La Russia è diventata abile ad aggirare le sanzioni, imposte circa un anno fa dai Paesi occidentali come ritorsione di fronte all’invasione dell’Ucraina. L’economia russa non sta risentendo più di tanto delle sanzioni imposte, al punto che nel 2023 potrebbe persino crescere leggermente, grazie soprattutto all’esportazione di petrolio

Molte inchieste indipendenti stanno mettendo in luce quanto la Russia sia riuscita nel tempo ad aggirare le sanzioni, anche grazie alla complicità di alcuni Paesi – come Cina, l’India e la Turchia. Questo non vuol dire che le sanzioni siano del tutto inutili: nel 2022 il PIL russo si è comunque contratto del 2,2 per cento, ma è meno di quanto ci si aspettasse. Nel 2023, invece, l’economia del Paese potrebbe invertire la rotta e crescere dello 0,3 per cento – secondo le nuove stime del Fondo Monetario Internazionale. Il PIL della Russia è poi sostenuto dalle esportazioni di petrolio, che continuano a garantirle notevoli guadagni.

 

Il punto sulla sanzioni alla Russia

Le sanzioni che l’Occidente ha imposto alla Russia sono molteplici (soltanto l’Unione europea ne ha approvati nove pacchetti), ma si possono ricondurre solo a quattro macro-tipologie.
La prima riguarda le sanzioni economiche contro i membri dell’élite russa e del governo, e contro i cosiddetti oligarchi. L’obiettivo è quello di compromettere il loro stile di vita, e al tempo stesso di danneggiarli economicamente. Un secondo ordine di sanzioni comprende gli spostamenti: la Russia ha ad esempio il divieto di sorvolo su Stati Uniti e Unione europea, e i porti esteri per la sua flotta mercantile sono chiusi.

Ci sono poi le sanzioni finanziarie. L’Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno limitato l’accesso di alcune banche russe ai mercati finanziari occidentali, bloccando totalmente le transazioni della Banca centrale russa; sono poi state congelate tutte le sue riserve di denaro all’estero. Infine le sanzioni commerciali – attraverso il divieto di esportazione in Russia di varie tecnologie, come microprocessori e software – hanno l’obiettivo di rendere difficile per l’esercito russo aggiornare e potenziare la propria capacità.

Inoltre, è stata vietata l’esportazione di tecnologie che riguardano la raffinazione e la fornitura di petrolio, così come l’importazione. Se negli Stati Uniti il divieto di importazione di petrolio russo è in vigore da tempo, nell’Unione europea è stato adottato da inizio dicembre per il petrolio greggio, mentre per il petrolio raffinato è in vigore dal 5 febbraio 2023. È stato poi imposto un tetto di prezzo pari a 60 dollari al barile, perciò la Russia in linea teorica è costretta a vendere il suo petrolio riducendo di molto i guadagni.

Anche se richiedono tempo per far sentire il loro effetto, tutte queste sanzioni hanno un notevole potenziale e sulla carta potrebbero danneggiare vari settori dell’economia russa. Tuttavia è ormai noto che il Paese ha trovato il modo di adattarsi e aggirare le sanzioni.

 

Come la Russia aggira le sanzioni dell’Occidente

Il Cremlino sta aggirando le sanzioni attraverso la complicità con altri Paesi, che fanno transitare merci sul loro territorio per poi farle arrivare in Russia. Ad esempio il New York Times riporta che la scorsa estate in Armenia – uno Stato molto piccolo – è arrivato un volume spropositato di  cellulari, pari a 10 volte quanto importato nei mesi precedenti. Successivamente è emerso che quei prodotti sono stati a loro volta esportati in Russia, a cui gli occidentali si rifiutano per l’appunto di vendere componenti tecnologiche. La stessa tipologia di traffico è avvenuta per prodotti come lavatrici e chip per computer.

Turchia, Cina, Bielorussia, Kazakistan e Kirghizistan sono tra i principali Paesi che stanno supportando la Russia in questi scambi, che secondo un’analisi del centro di ricerca statunitense Silverado Policy Accelerator sono notevolmente più alti rispetto ai flussi antecedenti alla guerra. E ancora: secondo un rapporto di Free Russia Foundation il solo commercio tra Russia e Cina è aumentato di circa 27 miliardi di dollari tra marzo e settembre dello scorso anno, rispetto allo stesso periodo del 2021, fino quasi a toccare i 100 miliardi di dollari.

 

La ricchezza della Russia si basa ancora sull’energia

Non solo la Russia ha aumentato le importazioni di semiconduttori e microchip dalla Cina, ma vi ha anche dirottato importanti quantità di gas e petrolio, che in parte sono riuscite a compensare il calo delle esportazioni verso l’Occidente. Se l’economia russa è ancora in piedi è grazie al fatto che il Paese è riuscito comunque a esportare la sua più grande fonte di ricchezza, l’energia. L’Unione europea si è svincolata solo in parte dal gas russo, da cui era particolarmente dipendente prima della guerra. Nel corso dello scorso anno ha continuato ad acquistarlo, seppur in misura ridotta, contribuendo così al guadagno della Russia.

Queste pratiche consentono all’economia russa di sopravvivere, ma non certo di prosperare. È innegabile però che la Russia stia reagendo meglio di quanto previsto all’inizio della guerra. Questo anche grazie al fatto che i suoi cittadini sono in qualche modo abituati alle crisi e riescono ad adattarsi. Questa è infatti la quinta crisi economica che la Russia deve affrontare nel giro di soli 25 anni.

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