Dopo settimane di “battaglia” combattuta a colpi di azioni e dopo aver vinto lo scontro con un Cda ostile a questa acquisizione, Elon Musk è diventato il nuovo proprietario di Twitter. Ora che ha il pieno controllo della società, quali sono i cambiamenti che il patron di Tesla apporterà alla piattaforma social?
Da diversi anni ormai, Elon Musk non ha bisogno di presentazioni. In estrema sintesi: uomo più ricco del mondo con un patrimonio stimato di circa 264 miliardi di dollari, CEO di SpaceX e Tesla e Neuralink, cofondatore di PayPal. Sudafricano con cittadinanza canadese naturalizzato statunitense, tanto che qualcuno ironicamente lo ha definito “afro-americano di successo”. La notizia è che il consiglio di amministrazione di Twitter ha deciso di accettare all’unanimità l’offerta monstre di 44 miliardi di dollari avanzata da Musk. L’operazione dovrebbe essere formalizzata entro la fine dell’anno, dopo che l’uomo più ricco del mondo aveva comprato il 9,1% delle azioni di Twitter il 4 aprile, per la cifra di 2,64 miliardi di dollari.
Da public company a private company: un cambio fondamentale
La cifra appare enorme in termini assoluti, ma soprattutto in termini relativi. Bisogna tener presente, infatti, che Twitter è, tra i social più celebri, quello di dimensioni più ridotte e attualmente con meno margine di crescita. Questo non vale solo per il numero di utenti: parliamo di 5,2 miliardi di fatturato, 50 milioni di margine operativo lordo, perdite per 220 milioni. Cifre notevoli naturalmente, ma molto lontane da giganti come Instagram e Facebook. A queste cifre si accompagna una lunga e discussa “crisi d’identità” del social, che è rimasto essenzialmente un pulpito utile a politici e celebrità per creare un rapporto diretto con media e fan. Anche il cambio di policy sul numero dei caratteri, per molti anni tenuti entro la famosa soglia dei 140, non ha portato a grande crescita (pur avendo certamente agevolato la vita ai suoi utenti).
Ma c’è un aspetto ancora più importante: Twitter è stata fino a oggi una public company. Il termine non deve trarre in inganno: non si tratta di “società pubbliche” nel senso di “partecipate dallo Stato”, come intendiamo noi con questa parola. Si tratta di società per azioni la cui proprietà è raggruppata fra molti piccoli azionisti, mentre le funzioni di controllo e d’indirizzo sono demandate al management. Col passaggio a Elon Musk, Twitter diventerebbe (condizionale ancora d’obbligo) una private company, di proprietà di una sola persona. Da questo punto di vista appaiono molto interessanti le parole del fondatore di Twitter, Jack Dorsey, che proprio sul social ha scritto: “In linea di principio, non credo che qualcuno dovrebbe possedere o gestire Twitter. Vuole essere un bene pubblico a livello di protocollo, non un’azienda. Per risolvere il problema di essere un’azienda, tuttavia, Elon è la soluzione singolare di cui mi fido. Mi fido della sua missione di estendere la luce della coscienza”. Espressioni che riconoscono un cambio di linea rispetto alla mission originaria ma che individuano nella persona di Musk una sorta di eccezione salvifica. Ma dunque, quali sono le intenzioni e i proclami del nuovo acquirente?
Si fa presto a dire “libertà di espressione”
Per quanto stiano emergendo allarmismi del tutto esagerati (che spesso fanno anche leva sulle antipatie attirate da un personaggio così ingombrante) bisogna riconoscere che i proclami ideali di Elon Musk restano piuttosto fumosi. Il super miliardario da tempo ribatte sulla libertà di espressione, che a suo dire sarebbe ad oggi eccessivamente limitata dalle policy di Twitter, social essenziale per il dibattito pubblico.
