Allarme contraffazione. Il giro d’affari dei prodotti falsi made in Italy, soprattutto nel settore food e abbigliamento, vale miliardi e grava notevolmente sull’economia della nostra Penisola
L’Italia, il Paese del buon cibo e dei bei vestiti. La qualità dei nostri prodotti di punta è riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo, ma è anche imitata. E se un vecchio detto diceva che “l’imitazione è la più alta forma di adulazione”, quando si tratta di falsi made in Italy l’adulazione c’entra ben poco!
Il giro d’affari legato ai prodotti falsamente presentati come italiani, infatti, vale miliardi e intacca la nostra economia, a danno non solo dei produttori ma anche dei consumatori più o meno inconsapevoli. I settori maggiormente colpiti sono quelli del food e dell’abbigliamento, che rappresentano anche le punte di diamante della nostra economia.
Ma perché si parla di danno all’economia italiana? I falsi made in Italy messi in commercio, tra mercati, negozi e siti web, causano perdite consistenti alle aziende italiane, facendo perdere una buona fetta di acquirenti. Per non parlare dei consumatori che spendono soldi inutilmente ritrovandosi con prodotti di scarsa qualità o dannosi per la salute.
Il settore food vittima di contraffazione e l’Italian sounding
Indagini recenti hanno evidenziato che esiste un cospicuo giro d’affari globale su prodotti gastronomici contraffatti non made in Italy. Oggi più di 2 prodotti agroalimentari su 3 spacciati per Made in Italy in realtà non hanno alcun legame produttivo ed occupazionale con l’Italia. Tra loro compaiono anche eccellenze del nostro territorio, dai grandi formaggi ai vini più pregiati.
Si parla di Italian sounding, ovvero quel fenomeno di pirateria internazionale che utilizza richiami all’Italia sulle etichette di alimenti taroccati, che in realtà non hanno nulla a che fare con il nostro sistema produttivo. È il caso del “Parmesan” che imita il Parmigiano Reggiano, della “Mozarella” che viene spacciata per mozzarella di bufala e della “Salsa Pomarola” venduta in Argentina. Questo fenomeno colpisce in misura diversa tutte le produzioni, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti.
Inoltre, Coldiretti ha reso noto che con l’emergenza Covid e la frenata del commercio internazionale aumenta considerevolmente il rischio di falsi Made in Italy sulle tavole straniere: tali prodotti hanno, infatti, raggiunto i 100 miliardi di euro sottraendo risorse e opportunità di lavoro all’Italia. Si calcola, così, un aumento record del 70% nel corso dell’ultimo decennio.
A taroccare il cibo italiano sono soprattutto i Paesi emergenti o i più ricchi a partire dagli Stati Uniti. Negli USA il 99% dei formaggi di tipo italiano sono “tarocchi” nonostante il nome richiami esplicitamente le specialità casearie più note del Belpaese. La pretesa di chiamare con lo stesso nome prodotti profondamente diversi – sottolinea la Coldiretti – è inaccettabile e rappresenta un inganno per i consumatori ed una concorrenza sleale nei confronti degli imprenditori.
L’invito di Coldiretti a difendere il cibo che produciamo, in Italia e sul mercato internazionale si traduce in un modo per salvaguardare non solo l’economia italiana ma anche la sicurezza dei consumatori. Si, perché i falsi Made in Italy non sono sottoposti agli stessi controlli di qualità, e possono avere effetti più o meno gravi sulla salute.
Il caso del settore abbigliamento
Passiamo ad un altro settore di punta dell’economia italiana, quello dell’abbigliamento, anch’esso colpito duramente dal fenomeno dei falsi made in Italy.
L’Ocse stima che il danno per le imprese di questo settore sia, infatti, di 1,3 miliardi di euro ogni anno per mancate vendite, mentre i consumatori pagano ingiustamente 1,4 miliardi. Il giro d’affari di capi d’abbigliamento e accessori non italiani, ma spacciati come tali, invece ammonta a ben cinque miliardi e duecento milioni di euro: si tratta di vestiti, scarpe e accessori in generale che ogni giorno finiscono nei negozi e nei marcati, ma anche su siti web, e vengono venduti a consumatori magari convinti di acquistare un prodotto autentico.
Tutto questo va a gravare, lo ripetiamo, sulla nostra economia perché il giro di falsi made in Italy sottrae risorse e opportunità di lavoro al nostro Paese, senza contare i risvolti legati a riciclaggio di denaro, evasione fiscale, sfruttamento del lavoro illegale e sostenibilità ambientale delle produzioni.
Negli anni la lotta ai falsi made in Italy ha accelerato molto negli ultimi anni: basti pensare che dai 26 milioni di articoli sequestrati nel 2016 siamo passati agli oltre 52 nel 2018. Oltre un quarto dei prodotti sequestrati (25.4%) riguarda articoli del settore abbigliamento, ma il maggior numero dei falsi (34.2%) sono gli accessori. Seguono, calzature (16%), gioielleria (7,3%) e occhiali (3,3%).
Il fenomeno della contraffazione è una vera piaga per il nostro settore e un danno per il tessuto economico di tutto il Paese. In questi anni si sono fatti importanti passi avanti nella lotta a questo problema, ma ancora molto rimane da fare. Il danno della violazione dei diritti di proprietà intellettuale troppo spesso non viene percepito come un reato: è importante sensibilizzare l’opinione pubblica a riguardo.
Cirillo Marcolin, presidente di Confindustria Moda