L’emergenza sanitaria ha impattato negativamente su tutti i settori, e anche quello immobiliare non è rimasto escluso dalle difficoltà economiche provocate dal Covid-19. Quando si era affacciata la ripresa, l’arrivo della guerra in Ucraina ha rimesso tutto in discussione e gli investitori attendono gli esiti del conflitto. Nel frattempo, come reagisce il mercato? 

Tra le prime conseguenze negative dell’emergenza sanitaria sul settore immobiliare abbiamo visto un consistente rallentamento delle compravendite ma – nonostante una tendenza ancora negativa – negli ultimi tempi il comparto stava registrando una decisa ripresa, capace di recuperare le perdite finanziarie degli ultimi due anni. Poi, a cambiare nuovamente lo scenario, è arrivata la guerra in Ucraina: dalle analisi realizzate dagli esperti del settore è evidente anche un impatto sull’inflazione, peraltro già galoppante nel nostro Paese.

A febbraio l’inflazione è cresciuta fino a +5,7% su base annua mentre le stime di Confesercenti prospettano uno scenario ancora più preoccupante: il costo delle materie prime importate e delle possibili carenze energetiche rischiano di spingere il tasso inflazionistico oltre il 6% nel 2022. A risentirne soprattutto le famiglie e i lavoratori, che perdono potere d’acquisto, senza dimenticare l’aumento delle bollette e dei prezzi rispetto agli stipendi e ai capitali persi con il conflitto bellico.

«Nel 2021 è stato registrato un +34% delle compravendite in ambito residenziale – si legge nel documento realizzato dall’Osservatorio sul Mercato Immobiliare di Nomisma – anche se c’è il rischio concreto che l’apprensione degli operatori si trasferisca sugli indicatori di fiducia di famiglie e imprese. La capacità di reazione dimostrata nell’ultimo biennio non fa escludere che possa trattarsi di effetti destinati a risolversi in breve tempo. Il riferimento è diretto alle conseguenze delle sanzioni adottate dai maggiori Paesi occidentali nei confronti della Russia dopo l’invasione dell’Ucraina».

«Non è semplice quantificare l’entità del ridimensionamento atteso ma il palpabile attendismo di queste settimane prevedibilmente si tradurrà in una perdita in termini di crescita del PIL, non limitata a qualche decimo di punto percentuale», spiega Nomisma.

«Il secondo shock deve essere accompagnato da un adeguato dispiegamento di risorse finanziarie aggiuntive e da una politica monetaria accomodante altrimenti potrebbe determinare un nuovo ridimensionamento. Nonostante il settore residenziale – si legge sempre nel documento – abbia recentemente dimostrato una straordinaria capacità reattiva, il secondo shock in meno di un biennio, non accompagnato da un adeguato dispiegamento di risorse finanziarie aggiuntive e da una politica monetaria marcatamente accomodante, potrebbe determinare un nuovo ridimensionamento».

Sono molteplici le conseguenze derivanti (anche) dalla guerra di cui oggi non conosciamo con precisione la durata, oltre ai nuovi assetti geopolitici che incidono sullo scenario economico futuro dei rapporti internazionali. A Cesare Rosati, esperto e imprenditore che da anni si occupa di formazione sugli investimenti immobiliari con IoInvesto Academy, abbiamo chiesto quali saranno le nuove frontiere del settore immobiliare e, più in generale, dell’economia internazionale.

Quale nuovo scenario si prevede per il settore immobiliare?

Nonostante la forte instabilità di questo momento storico, coloro che devono comprare casa, per esigenze abitative, tendono comunque a farlo. Quando invece le ragioni sono legate a logiche d’investimento, emergono alcuni fattori da considerare come l’inflazione che non accenna a fermarsi, perché per quanto ancora oggi il mattone venga considerato come un bene rifugio per chi ha disponibilità economiche, in realtà non è più così da diversi anni.

Il settore immobiliare può generare ritorni sugli investimenti interessanti se si seguono alcune logiche: ad esempio è importante acquistare ad un prezzo più basso rispetto a quello di mercato, ristrutturare e rivendere, generando un ritorno sull’investimento di almeno il 42% netto su base annua. Se invece si intende comprare per poi affittare l’immobile, è necessario generare una rendita tale da poter coprire e superare l’inflazione odierna che si aggira intorno al 5%. In questo caso, quindi, il rendimento auspicabile è intorno al 10% netto.

Lo scenario immobiliare italiano quindi, a mio parere, non subirà grandi cambiamenti: che si tratti di acquistare casa per esigenze abitative o per investimento, le compravendite continueranno. Il discorso è diverso, invece, per chi investe nei mercati finanziari, che stanno subendo contraccolpi importanti a causa della guerra. Quando si subiscono perdite finanziare ingenti, consiglio sempre di attendere tempi migliori, piuttosto che compiere scelte affrettate e rischiare di perdere tutto il capitale.

In che modo la crisi Ucraina sta influenzando le compravendite?

Il conflitto ha causato l’aumento del costo di gas naturale e della benzina, influendo sul rialzo sui costi produttivi delle aziende, comprese quelle che gravitano nell’indotto del settore immobiliare. Ciò naturalmente determina un aumento, non direttamente proporzionale alla crescita del costo delle materie prime (spesso superiore al 40% in riferimento ad alcuni prodotti) o del costo di costruzione e ristrutturazione.

La crescita dell’inflazione si ripercuote sull’andamento del mercato stesso, perché l’arma impiegata dalla BCE per frenare l’aumento dei prezzi si basa sull’aumento dei tassi di interesse. Ne conseguirà una riduzione fisiologica delle compravendite: il potere di spesa delle famiglie viene eroso dall’aumento dei prezzi, quindi anche l’accesso ai mutui sarà più complesso e le banche richiederanno ulteriori garanzie. Il venditore, da parte sua, sarà costretto a ribassare il prezzo per vendere nei tempi prestabiliti. Lo scenario che ho appena descritto si riferisce al medio periodo: oggi fortunatamente i tassi di interesse sono ancora molto interessanti e conviene sfruttarli, finché dureranno.

Come evitare una crisi nel settore immobiliare, capace di coinvolgere i diversi comparti dell’indotto?

La strada generalmente percorsa, anche in passato, ha riguardato l’immissione di liquidità da parte delle Banche centrali. Oggi ci troviamo in un periodo particolare, influenzato da due anni di pandemia che hanno bloccato la produzione di un elevato numero di prodotti e materie prime, causandone scarsità. A questo aspetto, in Italia almeno, dobbiamo aggiungere gli incentivi statali, come il bonus 110%, utili certamente a riqualificare energeticamente il parco immobiliare italiano, ma che hanno generato una fortissima domanda di interventi, aggravando la già nota scarsità di alcuni beni e materie prime, con conseguenti ritardi e prezzi lievitati.

Il settore immobiliare, quindi, così come la stessa BCE, si trova tra l’incudine e il martello: sarebbe auspicabile l’immissione di nuova liquidità per arginare la crisi, ma l’inflazione odierna richiede allo stesso tempo un aumento dei tassi di interesse.