Sebbene le distorsioni sul mercato non manchino, l’aumento del prezzo del gas non riguarda soltanto la speculazione: ha a che fare con le complesse dinamiche che regolano domanda e offerta, e in questo panorama il funzionamento del mercato virtuale europeo del gas – il noto TTF – non aiuta
Ad agosto il prezzo del gas ha superato i 300 euro al megawattora, toccando livelli mai visti prima. I commentatori, per giustificare gli aumenti del costo della materia prima durante tutto l’anno, hanno chiamato in causa la speculazione dei mercati – dove gli investitori finanziari, con le loro operazioni orientate al profitto, avrebbero contribuito a tenere molto alte le quotazioni. Lo ha sostenuto il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, che ha definito «ingiustificato» l’aumento del prezzi e privo di concrete «motivazioni tecniche», arrivando a sostenere che «siamo in presenza di una colossale truffa».
Secondo il ministro uscente il prezzo del gas sarebbe oggetto di un «processo speculativo non connesso alla domanda e all’offerta». «L’Europa – dice Cingolani – ha perso 39 miliardi di metri cubi dalla Russia e li ha rimpiazzati con 45 miliardi di metri cubi. Quindi, essendoci più gas di prima, dovrebbe calare il prezzo». Anche Giorgia Meloni si è dichiarata contraria a compensare gli aumenti delle bollette «per regalare soldi alla speculazione». La questione, tuttavia, è più complessa: sebbene ci sia una componente speculativa nei rincari dell’energia, i dati ci mostrano che non è la causa principale.
Come funziona il mercato del gas
La maggior parte del gas che arriva in Europa si basa su contratti di fornitura che coprono il lungo periodo: chi produce il gas, in questo caso l’azienda russa Gazprom, si impegna a fornirne una data quantità, a un determinato prezzo e per un certo periodo di tempo al compratore (ad esempio l’italiana Eni), che poi lo rivende al dettaglio. In linea teorica, con questo modello le forniture dovrebbero essere garantite sul lungo termine e restare stabili. La compra-vendita di gas però può essere effettuata anche in un altro modo, che va a influenzare i contratti fissi di fornitura. Se ad esempio si necessita di aumentare rapidamente l’offerta oltre quanto si era previsto, i distributori possono rivolgersi ai mercati finanziari del gas, cioè hub virtuali dove acquistare la materia prima – quello di riferimento in Europa ha sede nei Paesi Bassi ed è il Title Transfer Facility (TTF).
Le quotazioni finanziarie del gas si formano esattamente sulla base delle aspettative degli operatori nel mercato: se si crede che potrà esserci scarsità del bene – in poche parole che la domanda superi l’offerta – il prezzo salirà, e viceversa. Inoltre non bisogna dimenticarsi che il gas è un bene fisico, e come tale viene prevista la consegna fisica: per sua natura quindi è fortemente ancorato alle dinamiche di domanda e offerta, e va concepito diversamente rispetto a un’azione o a un titolo di stato.
I rincari al prezzo del gas
La critica mossa da Cingolani è che gli aumenti del prezzo del gas non sarebbero giustificati da una carenza reale nelle riserve nazionali ed europee. Ma sebbene la maggior parte del gas che arriva in Europa e in Italia si basa effettivamente su contratti di fornitura di lungo periodo, quindi tutto sommato stabili, è il prezzo che viene determinato sugli hub virtuali del gas a fare da riferimento per l’intero mercato. Secondo l’Autorità italiana per l’energia, l’ARERA, tra il 70 e l’80 per cento dei contratti di fornitura ha un prezzo di importazione legato al TTF. A confronto degli altri hub virtuali presenti sul panorama internazionale, quello europeo è tutto sommato piccolo e perciò maggiormente soggetto a oscillazioni.
Negli attuali movimenti di prezzo del gas sono pressoché assenti i tipici segnali che di solito si assocerebbero alla speculazione: ad esempio, non si sono verificate, o quasi, grosse compravendite che spingono al rialzo i prezzi, con l’obiettivo di trarre profitto dall’operazione rivendendo il bene a prezzi più alti. Il prezzo del gas è aumentato per la forte crescita delle attività economiche dopo mesi di lockdown, e – sopratutto – per l’inizio dell’invasione russa in Ucraina. Il regime di Putin sta infatti sfruttando le forniture di gas all’Occidente come strumento di ritorsione in risposta alle sanzioni economiche, diminuendo o interrompendo i flussi. Più che di una deliberata speculazione finanziaria, è più corretto parlare di timori e incertezze da parte degli operatori per un’eventuale carenza di gas, che spingerebbero ulteriormente al rialzo i prezzi.
