Nei periodi di crisi, una semplice iniezione di liquidità può non bastare a rilanciare l’economia locale. Per stimolare la domanda è necessario incentivare la circolazione del denaro. Lo strumento giusto? Sono le monete complementari.

Le monete complementari sono strumenti di commutazione affiancati al denaro ufficiale. In genere non hanno corso legale, ma sono accettate su base volontaria all’interno di una comunità per incoraggiare lo scambio di beni e servizi al suo interno. A differenza delle monete alternative virtuali come il Bitcoin, le valute complementari hanno dunque un utilizzo circoscritto a livello locale e non tendono a creare mercati secondari speculativi.
La loro storia inizia con l’idea lanciata da John Maynard Keynes nel quadro degli accordi di Bretton Woods. Per rilanciare il commercio internazionale urgeva disporre di una moneta di cui contasse non la quantità, bensì la sua capacità di circolare. Una moneta strettamente connessa agli scambi, dunque che disincentivasse la tesaurizzazione.

In tempi segnati dall’incertezza, infatti, la funzione della moneta come riserva di valore tende a prevalere su quella di mezzo di scambio. In quanto forma sicura di detenzione della ricchezza, individui e banche preferiscono sottrarla alla sfera della circolazione. Scatta così la trappola della liquidità, una situazione in cui la politica monetaria non riesce a rilanciare la domanda economica.
A seguito della crisi del 2008 ci siamo trovati di fronte a uno scenario simile. Le pesanti iniezioni di liquidità non hanno sortito l’effetto desiderato. Invece di un rinnovato ottimismo, i mercati hanno mostrato una profonda sfiducia nella ripresa. La tesaurizzazione ha assorbito gran parte degli aumenti quantitativi, riducendo la velocità di circolazione. Con quale effetto? Il sistema finanziario si è salvato al prezzo di un aumento drammatico delle disuguaglianze sociali.

Come usare le monete complementari?

Ma come funzionano esattamente le monete complementari? Lo spiegano Massimo Amato e Luca Fantacci, docenti dell’Università Bocconi di Milano. I pagamenti in euro possono essere anticipati da pagamenti in voucher elettronici. Destinati a essere convertiti nella valuta principale a una data prestabilita (garanzia offerta dalle valute complementari temporizzate), i voucher sono utilizzabili prima di quella data all’interno di un territorio circoscritto, fra gli operatori economici disposti ad accettarli. In concreto, una Pubblica Amministrazione in crisi di liquidità può ricorrere alle monete complementari per anticipare i pagamenti alle imprese fornitrici, oppure effettuare le erogazioni necessarie ad avviare politiche di inclusione sociale.

Circolando senza intoppi, la valuta complementare stimola la domanda per imprese e professionisti e, dall’altro, favorisce la crescita dell’occupazione e dei salari. Il tutto, senza il rischio di far impennare l’inflazione. In altre parole, “l’effetto macroeconomico del circuito è di sostenere la domanda locale senza aumento della quantità di moneta o della spesa pubblica, ma solo con un aumento di scambi o di velocità di circolazione della moneta” – spiegano Amato e Fantacci.

Per essere efficace, la moneta complementare deve avere un ambito di circolazione definito, uno scopo preciso, la modalità di emissione, l’unità di conto, la convertibilità e l’accumulabilità. Rispetto a quest’ultima, i due docenti propongono di fissare un tasso di decumulo, ossia un tasso di interesse negativo sugli accumuli che incoraggi le imprese aderenti al circuito a spenderla. Affinché funzioni, una moneta complementare deve favorire l’incontro tra i bisogni insoddisfatti e le risorse inutilizzate di un territorio. Per raggiungere quest’obiettivo, si dovrebbe designare un’entità terza che operi da camera di compensazione tra debiti e crediti.

Quali vantaggi offrono?

Secondo l’economista e banchiere Bernard Lietaer (creatore dell’Ecu precursore dell’euro), le monete complementari hanno il merito di spostare il focus dell’attenzione dalla finanza speculativa all’economia reale, riportando il lavoro e l’imprenditorialità nella loro giusta dimensione. Le diverse ragioni per le quali questi circuiti sono nati possono essere ricondotte all’intento di rafforzare la solidarietà tra i soggetti economici di un certo territorio.

A tal fine, le monete complementari non si limitano ad accrescere i livelli di liquidità, ma sono in grado di arrivare dove il denaro serve davvero. Un aspetto fondamentale, questo, per stimolare l’economia. Affinché vi sia una domanda effettiva, infatti, non basta che ci sia un bisogno reale, ma serve anche la disponibilità concreta a spendere.

Quali sono le monete complementari migliori?

Oggi nel mondo esistono centinaia di sistemi di valuta complementare. Alcuni si basano sul tempo (attribuendo un valore alle ore lavoro dei partecipanti al circuito), altri funzionano come sistemi di credito reciproco. Altri ancora sono coperti da un riferimento esterno (sia esso un bene o un servizio).

Uno dei sistemi valutari complementari più noti è il FrancoWir. Durante la crisi economica del ’29 molte imprese svizzere, restie a investire i loro capitali, sottraevano sistematicamente liquidità ai mercati. Nel 1934 gli imprenditori Werner Zimmermann e Paolo Enz decisero di reagire fondando a Zurigo una cooperativa sociale di mutuo soccorso, riconosciuta come vera e propria banca nel 1936. Per contrastare l’accumulo di capitali crearono un circuito basato sulle teorie di Silvio Gesell. All’epoca della sua istituzione, allo scopo di incentivare i soci a reinvestire il denaro, i conti subivano perdite se lasciati fermi. Il valore del Wir è tutt’oggi agganciato a quello del Franco Svizzero (1 Wir= 1 CHF) e il suo tratto precipuo è l’assenza di interessi.

L’esempio italiano più recente di moneta complementare che ha contribuito alla rinascita del proprio territorio di riferimento è il Sardex. Nato in Sardegna nel 2010, il circuito di valuta elettronica virtuale consente alle aziende associate di farsi credito mutualmente e di sostenere la domanda dei loro prodotti. In crescita costante dall’anno della sua fondazione, Sardex conta oggi 10mila realtà imprenditoriali, tra cui anche alcune laziali, toscane e friulane. La sua velocità di circolazione è attorno a 12, mentre quella dell’euro è inferiore a 2.