Non preoccupa il brutto esordio in borsa di uno dei colossi del food delivery e si moltiplicano le startup che sono pronte a portarci sulla porta di casa “anche una mela”. La pandemia ha cambiato, forse per sempre, le abitudini di acquisto e di consumo e i mercati si adeguano
“I prezzi salgono, i prezzi scendono” ha detto il ministro delle finanze del governo inglese Rishi Sunak, commentando il debutto in borsa, ben al di sotto delle aspettative, di Deliveroo. È una storia intricata quella dell’andamento economico, finanziario e sui listini di borsa delle società del food delivery: un modello di business che, prima dell’era Covid, a tratti era addirittura in discussione, ma che oggi vive una inedita e forse imprevista giovinezza.
Secondo Morgan Stanley, attualmente il food delivery vale 30 miliardi di euro, ma ha un potenziale di crescita fino a sette volte maggiore. Ovvero un giro d’affari mondiale da circa 210 miliardi di euro accelerato dalle nuove preferenze della cosiddetta Generazione Z (i nati dal 1997 al 2012) che oggi rappresenta il 51% della popolazione americana. In Italia, i dati Just Eat di luglio 2020 segnalavano un incremento business per 566 milioni, con una crescita pari al 56%; secondo tutti gli analisti, la rivoluzione home delivery sarà una delle principali eredità della pandemia, come d’altronde l’avvento delle ghost kitchens, locali che prevedono il solo asporto e home delivery, senza dunque alcuna possibilità di sedersi al tavolo.
Food delivery: il debutto in borsa di Deliveroo
Tornando a Deliveroo, questa piattaforma ha perso il 30% e la sua quotazione è stata sospesa pochi minuti dopo l’apertura delle contrattazioni alla borsa di Londra; il prezzo di listino era già stato defalcato molte volte prima dell’avvio delle vendite. Si tratta di una IPO che ha comunque raccolto oltre 1,5 mln di sterline, gran parte delle quali sono nelle tasche di grandi investitori.
Le nuove tendenze indicano comunque che il delivery è la rivoluzione della logistica e già si affacciano nuovi operatori e modalità di lavoro: il Financial Times avverte che, ad esempio, il mercato della frutta e verdura fresca a portar via incuberebbe già una stima di 1 trilione di dollari negli Stati Uniti e 2 trilioni di dollari in Europa. Sono già sorte le prime startup che promettono di portarci a casa “un cesto di ortaggi freschi in dieci minuti”: ad Istanbul è attiva già da qualche tempo Getir, che può recapitare “mille varietà di merci, dai detergenti al cibo per gatti, dai cereali ai condom” senza spese di consegna con ordini intorno ai 15 euro, mentre in Germania c’è Gorillas, che non ha problemi a consegnare sulla porta di casa nostra “anche solo una mela” con una commissione minima.
Quindi, quelli relativi al food delivery sono giri d’affari in ampia crescita: “Nel solo marzo, Getir ha raccolto 300 milioni di dollari solo due mesi dopo aver chiuso un finanziamento da 128 milioni di dollari. Gorillas ha ottenuto 290 milioni di euro 9 mesi dopo il lancio, GoPuff, da Philadelphia, ha raddoppiato la sua valutazione fino a 9 miliardi di dollari in sei mesi, Glovo ha raccolto 450 milioni di euro”. Gli analisti sono pronti a giurare che sì, Deliveroo ha fatto il botto all’ingresso in borsa, ma anche che il “mercato è grande” e il tempo non manca. Gli addetti ai lavori in queste startup, in effetti tutte più o meno simili salvo alcune piccole differenze, notano che gli utenti che hanno scaricato le app “tendono a continuare ad usarle”. Sullo sfondo rimangono, semmai, i temi dei diritti dei lavoratori e dell’inquadramento contrattuale di facchini, portantini e riders. Una problematica di certo non da niente.