La crisi dei commerci mondiali aveva provocato enormi problemi in tutto il Pianeta, rendendo introvabili molti beni, ma tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 si è attenuata notevolmente. È una buona notizia per l’inflazione, di cui la crisi della supply chain era stata uno dei fattori scatenanti. Bisogna però tenere conto che non è del tutto finita: c’è ancora scarsità di materie prime

Gli enormi ritardi che si erano verificati a partire dalla seconda metà del 2021 nelle spedizioni navali, e che avevano determinato la crisi della supply chain, sono in parte rientrati, e gli approvvigionamenti di beni di consumo, materiali da costruzione e prodotti elettronici ora sono meno gravi di quanto non fossero in passato. In molti settori ci sono però ancora carenze di materie prime, ad esempio nei medicinali da banco in Italia. Inoltre le cose potrebbero complicarsi ulteriormente nei prossimi mesi, a seguito della grave ondata di Covid che ha colpito di recente la Cina.

 

Perché la supply chain è andata in crisi

La supply chain è quel complesso e interconnesso sistema di trasporti e rifornimenti su cui si basano il commercio e l’economia del mondo. La sua crisi era cominciata nella seconda metà del 2021 ed era stata provocata da diversi fattori: primo fra tutti gli enormi problemi causati dall’emergenza sanitaria. E ancora: il calo della produzione industriale, la scarsità della forza lavoro, e alcune notevoli scelte sbagliate delle aziende che si occupano di trasporti navali – che avevano sottovalutato la ripresa dei commerci nel periodo post-pandemico.

Le conseguenze di tutto questo erano ricadute tra le altre cose sui porti, che si sono di fatto bloccati, ma anche sui costi delle spedizioni marittime, che hanno subìto un eccezionale aumento. Ci sono poi stati grossi rallentamenti negli approvvigionamenti di materie prime e di numerosi beni. L’aumento dei costi e la scarsità di beni, a fronte di una domanda molto forte, aveva poi incrementato i prezzi, e la crisi dei commerci mondiali era diventata uno dei fattori principali dell’aumento dell’inflazione nel corso dell’ultimo anno e mezzo.

 

A che punto è la crisi della supply chain?

La gran parte dei fenomeni che hanno determinato la crisi dei commerci mondiali si è ora attenuata. I vari operatori della supply chain hanno cercato di risolvere i problemi che li affliggevano lo scorso anno, adattandosi al nuovo sistema. Inoltre, l’aumento dei tassi d’interesse da parte delle banche centrali occidentali ha portato a una riduzione della domanda complessiva di beni, cosa che ha dato ampio respiro ai fornitori per potersi riorganizzare.

Gran parte dei miglioramenti si sono verificati nella logistica e nei trasporti. Molti porti, soprattutto negli Stati Uniti e in Cina, sono tornati a operare normalmente, dopo che erano stati congestionati per mesi all’inizio dello scorso anno. Il settore delle spedizioni di merci, invece, fino a poco tempo fa era in enormi difficoltà, ma oggi è tornato ai livelli di efficienza simili al periodo precedente alla crisi.

Per farsi un’idea più precisa, si può far riferimento alla diminuzione del costo delle spedizioni, che è un buon indicatore per comprendere come la crisi si sia acquietata. Nel settembre del 2021 spedire un container dalla Cina alla costa occidentale degli Stati Uniti costava 20.600 dollari. Oggi invece costa 1.400 dollari – il 93 per cento in meno: una cifra, questa, più o meno equivalente alle tariffe pre-crisi.

 

Perché c’è ancora carenza di beni e materie prime

Tutti questi miglioramenti sono avvenuti perché determinati problemi – come la carenza di container – sono stati risolti, e al tempo stesso perché si è ridotta la domanda. Nel post-pandemia le persone sono tornate a spendere i propri soldi anche in servizi, non più solo in beni materiali. È grazie a questa compensazione che negli Stati Uniti, ad esempio, la domanda di beni è calata del 4,1 per cento rispetto a marzo del 2021. Quando la domanda si abbassa, la prima conseguenza è che circola meno merce, con dirette conseguenze sui porti congestionati. In quello di Los Angeles e Long Beach, che nel pieno della crisi erano quasi del tutto bloccati, i container gestiti si sono ridotti del 26 per cento.

Se si prende in considerazione la carenza di beni e materie prime, la situazione si fa più complessa. In molti settori, come quello chimico, farmaceutico e automobilistico, ci sono ancora consistente blocchi e rallentamenti. In questo caso il problema è più difficile da risolvere. Innanzitutto perché le aziende per aumentare la produzione devono prima mettere in atto riforme complesse e di lunga durata, come la revisione di interi processi produttivi.

Resta il fatto che in Germania, ad esempio, le aziende che hanno sostenuto di aver avuto carenze di materie prime sono passate tra novembre e dicembre dal 59,3 per cento al 50,7. Segno che anche in questo settore le cose stanno migliorando gradualmente, e probabilmente per superare del tutto la grande crisi della supply chain ci vorrà solamente un altro po’ di tempo. Bisogna però stare attenti agli strascichi della grave ondata di Covid che ha colpito di recente la Cina: il Paese ha talmente rilevanza nel settore del commercio mondiale che le sue questioni interne potrebbero avere ricadute sull’intero sistema.

 

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