Il mondo del lavoro, tra smart working e digital, è in continua evoluzione. Quali sono gli scenari futuri per quanto riguarda il calcolo del salario?
Il mondo del lavoro, dal modo di organizzare le attività lavorative all’ambiente in cui queste vengono esercitate fino ad arrivare alle nuove professioni e alla necessità di tenere sempre aggiornate le proprie competenze, è in continua evoluzione. Ne sappiamo qualcosa soprattutto oggi, dopo che la pandemia di Covid-19 ha costretto tantissimi lavoratori e aziende a sperimentare lo smart working: il lavoro agile ha reso la nostra casa il nostro ufficio, con tutti i pro e i contro che ciò ha comportato, ed ha certamente avvicinato al digital, quindi a programmi e software per la gestione del lavoro da remoto, quelle generazioni – sicuramente più âgé – che con questi strumenti hanno meno dimestichezza.
Dall’altro lato, per quanto riguarda le generazioni più giovani, il lavoro in lockdown possiamo dire che ha accelerato l’acquisizione proprio di alcune digital skills, oltre ad aver messo le aziende di fronte alla realtà che il lavoro – naturalmente alcune tipologie più di altre – può essere svolto efficacemente ed efficientemente anche da casa. In generale è internet ad aver segnato l’inizio della vera rivoluzione digital, trasformando e spingendo verso un’evoluzione assolutamente “obbligata” moltissimi settori. La tecnologia si è prepotentemente imposta come strumento che i lavoratori devono assolutamente saper maneggiare e ha fatto nascere nuove professioni e specializzazioni. Di qui, la necessità per aziende e lavoratori di tenersi in costante aggiornamento, per non perdere le sfide del futuro, con corsi di formazione.
In questo scenario, dove la realtà lavorativa è dunque profondamente mutata rispetto al secolo scorso, emerge con forza un tema che negli anni a venire potrebbe assumere sempre maggior rilevanza e che ha messo in evidenza Federico Ferrazza, direttore di Wired, in un editoriale lo scorso marzo: la retribuzione, lo stipendio di un lavoratore in smart working – e di alcune categorie in particolare – ha senso che dipenda ancora oggi dalle ore lavorate piuttosto che dal raggiungimento di un obiettivo? Soprattutto se per molti – e probabilmente sempre di più – non sarà più necessario recarsi sul luogo di lavoro? In questo senso, i sistemi incentivanti potrebbero essere utilizzati sempre di più dalle aziende nella gestione delle proprie risorse umane. Ma cosa sono i sistemi incentivanti?
Lavoro, cosa sono i sistemi incentivanti
Il sistema incentivante (o sistema premiante), in economia aziendale indica il sistema operativo dell’azienda volto ad allineare il comportamento delle risorse umane alle aspettative dell’organizzazione, incentivando i comportamenti desiderati e disincentivando quelli non desiderati. È importante che tale sistema venga impostato sulla base di criteri oggettivi, i quali vanno a definire appunto proprio il tipo di comportamenti che l’azienda vuole premiare e i risultati.
Un incentivo è d’altronde uno stimolo, proveniente in questo caso dall’ambiente lavorativo, che va ad incidere sul processo motivazionale dell’individuo, soddisfacendo un suo bisogno e, quindi, spingendolo ad un comportamento desiderato. Lo stesso meccanismo, ovviamente, è valido anche all’inverso, in caso di comportamenti non desiderati. Non esiste, comunque, un solo tipo di incentivo, ma una vasta “gamma”: incentivi e disincentivi, infatti, possono essere molto vari ed essere pensati in funzione dei bisogni del lavoratore su cui agiscono e delle modalità con le quali vengono applicati. Ci sono gli incentivi/disincentivi formalizzati, come ad esempio gli avanzamenti di carriera o le sanzioni disciplinari previste dai contratti collettivi; quelli informali, come la stima o meno dei propri colleghi o superiori; e quelli monetari, anche detti fringe benefits e i vari sistemi di carriera.
Tra gli incentivi monetari, comunque, ci sono: i bonus legati alla prestazione, gli aumenti di merito; il cottimo (che lega la parte variabile della retribuzione a una misura quantitativa del risultato produttivo ottenuto dal lavoratore o dal team); il profit sharing (che lega la parte variabile della retribuzione ad una misura del risultato economico conseguito dall’impresa nel suo complesso); il gain sharing (che lega la parte variabile della retribuzione ad un indice dell’efficienza complessiva dell’azienda); le stock option (che danno diritto al dipendente, solitamente un manager, di acquistare azioni dell’impresa ad un prezzo predeterminato); l’una tantum corrisposta al singolo lavoratore quale riconoscimento per il particolare impegno in una determinata occasione.
Dunque, in un mondo in cui le aziende cercano continuamente di scongiurare gli effetti delle diverse crisi economiche ed in cui le modalità di lavoro sono in piena trasformazione, sentiremo sempre di più parlare di sistemi incentivanti? Cambierà davvero, e in che modo, il paradigma che lega la definizione del salario alle ore lavorate?