Quando si parla di Industria 4.0 si fa riferimento a questa nuova trasformazione verso il digitale che porterà per la prima volta le aziende a confrontarsi con una duplice realtà: si dovranno gestire parimenti le risorse fisiche e quelle virtuali, considerandole come un unico sistema di produzione aziendale

Negli ultimi anni si è sentito molto parlare di Industria 4.0, definizione spesso utilizzata in maniera generica ed impropria. Allora cos’è davvero l’Industria 4.0? Il termine indica le trasformazioni digitali all’interno di una grande azienda, una PMI o una startup inerente alla progettazione, produzione e distribuzione di prodotti industriali.

L’Industria 4.0 definisce un sistema aziendale intelligente dove le macchine migliorano le performance, riducono gli sprechi e monitorano in tempo reale i sistemi produttivi, oltre a svolgere analisi sui big data.

Il mondo è sempre più interconnesso e, in futuro, la produzione industriale sarà totalmente automatizzata. La trasformazione è in atto, quindi, e le industrie devono conoscere le potenzialità che scaturiscono dalla digitalizzazione, così da utilizzarle a loro vantaggio.

Come nasce il termine Industria 4.0

Il termine Industria 4.0 è stato usato per la prima volta nel 2011 alla Fiera di Hannover, in Germania. Il riferimento allora era ad un’ipotesi di progetto da cui è partito un gruppo di lavoro che, nel 2012, ha presentato al governo federale tedesco una serie di raccomandazioni per l’implementazione del Piano Industriale del Paese.

In Italia, invece, il termine è apparso ufficialmente solo nel 2016, nel documento Piano Nazionale Industria 4.0 2017-2020. Si tratta di un insieme di misure in grado di favorire gli investimenti nel nuovo settore.

Verso la quarta rivoluzione industriale

L’Industria 4.0 porterà, secondo gli esperti, alla quarta rivoluzione industriale. Si tratta della diretta conseguenza della digitalizzazione in campo produttivo avvenuta ormai da anni. Un processo definito dagli analisti come “digital transformation”. 

Questa nuova trasformazione porterà per la prima volta le aziende a confrontarsi con una duplice realtà: si dovranno gestire parimenti le risorse fisiche e quelle virtuali, considerandole come un unico sistema di produzione aziendale. 

L’industria 4.0, comunque, ha radici profonde: l’avvento del motore a vapore (Industria 1.0) nel XVIII secolo ha portato alla prima rivoluzione industriale, consentendo la meccanizzazione della produzione e promuovendo un cambiamento sociale spinto dall’urbanizzazione delle persone.

Nella seconda rivoluzione industriale (Industria 2.0), l’elettricità e altri progressi scientifici hanno portato alla produzione di massa. La terza rivoluzione industriale (Industria 3.0), invece, iniziata negli anni ’50, ha visto la nascita dei computer e della tecnologia digitale.

Questo ha portato alla crescente automazione della produzione e allo sconvolgimento di settori come quello bancario, dell’energia e delle comunicazioni. Si arriva così all’Industria 4.0, un mix tecnologico di robotica, sensori, connessione alla Rete e programmazione in grado di modificare per sempre la gestione dell’azienda e i modelli produttivi.

La persona che ha etichettato i progressi odierni come nuova rivoluzione è Klaus Schwab, fondatore e direttore esecutivo del World Economic Forum e autore di un libro intitolato La quarta rivoluzione industriale. In un articolo del 2016, Schwab ha scritto:

come le rivoluzioni che l’hanno preceduta, la quarta rivoluzione industriale ha il potenziale di innalzare i livelli globali di reddito e migliorare la qualità della vita per i popoli di tutto il mondo.

 

Smart factory: la pioniera della quarta rivoluzione

L’Industria 4.0 si basa sulla necessità di implementare la smart factory, vale a dire un’impresa intelligente, capace di captare, cogliere ed elaborare dati. Come suggeriscono le dinamiche di questa naturale evoluzione del lavoro, il concetto di Industria 4.0 deve interagire con quella che è l’importanza del rapporto tra dati e macchina.

