Complice la fase pandemica, le compagnie petrolifere mantengono stabili i prezzi dopo i primi mesi di rialzo che hanno visto il nostro paese particolarmente penalizzato dai rincari. Il ruolo delle accise fa la differenza nel valore del carburante e se riprendessero i viaggi – e quindi tutte le abitudini pre Covid – anche negli stati ricchi come gli USA i prezzi tornerebbero a correre

Dopo un febbraio da record e i rialzi di marzo, dalla fine dello scorso mese è calma piatta alle pompe di benzina: verde e diesel sono ferme, quanto a prezzi, per tutte le compagnie, con un trend che si è consolidato dall’ultima settimana di marzo. Si pensi che solo il 19 marzo Assoutenti, associazione di consumatori specializzata nel monitoraggio dei prezzi benzina, aveva elaborato i dati a disposizione, notando che l’Italia poteva essere ben piazzata nel podio delle nazioni più esose riguardo ai prezzi del carburante in Europa: “Con una media odierna di 1,444 euro al litro, l’Italia è al terzo posto in Europa per il prezzo del gasolio, superata solo da Svezia e Finlandia – spiega Assoutenti – Non va meglio per la benzina, dove il nostro paese con un prezzo alla pompa di 1,577 euro/litro è al 5° posto dietro Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia e Grecia”.

Sempre a marzo l’inflazione segnava un aumento a carico delle famiglie di circa l’1% proprio a causa dei prezzi della benzina, ma da fine marzo, dimostrano i monitoraggi di Quotidiano Energia, la corsa del carburante si è arrestata, con la verde che è stazionaria da un mese intorno a 1,571 euro/litro e il diesel che è intorno ai 1,438 euro/litro. Quello della benzina è un mercato derivato e dipende dalle quotazioni del petrolio; è dunque lì che dobbiamo andare ad osservare l’andamento dei trend del prezzo.

Secondo le analisi di Kiplinger, storica rivista americana di finanza, a paralizzare per ora la domanda di combustibile è il contesto della pandemia: “Mentre nel mondo la domanda di petrolio è ancora danneggiata dal virus, la produzione globale di greggio probabilmente aumenterà, e questa è la miglior ricetta per evitare che i prezzi salgano troppo. Ci aspettiamo che i prezzi restino stabili questa primavera”.

La situazione, però, con l’estate, potrebbe cambiare e a fare la differenza saranno le campagne vaccinali. Se la popolazione nei paesi ricchi dovesse ritrovare la voglia e soprattutto la possibilità di viaggiare, che negli Stati Uniti soprattutto, ma anche altrove, significa automobile, nulla impedirebbe ai combustibili di prendere la via del rincaro.  Se ne vedono già i primi esiti: “Il consumo di petrolio USA, che è crollato lo scorso anno a causa della pandemia, è già tornato al livello prepandemico. (…) Se si alzasse la domanda di carburante, ci aspettiamo che la media nazionale inizi a salire già alla fine della primavera”, continua Kiplinger.

Quanto all’Italia, c’è un altro fattore che altera i prezzi della benzina e sono le tasse: ancora Assoutenti, sempre nella medesima statistica, aveva notato che “la situazione si ribalta nettamente se si considerano i prezzi dei carburanti al netto delle tasse. Qui l’Italia è agli ultimi posti della classifica europea, al 20° posto (su 27 paesi) per il gasolio, e al 18° per la benzina. Rispetto alla media Ue oggi un italiano paga la benzina l’8,9% in più, con un maggiore esborso pari a +6,5 euro a pieno, e addirittura l’11,2% in più il gasolio (+7,2 euro a pieno)”.

Le accise sui carburanti, d’altronde è noto, sono sistematicamente utilizzate dal legislatore come “bancomat diffuso”: quando c’è bisogno di extragettito, un’aggiunta di qualche centesimo alla pompa può fare la differenza. Gli ultimi aumenti erano stati approvati ancora nel ddl Bilancio alla fine del 2019 e sono stati poi disinnescati dal Decreto Rilancio a maggio del 2020.