La mente di molti commentatori è andata evidentemente alla chiusura dell’account di Donald Trump, allora presidente Usa in carica, che attraverso i propri account aveva incoraggiato e incitato l’assalto a Capitol Hill accaduto il 6 gennaio 2021. Sebbene la decisione della “conventio ad excludendum” da parte dei più grandi social contro un presidente in carica sollevi interrogativi che non possono essere elusi, la gravità di quegli episodi aveva fatto sì che la “cancellazione” venisse per lo più apprezzata, naturalmente eccezion fatta per la vasta fan base trumpiana. La proprietà di Elon Musk segnerebbe il ritorno sul social dell’ex presidente e leader della far-right americana? Ad oggi sembra di no, anche perché lo stesso Trump si è creato un proprio piccolo social (chiamato, con poco senso del ridicolo, Truth). Contando però che il newyorkese continua a manifestare la volontà di ricandidarsi è difficile immaginare che possa resistere al richiamo di provare a rilanciarsi sui social tradizionali su cui faceva numeri straordinari. Musk, fra le cui virtù non spicca certo la discrezione nell’intervenire nel dibattito pubblico, ha commentato: “Il social Truth (nome orribile) esiste perché Twitter ha censurato la libertà di parola”.
D’altra parte, Twitter resta ovviamente soggetta alla diversa disciplina adottata dai singoli Stati. Lo stesso Musk ha voluto precisare in un nuovo tweet: “Per ‘libertà di parola’, intendo semplicemente quello che corrisponde alla legge. Sono contrario a quella censura che va ben al di là della legge. Se la gente vuole meno libertà di parola, chiederà al governo di approvare leggi in tal senso. Quindi, andare oltre la legge è contrario alla volontà del popolo”.
Ma Twitter oggi è “illiberale”?
Senonché, asserire che Twitter sia davvero così restrittivo in termini di libertà di espressione merita molte perplessità. Al netto della vicenda Trump, che pure si espone ad accuse di doppiopesismo rispetto ad altri account che spargono sistematicamente odio e fake news, o che addirittura minacciano l’ordine pubblico – ma che presenta peculiarità enormi e soprattutto non riguarda solo Twitter – in realtà si tratta di uno spazio già ben più libero di altri social.
Questo sia per quanto riguarda contenuti politici, sia per contenuti a sfondo sessuale (è l’unico grande social su cui è ammesso il porno). Chiunque frequenti il social sa che eccezion fatta per alcuni casi estremi, già oggi (o meglio da sempre) è possibile esprimere la qualunque, facendo ricorso all’hate speech e a fake news macroscopiche e sistematiche. Questa è una considerazione a doppio taglio: da una parte ci si può chiedere dove davvero voglia arrivare Elon Musk (e quanto la sua retorica accarezzi le lagnanze dell’alt-right e non solo). Dall’altra il livello di allarmismo che potete trovare su molte testate risulta del tutto esagerato: Twitter ha già, e in grande misura, tutti gli elementi pericolosi che vengono paventati oggi.
Alcuni cambiamenti già annunciati in concreto
Al di là dei proclami ideali più o meno vaghi o fondati, su alcuni punti Musk è stato specifico: “Voglio rendere Twitter migliore, con nuove funzionalità (una di queste dovrebbe essere la possibilità di modificare un post), rendendo gli algoritmi open source per aumentare la fiducia, sconfiggendo i bot spam e autenticando tutti gli esseri umani. Twitter ha un enorme potenziale: non vedo l’ora di lavorare con l’azienda e la comunità di utenti per sbloccarlo”. L’autenticazione potrebbe effettivamente essere un elemento migliorativo (ma in realtà meno “libertario” rispetto ad oggi).
Altro obiettivo, la riduzione degli annunci pubblicitari. Nel corso di in un’intervista a TED Talk, aveva dichiarato di non essere interessato alla parte commerciale di Twitter, volendo puntare sulla sua forza “culturale” nell’attirare celebrità di ogni campo. Fino ad arrivare alla super celebrità che ha deciso di comprarlo.
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