio e vediamo quali sono i distretti che esportano di più: Firenze cresce del 55,1% e si posiziona prima per l’export di calzature e pelletteria, mentre Milano, con un +7%, è il primo distretto italiano per esportazione nel settore abbigliamento.

Superano il miliardo di export anche Treviso, Prato, Reggio Emilia, Verona, Bologna, Piacenza, Biella e Como. Biella prima per fibre tessili, Prato per tessuti. Parlando di regioni, la Lombardia registra ben 10,4 miliardi di export e rappresenta un quarto del totale italiano. Supera i 10 miliardi anche la Toscana (+26%), mentre il Veneto è terzo con 8 miliardi.

Numeri importanti, che fanno ben sperare non solo per il continuo sviluppo della moda made in Italy, ma anche per le opportunità che questo settore può offrire.

I distretti infatti, lo ripetiamo, danno lavoro a circa 2 milioni di persone e costituiscono un ambiente interessante per nuovi investimenti. Infatti, nonostante si tratti di un fenomeno ormai consolidato, quello dei distretti della moda è un settore in continua espansione, aperto ai cambiamenti e alle novità.