Il back office deve essere in grado di interpretare la mole di dati che vengono recuperati per trasformarli in azioni concrete. L’obiettivo non è semplicemente aumentare la produttività, ma anche fare lo stesso con meno, risparmiando e ottimizzando.

Questo per implementare gli snodi della supply chain, la catena produttiva. Ogni aspetto dell’impresa di produzione sarà corroborato e migliorato dall’arrivo di quella che oggi chiamiamo smart factory: si passa dall’automazione legata alla programmazione delle macchine per mano umana alla cibernetica. E alla creazione di cyber-physical system che prevede apparati fisici (come bracci meccanici e altro ancora) connessi attraverso l’informatica ad altre entità.

I timori per l’Industria 4.0

I timori sono sempre gli stessi, e non si placano: le macchine sostituiranno l’uomo? Non si sa con certezza, fatto sta che secondo un rapporto di GE Digital con la società Vanson Bourne, la manutenzione dei macchinari da parte delle macchine stesse ha superato qualitativamente quella degli esseri umani già dal 2020. Un cambiamento determinante.

Cosa vuol dire tutto ciò? Che le macchine sono sempre più interconnesse tra loro, dialogano l’una con l’altra e sono in grado di effettuare una manutenzione preventiva, oltre ad auto-ripararsi. I robot lavorano fianco a fianco con gli uomini, imparando da essi. Gli impianti sono talmente flessibili che si arriverà addirittura a personalizzare i prodotti per ogni singolo cliente e, in generale, la fabbrica sarà presto Smart, in tutto e per tutto.

Andamento del mercato italiano dell’Industria 4.0

Il mercato italiano dell’Industria 4.0 nel 2020 ha raggiunto un valore di 4,1 miliardi di euro, con una crescita dell’8%, trainata soprattutto dalle tecnologie IT, che rappresentano l’85% della spesa contro il 15% delle OT (Operational Technologies).

La crescita del mercato è stata inferiore alle previsioni formulate nel 2019 (+20%), ma ugualmente molto positiva, se si considera che le stime effettuate durante il primo lockdown delineavano un calo del 5%. Le previsioni per il 2021 indicano un’ulteriore accelerazione della spesa, ad un tasso compreso tra +12% e +15%, superando i 4,5 miliardi di euro.

L’esempio di Lean Experience Factory

Un buon esempio, tutto italiano, di Industria 4.0 è Lean Experience Factory, il centro di formazione esperienziale nato nel 2011 a Pordenone da una joint venture tra McKinsey, Confidustria, Alto Adriatico e vari partner del territorio.  È considerata una “fabbrica digitale modello”, infatti, si propone di aiutare il tessuto produttivo locale a tornare efficiente e competitivo dopo la crisi del 2008; per questo motivo la fabbrica è riuscita a conquistarsi l’appellativo di “hub più integrato sulla digital innovation al mondo”.

Multinazionali, pmi, manager, imprenditori e giovani alle prime armi possono sperimentare la trasformazione digitale, alla base dell’Industria 4.0, in tutti gli aspetti dell’organizzazione. Infatti, i servizi di consulenza organizzativa e digitale erogati da Lef, basati sulla metodologia lean, affiancano la possibilità di sperimentare processi con tecnologie abilitanti, mirate per ridurre gli  sprechi.

La nuova iniziativa di Lean Experience Factory intende, poi, coinvolgere studenti, dalle facoltà locali di Ingegneria o Economia e dagli istituti tecnici superiori in accordo con la Regione, in programmi di due-tre giorni per mettere le mani sui casi di trasformazione digitale, programmare un robot o ideare algoritmi. Una “palestra” tecnologica per aziende, quindi, ma anche una scuola per imparare i nuovi mestieri richiesti dall’Industria 4.0.