La Germania, sebbene sia la più grande economia d’Europa, sta mostrando segni di debolezza. Nel primo semestre del 2023 è entrata in recessione tecnica. Anche se è un caso isolato per il momento, gli analisti sono preoccupati che possa essere il primo segnale di una recessione più ampia e duratura ai danni dell’Unione Europea.
In termini di PIL (Prodotto Interno Lordo) la Germania è in testa alla classifica europea – la sola economia tedesca vale quasi il 30 per cento del PIL dell’intero continente. Il Paese presenta un’industria forte e molto integrata con il resto del Paesi dell’Unione: è il più importante partner commerciale per più della metà degli Stati membri. In particolare, è il primo mercato delle esportazioni italiane: nel 2022 il nostro Paese ha venduto merci alla Germania per un totale di 77 miliardi di euro e ne ha importate per circa 90 miliardi.
Nonostante questi primati, la spinta propulsiva tipica dell’economia tedesca ha rallentato a partire dal 2019, quando l‘industria del Paese è stata fortemente penalizzata dagli alti costi dell’energia. La Germania, inoltre, ha recentemente affrontato con difficoltà l’innalzamento dei tassi di interesse, cosa che ha colpito numerose famiglie e imprese: nei primi tre mesi del 2023 i consumi interni si sono ridotti dell’1,2 per cento. Bisogna poi tenere conto che il Paese non si è ancora del tutto ripreso dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria sull’economia.
Tutti questi fattori stanno rendendo la cosiddetta “locomotiva d’Europa” più debole del previsto sotto il punto di vista economico: nei primi sei mesi del 2023 il PIL tedesco si è contratto e, anche se si tratta di un calo pari a qualche decimo di punto, lo 0,3 per cento, il Paese è entrato formalmente in “recessione tecnica”.
La recessione della Germania è un caso isolato
Nei primi sei mesi dell’anno il PIL dell’Unione Europea è cresciuto dello 0,2 per cento, mentre quello dei paesi dell’area dell’euro dello 0,1 per cento; il PIL tedesco è stato l’unico a diminuire: la crescita degli altri Paesi europei negli ultimi due trimestri non è stata eccellente, ma comunque positiva. Negli ultimi vent’anni i Paesi membri dell’Unione Europea e quelli dell’area-euro erano entrati in recessione all’unisono – è il caso della crisi finanziaria del 2008-2009, di quella dei debiti sovrani del 2011-2012 e della pandemia. Non ci sono dunque precedenti di una recessione che si è limitata a un solo Paese europeo, in questo caso la Germania.
Al momento sarebbe prematuro cercare di stabilire la gravità della situazione: potrebbe trattarsi semplicemente di un breve momento di debolezza da cui il Paese uscirà senza troppi problemi, oppure – come temono gli analisti – il primo segnale di una recessione più ampia e duratura. Quest’ultima ipotesi avrebbe conseguenze a cascata sul resto dei Paesi dell’Unione Europea, essendo così legati economicamente alla Germania. Un calo dei consumi in Germania potrebbe nuocere in particolare le aziende esportatrici.
Le conseguenze della recessione tedesca
Una diminuzione della produzione industriale tedesca, il settore più importante dell’economia del Paese, porterebbe alle aziende europee un consistente calo di ordini: per farsi un’idea, ogni anno la sola Italia fornisce alla Germania oltre 4 miliardi di componenti per il settore delle auto. Il problema dell’industria tedesca è che le sue produzioni si basano su un alto consumo di energia, per questo ha risentito moltissimo della crisi energetica scoppiata con l’invasione russa in Ucraina – già prima della guerra Il sistema energetico tedesco era tra i più onerosi delle economie avanzate. Come l’Italia, la Germania era molto dipendente dalle esportazioni di gas della Russia: la loro diminuzione ha determinato un aumento dei costi dell’energia nel Paese, con la conseguenza che le aziende hanno ridotto la produzione, calata di circa dieci punti percentuali nell’arco di 12 mesi.
Inoltre, secondo molti analisti dopo la fine dell’era di Angela Merkel è mancata la spinta politica a orientare l’economia tedesca verso settori in rapida trasformazione e crescita. Ad esempio, per quanto riguarda il settore delle auto, la Germania è ancora troppo ancorata ai vecchi modelli, e sta ritardando tutte quelle innovazioni che dovrebbero portare allo sviluppo delle auto elettriche. Non stupisce quindi che il governo tedesco si sia opposto all’introduzione del divieto di vendita dei veicoli a combustione a partire dal 2035. La scarsa attenzione verso la transizione energetica, però, ha già avuto delle conseguenze economiche: in Cina, dove le macchine tedesche della Volkswagen sono da anni tra le più acquistate, si è assistito a un calo del 15 per cento delle vendite del marchio nei primi tre mesi dell’anno, e il motivo è proprio il recente aumento della popolarità dei veicoli elettrici nel Paese.
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