Come segnala un rapporto del centro studi di Intesa San Paolo, se si confronta la dinamica del prezzo del gas nel TTF con l’andamento delle posizioni non commerciali, quindi potenzialmente speculative, si nota come gli operatori non hanno incrementato gli acquisti all’aumentare dei prezzi. Al contrario, se la speculazione avesse avuto un ruolo rilevante ci sarebbe stato un numero crescente di transazioni da parte degli operatori finanziari.
I problemi del TTF e le proposte dell’Italia
Anche se non sono state le compravendite ad amplificare i rialzi, ma un’effettiva carenza della materia prima unita all’incertezza del periodo, il meccanismo europeo di formazione del prezzo del gas ha effettivamente causato problemi. Il TTF è per l’appunto un mercato relativamente piccolo, dove un numero limitato di scambi determina il prezzo della compravendita di gas per l’intero continente europeo. Questo provoca notevoli distorsioni ai prezzi: trattandosi di volumi relativamente ridotti, le oscillazioni dovute ai movimenti di pochi operatori possono essere molto ampie.
L’Italia ha quindi deciso di presentare una proposta per limitare queste oscillazioni così dannose. Il governo vorrebbe che il prezzo del gas sul TTF venisse determinato della media delle quotazioni negli altri hub virtuali presenti a livello internazionale. Inoltre, si sta valutando di imporre una fascia di prezzo entro cui confinare queste variazioni, così da contenere i rialzi e i ribassi eccessivi, ponendo in via definitiva dei paletti alla più consistente crisi energetica.
Anche la Commissione europea ha presentato la sua proposta per affrontare la crisi energetica. Il piano si basa su tre punti principali: verranno introdotti dei meccanismi di acquisto comune di gas, per sfruttare una maggiore capacità negoziale e ottenere prezzi più bassi; sarà attivata una gestione più solidale delle forniture, nel caso in cui alcuni stati membri si trovino a far fronte a un’improvvisa mancanza della materia prima; e infine entro Marzo 2023 verrà pensato un nuovo metodo per determinare il prezzo del gas sul TTF.
Il prezzo del gas sta scendendo
A fine Ottobre il prezzo del gas è sceso sotto i 100 euro al megawattora. Al di là delle oscillazioni di giornata, il costo del gas sta ormai diminuendo da mesi, tornando ai livelli di giugno, quando la Russia iniziò a destabilizzare il mercato tagliando le forniture. I motivi di questo calo sono diversi. L’autunno è per ora insolitamente mite, cosa che ha consentito di ritardare l’accensione dei riscaldamenti e ha diminuito la domanda; le aziende, poi, stanno iniziando a mettere in pratica politiche di razionamento, consumando molto meno. Un altro elemento è riconducibile al fatto che i Paesi europei hanno quasi tutti riempito i propri centri di stoccaggio di gas, per oltre il 90 per cento.
Tuttavia, è probabile che con l’arrivo dell’inverno le quotazioni torneranno a salire, perché l’andamento del prezzo del gas nell’ultimo periodo è stato guidato da una domanda insolitamente debole. Durante i mesi freddi è possibile che le riserve di gas vengano usate molto di più che in passato. L’Italia ad esempio, dall’inizio dell’anno ad oggi, ha importato dalla Russia appena 10 miliardi di metri cubi, contro i circa 23 degli anni precedenti. Questa differenza finora non è stata un peso, anche grazie al lavoro di diversificazione delle fonti. Ma non appena la domanda aumenterà, si stima che potrebbero mancare fino a 3 miliardi di metri cubi – riporta l’ISPI, Istituto per gli Studi di politica Internazionale.
Se le importazioni e il consumo dovessero restare come quelle attuali, l’Italia e altri Paesi europei potrebbero dover attingere alle proprie riserve strategiche. Tutto dipenderà da quanto sarà freddo l’inverno, e quindi da quanto sarà alta la domanda per il riscaldamento. Se l’Unione Europea, infine, riuscirà ad applicare un meccanismo che limiti il prezzo della materia prima, le aspettative sulle quotazioni potrebbero in minima parte restare al ribasso.
Leggi anche >> Il calo del prezzo del petrolio non è affatto una buona notizia