Dopo Bologna le grandi e piccole città italiane riusciranno ad abbracciare il modello di “città 30”? L’iniziativa non limita solamente la velocità di circolazione delle automobili a 30 km/h, ma prevede più piste ciclabili e aree pedonali, nonché un vero e proprio cambio di mentalità – sottraendo spazio pubblico ai veicoli a motore, in favore dei pedoni e dei ciclisti

Di recente il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, ha annunciato l’avvio della fase preliminare di un più ampio progetto che, tra le altre cose, ha l’obiettivo – entro il 2024 – di estendere a quasi tutta la città il limite dei 30 chilometri orari. In questo modo il capoluogo emiliano-romagnolo diventerebbe la prima “grande-città 30” in Italia.

Quello di “città 30” è un modello di mobilità che non si limita ad abbassare la velocità delle automobili in circolazione; si tratta invece di un intervento più complesso, di natura infrastrutturale ma anche e soprattutto culturale, volto a migliorare la vita dei cittadini e a riqualificare l’ambiente urbano – con lo scopo di restituire lo spazio pubblico ai pedoni e ai ciclisti, sottraendolo ai veicoli a motore.

In questo modo, si riequilibra lo spazio urbano, riducendo le aree dedicate alle auto, in favore di piste ciclabili e marciapiedi più larghi, così da creare una città più vivibile per le persone che non si muovono in macchina. Ma non solo: con una “città 30” la sicurezza stradale aumenta, l’inquinamento cala, viene favorita l’economia di quartiere – con tutti i benefici per il vicinato – e il paesaggio urbano diventa esteticamente più bello. 

 

Le “città 30” in Italia e all’estero

Questo modello è relativamente nuovo in Italia – prima di Bologna aveva fatto da apripista, nel 1998, Cesena, che però ha meno di 100mila abitanti, seguita nel 2021 da Olbia (60mila abitanti). Mentre in diverse città del mondo – tra cui a Berlino, Helsinki, Edimburgo, Barcellona, Parigi e Toronto – la “città 30” ha già preso piede da tempo, i centri urbani italiani sono generalmente ancora molto lontani da questo concetto, che oltre a un abbassamento dello velocità di circolazione porta con sé una serie di interventi infrastrutturali e cambiamenti nella mentalità degli utenti della strada. In Italia circa l’80 per cento della strada, tra carreggiata e parcheggi, è dedicato alle automobili – che però si ritrovano per la maggior parte del tempo vuote e ferme, e anche quando sono in movimento spesso vengono usate per viaggi di pochi chilometri da un solo conducente.

Laddove è stato implementato, questo nuovo modello ha portato a ottimi risultati. Innanzitutto non ha comportato un allungamento dei tempi di percorrenza per gli automobilisti: al contrario, si è assistito a un decongestionamento del traffico. Inoltre con il passaggio a “città 30” calano gli incidenti stradali. A Bruxelles, ad esempio, solo nei primi sei mesi di sperimentazioni sono diminuiti di oltre 20 punti percentuali, e il numero di vittime di incidenti stradali si è dimezzato, così come i valori di inquinamento acustico; al tempo stesso la quantità di persone che si spostano in auto è passata dal 64 al 49 per cento nei primi 6 mesi del 2022, rispetto al semestre precedente. A Edimburgo, invece, il numero di incidenti è sceso di 40 punti percentuali, il numero di feriti di oltre 30 e le vittime di più di 20.

 

Le “città 30” rendono più sicure le strade

Nel 2021 in Italia sono rimaste ferite a causa di incidenti stradali oltre 200mila persone, e ne sono morte quasi 3mila – significa che hanno perso la vita in media 53 persone ogni milione di abitanti (in Europa la media è 46): l’Italia si posiziona ottava nella classifica Europa del numero di vittime stradali pro capite. Non stupisce, quindi, che solo nei primi quattro mesi di quest’anno nel nostro Paese siano stati investiti oltre 130 pedoni – più di uno al giorno.

Il tasso di motorizzazione italiano, inoltre, è tra i più alti in Europa: le auto in circolazione sono quasi 40 milioni, vale a dire 67 ogni 100 abitanti – 9 in più della Germania, 10 in più della Francia e 15 in più della Spagna. Questo ha ricadute dirette su come le persone vivono le strade: diversi studi hanno infatti dimostrato che un deterrente all’uso della bici e degli spostamenti a piedi è proprio la scarsa sicurezza stradale.

La “città 30” è invece una misura che punta a rendere più sicuro e democratico lo spazio urbano, grazie all’abbattimento delle barriere architettoniche, alla messa in sicurezza di strade e incroci, alle pedonalizzazioni, e alla riqualificazione dei marciapiedi, tra le altre cose. Nelle “città 30” le automobili, viaggiando più piano, hanno bisogno di meno spazio, perciò quest’ultimo può acquisire nuove funzioni, che arricchiscono l’ambiente urbano.

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